Fa più danni il pacifismo di una guerra. Parola di S. Weil e V. Solovëv

di Nicola Currò

L’appello l’abbiamo lanciato qualche giorno fa (vedi: www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=75000&idsezione=2) e qualcuno sembra averlo preso sul serio. Nei prossimi giorni infatti Messina vivrà un’ondata di rinnovato pacifismo senza precedenti, prima con la “Notte bianca per la Pace” – organizzata da Renatino nostro nel segno del “Peace and Love” – e poi con gli incontri promossi dal Movimento “Costruiamo Messina dal Basso”. Un’improvvisa e inaspettata mobilitazione che richiede degli approfondimenti, di modo che ogni dubbio possa essere sgombrato in tema di pacifismo che è e rimane un’ideologia alla stregua di tutti gli ismi prodotti dalla storia. In nostro soccorso giungono due autorevoli e importanti scrittori del secolo scorso. La prima è la scrittrice francese Simone Weil che abbraccia il pacifismo da giovanissima, salvo poi ripudiarlo nel periodo in cui Hitler annette la Cecoslovacchia alla Germania. Nel saggio che per titolo: “La prima radice. Preludio a una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano”, Simone Weil spiega le ragioni del suo ripudio: «Il pacifismo può esser dannoso perché fa confusione tra due sentimenti di ripugnanza: la ripugnanza a uccidere e quella a morire. La prima è onorevole, ma debolissima; la seconda, quasi inconfessabile, è molto forte; la loro mescolanza crea un movente di grande energia, che non è inibito dalla vergogna, e in cui agisce soltanto la seconda ripugnanza. […] Coloro che sono deboli davanti alla paura della morte, devono esser oggetto di compassione, perché ogni essere umano, se non è vittima del fanatismo, è di tanto in tanto vittima di questa debolezza; ma se fanno della loro debolezza un’opinione da propagandare, diventano dei criminali, e allora è necessario e facile disonorarli».
Nel confutare le tesi pacifiste Vladimir Sergeevic Solovëv non è da meno di Weil. Nel suo “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo” lo scrittore russo va giù duro attribuendo alla figura dell’Anticristo le caratteristiche di pacifista, ecologista ed ecumenista. Gli argomenti preferiti dell’Anticristo di Solovëv sono proprio la pace e la prosperità, idee che nel racconto riuscirà ad attuare. Nel secondo anno di regno, infatti, come imperatore romano e universale, l’Anticristo emette il proclama: «Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data», maturando così la coscienza di essere superiore anche al Figlio di Dio: «Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace». Per comprendere appieno il pensiero di Solovëv in tema di pacifismo è necessario però soffermarsi sul terzo dialogo e leggere attentamente cosa fa dire al Signor Z., che altri non è che il suo alter ego: «Cristo è venuto a portare sulla terra la verità, ed essa, come il bene, innanzi tutto divide. […] C’è dunque la pace buona, la pace cristiana, basata su quella divisione che Cristo è venuto a portare sulla terra, precisamente con la separazione tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna; e c’è la pace cattiva, la pace del mondo, fondata sulla mescolanza o unione esteriore di ciò che interiormente è in guerra con se stesso». Per Solovëv, dunque, gli ideali di pace e di fraternità sono valori cristiani indiscutibili e vincolanti, mentre lo stesso non si può sostenere per il pacifismo e la teoria della non-violenza, fattori entrambi che spesso finiscono col risolversi in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti.
Sebbene Simone Weil e Vladimir Solovëv abbiano espresso idee molto chiare sul pacifismo, di certo non è nostra intenzione sostenere che Renatino nostro rappresenti l’Anticristo, non ne ha la stoffa, ma un po’ di sana critica sul valore culturale e sociale di una pericolosa ideologia è quanto meno necessaria considerato che ogni azione, politica o meno, ha inevitabili conseguenze sulla mentalità delle persone, conseguenze che spesso divengono irreversibili se non addirittura irreparabili.

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