25 settembre – Le sparate della Meloni. L’occhio da micione di Letta. Le strambate di Renzi e Calenda. L’ambiguo confine delle cose che rendono simpatico Berlusconi, nonostante tutto. E poi il “ce l’ho durissimo” di bossiana memoria. Chissà cosa ne pensa oggi Salvini? Si potrebbe dire con facilità che questi racconti sono belli, riflettono come una pozzanghera pezzi della realtà presente intorno a noi, ci aiutano a vederla, se non a capirla, l’Italia che si reca al voto il 25 settembre, con tanti pensieri nella testa.
La bellezza però è una categoria estetica e in questo caso non sembra il criterio più idoneo. Aggiungiamo allora che queste storie sono anche la cronaca di ciò che siamo diventati senza rendercene conto nel giro brevissimo di dieci o vent’anni. D’altra parte, per alimentare la discussione, non c’è bisogno di accanirsi sulla “Fiamma” della Meloni o i vuoti culturali di Salvini. In Italia purtroppo si vota per moda: ci sono candidati che in aula si dicono oscuri ma preziosi e in questo periodo non scendono mai al di sotto di una sufficienza larga. Come si vota per moda rovesciata quando si giudicano politici che sono ufficialmente in crisi o in difficoltà.
Non c’è la peggio che farsi un nome, anche nella politica come nella vita. Per alimentare la discussione, dicevamo, basta guardare i riassunti delle cronache politiche che i giornali pubblicano e dieci minuti di comparsate televisive su qualunque canale o piattaforma che, a nostro modesto avviso, fanno rimpiangere il padre delle tribune politiche, il mitico Jader Jacobelli.
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