LUANA RONDINELLI, L’ODISSEA È FIMMINA!

Più si conosce la storia di Luana Rondinelli, più non ci si stupisce di come sia riuscita ad arrivare tutta intera al suo obiettivo: attrice, drammaturga e regista. Qualunque parte interpreta sembra calzarle a pennello. Nata per vivere sotto i riflettori: nata a Roma, ma cresciuta a Marsala, si diploma alla scuola di teatro del comune di Marsala diretta dal maestro Michele Perriera. Continua la formazione presso Ribalte, scuola romana di recitazione guidata da Enzo Garinei, e partecipa a molteplici laboratori.

Luana colpisce per la sua aria misteriosa che incuriosisce: a volte di un attore si dice che fa sempre la stessa parte, lei cerca di fare l’opposto e ci riesce benissimo. Ecco perché proviamo a dare uno sguardo nel suo mistero di donna, dove c’è sempre qualcosa di on detto, di nascosto. In verità, come sono nel profondo le donne non lo sanno neppure loro, forse lo scoprono confrontandosi con la vita, con gli eventi più ancora che con le persone, perché davanti alle persone c’è sempre un filtro. L’evento le mette di fronte qualcosa che fa capire loro come sono davvero. quello che abbiamo capito di lei che non ha paura di sfide, cambiamenti e critiche: nella vita conta di più piacersi. Se non si crede in se stessi, nessuno lo farà per Noi! Le sue ‘fimmine’ sono donne che hanno la forza di ricominciare, donne che seppure la vita le ha buttate a terra in qualche modo si rialzano, donne che non si arrendono, capaci di riscoprirsi e riscoprire capacità e talenti che le valorizzino per ricominciare un nuovo percorso. Sono Franca Rosa e Maria le tre sorelle vittime di violenza domestica in Taddrarite, sono Mariannina e Giacomina donne controcorrente l’una lo specchio dell’altra in Giacominazza, è Penelope e tutte le figure femminili che costellano questa riscrittura dell’odissea, è Vincenzo che compie il suo viaggio per diventare finalmente Innocenza, in Gerico Innocenza Rosa.

Luana Rondinelli, attrice, drammaturga e regista: il tratto principale del suo carattere?

Ha a che fare con l’arte sicuramente la testardaggine (per fortuna direi), in generale credo di essere una persona molto sincera.

Il suo principale difetto?

Sono permalosa e so dare tanto e questo a volte non è un bene!

Che cosa apprezza negli amici?

La sincerità e la fiducia sono alla base di ogni rapporto per me!

Il suo sogno di felicità?

Che domanda importante. Potrei dire mille cose! Ecco, la felicità è in mille cose che desideriamo, raggiungiamo e conquistiamo. E’ nella semplicità di uno sguardo, una parola, un’emozione che arriva all’improvviso.

Il suo rimpianto?

Non credo di avere rimpianti per fortuna, credo solo che alcuni passaggi della mia vita li avrei voluti vivere prima e con una strada meno in salita.

Il momento della sua vita in cui è stata più felice?

Ci sono tanti momenti… i più importanti sono segnati dalla presenza di mio padre, dopo averlo perso, i sentimenti in generale hanno cambiato colore.

L’ultima volta che ha pianto?

Mi emoziono spesso. L’ultima volta qualche sera fa, mentre raccontavo che nessuno può permettersi di rovinare i momenti importanti della tua vita.

Osservandola la cosa che colpisce sono i muscoli facciali elastici, la voce duttile e un brillio negli occhi da Peter Pan… sono le sue armi per colpire il pubblico?

E anche per conquistare! A parte gli scherzi, mi fa sorridere questa domanda, mi ci rivedo molto, varie sfumature che spero piacciano davvero al pubblico, cerco sempre un modo per arrivare alla gente senza sovrastrutture.

Scherzi a parte, abbiamo fatto i compiti a casa e leggendo la sua bio ci siamo fatti l’idea che l’arma segreta di Luana deve essere senz’altro la tenacia da siciliana tosta: quanto ha dovuto lavorare per recitare su un palco? 

Un lungo percorso, dalla gavetta nella mia città, ai tanti lavori fatti a Roma per riuscire a mantenermi e poter fare teatro, poter fare i laboratori, non ho mai perso di vista il mio obiettivo. Un bagaglio ricco di esperienze che tante volte ho rielaborato e inserito anche in alcuni spettacoli. Guardandomi indietro nonostante la grande fatica e le mille cadute devo dire grazie a questa testa dura. Non ci avrei creduto!

Siamo curiosi di conoscere la vera storia di un personaggio letterario, giusto per non andare troppo lontano: perché ha realizzato PENELOPE – L’ODISSEA È FIMMINA?

Perché era il momento di cimentarmi con qualcosa che mi desse la possibilità di crescere, Penelope è la mia drammaturgia più “matura”, strutturalmente è la più complessa, una rilettura dell’Odissea tutta al femminile dove si affrontano argomenti molto importanti e delicati e finalmente protagonista è Penelope, paziente si… ma fino a un certo punto.

Lo specchio della femminilità?

Femminilità è uno sguardo, un modo di porsi, è far uscire la propria essenza, femminilità è magnetismo e intelligenza.

Tre tappe del percorso per diventare donna sono: lo sguardo incantato della bambina; la rivalità dell’adolescente; la pacificazione dell’età adulta… a che punto è del cammino?

Che bella domanda… Non ho mai perso quello sguardo incantato e quell’adolescente rivale oggi mi è più alleata che mai, più cresco più guardo con amore la piccola me e la me adolescente, sono state capaci di superare cose molto più grandi di loro e oggi le sorreggo io, procediamo insieme!

Il capitolo Fimmine. Disamina teatrale dell’essere donna da quale suggestione nasce?

Dalla voglia di mettere le mie parole su carta, dalla voglia di donarle e di farle esistere non solo a teatro. E la casa editrice Flaccovio ha subito accolto la mia proposta.

La scrittura aiuta a capire la propria indole. Ha mai sentito la pressione di raggiungere determinate tappe nella vita personale?

A volte si. Altre volte invece quelle tappe arrivavano da sole, un obiettivo di crescita, la voglia di scommettere su qualcos’altro, reinventarsi, è un mestiere esigente, emotivamente stai in disequilibrio ti costringe sempre a lottare con le tue aspettative di vita.

Nei suoi lavori teatrali c’è una parola, una emozione che torna spesso?

L’ironia, e la parola “vergogna”. L’ironia nella vita mi ha salvata tante volte.

Ci sono cose del passato con cui non ha fatto pace? E se sì, come è riuscita a chiudere quella pagina della vita?

Purtroppo non riesco così facilmente a far pace con cose che mi hanno fatto stare male, ci sto lavorando. Sono pagine ancora aperte magari ne farò un altro libro.

Le cronache ci ricordano che le uccisioni e le violenze sulle donne in Italia. Storie brutte, drammatiche, tristi. In queste violenze fisiche e negli abusi sulle donne ci sono situazioni di sofferenza, infelicità, insoddisfazione, solitudine, tradimenti, incomprensioni. E spesso non si sa quale di queste sofferenze, se quella fisica o quella interiore, sia la più grave. Come descriverebbe questo disagio sociale?

Purtroppo bisogna fare ancora tanto, ancora vittime, donne uccise o abusate. C’è una condizione di sudditanza che viene imposta in qualche modo alle donne da una predominanza di una società patriarcale, donna ancora intesa come oggetto, donna da possedere più che da rispettare e amare. Ne ho conosciute tante donne che non riuscivano a uscire da situazioni malate, in cui venivano denigrate, schiacciate, umiliate, donne che si sentivano sempre al di sotto, che non facevano abbastanza, che si vergognavano di aver fallito davanti ad una società che gli punta il dito. Vittime di sentimenti malati! C’è bisogno di sostegno, di far riscoprire alle donne vittime di violenza, anche psicologica, che devono puntare su se stesse, riscoprire la propria forza, il proprio talento, la propria dignità. E per questo bisogna avere degli aiuti concreti, i centri antiviolenza, i centri d’ascolto devono essere sostenuti, c’è bisogno di fare comunità, di essere coese, più che mai unite. Al teatro io do ancora questa funzione salvifica, di lanciare un messaggio, di essere appiglio e sguardo attento sulla società.

Quanto è indispensabile dare ascolto alla dimensione emotiva di chi chiede aiuto?

Una donna che viene a confidarsi non deve mai sentirsi sola, ha bisogno di essere ascoltata, capita, ha bisogno di conforto e non di sentirsi giudicata o una poco di buono, in questo i centri antiviolenza e le associazioni contro la violenza sulle donne fanno tanto, ognuno di noi può fare tanto, anche qui esiste un’omertà che deve essere infranta.

Cosa si prova a dare speranza?

Spero di dare speranza attraverso il teatro, sinceramente non so cosa rispondere di preciso, so solo che è molto importante affrontare tematiche sociali e portare avanti questo tipo di teatro.

Più fatica fisica o emotiva?

Emotiva.

Stato d’animo attuale?

Irrequieto… come sempre.

C’è sempre un’uscita dal tunnel?

Sempre. Anche se a volte sembra di no.