Ilaria Caffio: Bara di seta è per me una corrispondenza con la morte, la storia della mia solitudine

C’è una casa, vicino al mare. Dentro ci sono un uomo, una donna e le loro due bambine. La donna è violenta e depressa e l’uomo si prende cura di lei, incessantemente. Ma per le figlie non c’è alcuna attenzione, o c’è quella sbagliata, e la loro vita è un’altalena di amori e abbandoni, di paure e gelosie.

Il miracolo è l’affetto reciproco che le sorelle riescono comunque a tener vivo, la complicità che anima i loro giorni di scuola, i loro giochi, il loro inconsapevole difendersi dalle brutture dei grandi. Crescono, scelgono un lavoro, trovano l’amore, le loro strade si separano pur rimanendo collegate da quel nervo sensibile che è la sorellanza: sottile, vibrante, indistruttibile. O almeno così credono. Perché una mattina molto presto, quel nervo si spezza e tutto va in frantumi: quando ormai sono adulte, quando sembra che le loro vite, seppure non risolte, almeno procedano, la tragedia separa ciò che non avrebbe mai dovuto essere diviso. È facendo perno su quel giorno e su quel dolore che la sorella maggiore scrive queste pagine, rivolgendosi alla più piccola, ricordandola, chiamandola, cercando di venire a capo degli errori, degli abusi e degli smarrimenti.

Un romanzo d’esordio che indaga, con una lingua memorabile e sfrontata, i disumani sentimenti e quelli più puri che solo una famiglia può generare, andando a fondo della fatica di diventare inesorabilmente adulti nonostante la perdita, nonostante l’amore, nonostante se stesse.

Bara di seta

di Ilaria Caffio

 

Ilaria hai appena pubblicato con Solferino, Bara di seta: un romanzo d’esordio che indaga, con una lingua memorabile e sfrontata, i disumani sentimenti e quelli più puri che solo una famiglia può generare, andando a fondo della fatica di diventare inesorabilmente adulti nonostante la perdita, nonostante l’amore, nonostante se stesse. Come mai hai scelto di scrivere questa storia? 

Per tanti anni sono stata inospitale, istintiva. Ho scritto moltissime pagine senza sapere dove stessi andando e questo accade solo quando raccontiamo un sentimento con lealtà o quando guardiamo una partita di calcio. La sofferenza e l’euforia ci pervadono e noi dobbiamo assecondarle. Io però sono una perfezionista; dopo essermi svegliata da questo incantamento ho trascorso lunghi mesi, piegata sul mio tavolo, a limare ogni parola come una artigiana.  

Tre cose da sapere di te? 

Mi piace saltare sui letti, mettere la testa sott’acqua, ridere. 

A leggere tra le righe sembra che oggi l’adolescenza sia diventata una guerra, una tempesta ormonale, cerebrale, psicologica, un momento pericolosissimo oltre che terribile. Tra bullismo, intensità di emozioni, slanci improvvisi d’affetto ma anche vendette da consumare sui social. E’ davvero così? 

Guardo le ragazze e i ragazzi con grande ammirazione. A essere disattenti e pericolosi sono gli adulti. Così come, escludendo gli animali, disattento e pericoloso è il mondo nel quale viviamo.  

Parliamo di te: che ricordi hai della tua adolescenza? 

Ho molti più ricordi della mia infanzia. L’età nella quale si è muti e si immagina, poi si incomincia a parlare ma si resta muti ancora per troppo tempo. In fondo alla periferia della mia città, Taranto, mi sono sentita veramente libera e felice perché non ho vissuto una infanzia come tante, ma un volo di risate e abbracci. Di mancanze, di risate, di ottimi propositi. Ricordo che facevo molte fotografie, mi arrampicavo sugli alberi, e mentre gli adulti usavano le pistole io mangiavo le granite al limone. Tornare alla mia adolescenza mi infastidisce. Gli anni della rabbia sono proprio lì. Per questo credo che la mia adolescenza sia stata una adolescenza come tante. Speciale, triste, maleducata, niente voli. Abbracci rarissimi. La rabbia piano piano è scomparsa. E adesso, che sono una adulta, posso finalmente tornare da dove qualcuno mi ha spostata.  

Rapporti conflittuali? 

Sì, soprattutto con i miei genitori.  

Che cos’è per te la libertà? 

La possibilità di ritornare.  

E’ davvero complicato fare i genitori? Tenere unita la famiglia? I tuoi personaggi come li hai costruiti e soprattutto quanto ti rivedi in loro, se ti rivedi…? 

È molto più complicato essere figli e guardare i genitori che tentano di tenere unita la famiglia che, per quanto mi riguarda, nulla ha a che vedere con i legami di sangue e che, nella maggior parte dei casi, è una rappresentazione coatta del bene. Per questa ragione la famiglia non può essere ciò che ci è biologicamente stato affidato dal caso. Famiglia significa scegliersi.  

I personaggi di Bara di seta entrano in scena per raccontare ciò che mi tormenta. Tra me e loro ci sono corpi e case. Voci sottili, ricordi sbagliati. Ciò che mi ossessiona è nella placenta di mamma e papà. Quando la ferita si rimarginerà mi fermerò, smetterò di scrivere. L’esperienza del trauma è un simbolo e con la scrittura non si guarisce da un bel niente, tuttalpiù le ferite si aprono con maggior forza e gli strappi diventano inni d’amore, luoghi da attraversare ogni giorno e i luoghi sono più importanti dei personaggi.   

Come si fa a rimediare agli errori di gioventù, agli abusi e agli smarrimenti? 

Io non voglio correggere nulla.  

Uno dei miei tanti dubbi è di chi fidarsi, a quale istituzione affidare la crescita, l’educazione, la totale fiducia? 

Le istituzioni che in questo momento rappresentano il nostro paese mi disgustano. Io mi affido alla musica, alla poesia, al mio cane.  

C’è chi sostiene che molte volte la mancanza del grande amore assoluto che ti salva, che sia quello di Dio o di un’altra persona, devasta tutti, non solo gli adolescenti. Ciononostante siamo costretti a diventare adulti… 

Chi sostiene questa idiozia?  

Oggi c’è una specie di frenesia che ci assale: ci scivoliamo sopra come se non ci fosse un domani. E così l’ansia aumenta, le paure crescono, l’orologio gira velocemente. Capita anche a te? 

Certo. La psicoterapia è la mia risorsa. 

Mettiti nei panni di un lettore di Bara di seta: alla fine del romanzo riuscirà a capire che cos’è l’amore? O dovrà convivere con “passami il termine” i demoni che rendono caotica la quotidianità delle tue protagoniste? 

Questo romanzo non spiega cos’è l’amore. Bara di seta è per me una corrispondenza con la morte, la storia della mia solitudine.  

Ilaria, perché bisogna leggere il tuo romanzo? 

Perché è un capolavoro.