Francesca Crippa: la vita resta negli occhi se ti emozioni attraverso le parole

Francesca Crippa tu ami le parole che raccontano emozioni. Parole da annusare, sfiorare, sentire. Parole da vivere. È da qui che nasce il tuo libro La vita resta negli occhi, in uscita dal 19 ottobre con Chance Edizioni per la collana ScritturaSpontanea.

Tre motivi per leggerlo ma soprattutto svelaci la sfida che lanci al lettore?

Ti consiglio di leggere “La vita resta negli occhi” se:

  1. Cerchi una lettura leggera e allo stesso tempo carica di significati
  2. Ti piace emozionarti attraverso le parole
  3. Ami i racconti e per te sono come le ciliegie: uno tira l’altro!

Ecco la mia sfida al lettore:

hai mai pensato che da un blog di scrittura creativa sia possibile costruire e pubblicare una raccolta di racconti? Leggi questo libro e fammi sapere la tua opinione!

 

Sono storie autobiografiche?

Nei racconti c’è una forte influenza esercitata dal mio personale “magazzino” di esperienze e conoscenze, ma non si tratta di storie autobiografiche. Di certo, come in ogni libro, l’autore, con la sua “visione del mondo”, è molto presente: chi mi conosce troverà tanto di me in questa raccolta.

Quanto ti fanno soffrire o sorridere le emozioni?

Tantissimo! Con il trascorrere del tempo ho imparato a “mettere un filtro” incanalando le emozioni nella maniera più adeguata alla situazione, traendone un vantaggio per me stessa e le persone che mi circondano; tuttavia ammetto che è un percorso in continuo divenire e non smetterò mai di lavorare su me stessa in termini di sviluppo della mia intelligenza emotiva.

Altra domanda da analista: che rapporto hai con la paura?

Con la paura ho un rapporto stretto, fin da bambina: la paura mi attrae e mi respinge. Più divento grande, più ammetto di provare paura, riconosco le mie fragilità. E mi scopro più forte.

 

Perché in Italia uno che ha sbagliato sembra potersi riscattare raccontando la sua storia?

Perché in Italia, ma non solo, abbiamo bisogno di umanità vera. Di raccontare i nostri errori. Di uscire dallo stereotipo del successo a tutti i costi. Uno sbaglio raccontato acquista dignità, diventa esempio per gli altri, motivo di comprensione e condivisione.

Sulle parole – per colpa della classe politica – sembra cadere il discredito che si merita ciò che non gravita intorno al “fare”: fatti e non parole: è uno slogan semplicistico molto in voga ai nostri tempi. Che ne pensi?

Penso che le parole debbano essere autentiche. Lo dico da comunicatrice che cerca sempre di trasmettere il valore e la forza delle parole: alla lunga le parole che fanno più strada sono quelle vere, non devono essere considerate come strumenti di mistificazione della realtà, bensì un tramite nobilitante, un viatico che ci possa supportare nel far emergere la parte migliore di noi. Parole come fatti, allora. E fatti come parole.

Oggi chi vive di parole è un lavoratore precario: non possiamo perdere tempo a sventolare bandiere rosse, gialle o nere. D’altronde chi sarebbero i riferimenti? Conte, Berlusconi, Meloni o Letta? Cosa ti attendi dal nuovo governo?

Dal nuovo governo (e da tutti i governi) mi aspetto coerenza, onestà, efficacia.

Che cosa ti ha stancato dell’Italia?

Non mi stancherò mai dell’Italia. Riconosco i difetti, le ombre, i temi aperti, ma cerco sempre di trovare il lato buono, guardando il famoso bicchiere mezzo pieno. Mio padre mi ha insegnato che quando portiamo in piazza i nostri problemi e li confrontiamo con quelli altrui…spesso ce li rimettiamo sulle spalle e pensiamo che non siano poi così male!

La rivoluzione del cuore, oggi più che mai necessaria, può anche manifestarsi in un adeguato uso del social network, alla ricerca del bene proprio e altrui?

La rivoluzione del cuore deve passare attraverso la comunicazione, facendosi largo tra le coscienze delle persone. Via libera, allora, ai social media, a patto che il loro utilizzo avvenga in maniera costruttiva e propositiva: non tanto come ricerca spasmodica di autoaffermazione, ma attraverso il consapevole intento di trasmettere contenuti di valore e di utilità. Se partiamo da questa premessa, il nostro personal branding, ovvero la nostra reputazione professionale e personale, ne risulterà consolidato in modo stabile e duraturo. E la società sarà un posto migliore in cui lavorare, vivere, esprimere noi stessi e il nostro legame con gli altri.