Amelia Lamberto: se l’arte ridà vita agli oggetti. E viceversa

La vita di Amelia Lamberto può essere sintetizzata in un’immagine: il viaggio tra gli oggetti gettati via. Perché lei ha viaggiato ininterrottamente e lo ha fatto a modo suo, senza mai perdersi. Ha viaggiato a piedi, tra i ricordi, tra le storie di vecchi arnesi che qualche altro aveva dismesso. Ha viaggiato per salvarli dal macero, dalla rottamazione, dalla discarica, dalla memoria. Ha viaggiato per ridare loro una seconda possibilità di vita. E nel resto del tempo, lungo il percorso, ha sempre viaggiato con la mente, perché fin da ragazza ha scelto di dedicare la sua energia e creatività all’arte…

Amelia Lamberto, nata a Messina, si laurea in architettura presso l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. Subito dopo la laurea, conseguita l’abilitazione alla professione e vista la passione per il design, si iscrive a un corso post-laurea di INDUSTRIAL DESIGN, presso il dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università della Calabria, Cosenza.

Lì ha modo di affinare le sue conoscenze nel campo del design ed entra in contatto con aziende del settore, sviluppando diversi progetti, soprattutto di eco-design. Conclusa l’esperienza cosentina si trasferisce di nuovo nella sua città, Messina, iniziando la collaborazione con diversi studi di progettazione e interior design. Alla professione di architetto affianca quella designer progettando e realizzando in auto-produzione arredi e complementi per locali commerciali e abitazioni. Partecipa con i suoi progetti di design a diverse manifestazioni e concorsi nel settore riscuotendo notevole interesse.

Raccontiamo il viaggio di una donna che attraverso l’arte rappresenta il simbolo di una salvezza che per molti di noi a volte si fa troppo attendere, come se ci trovassimo in una libertà sospesa. Amelia ridà vita agli oggetti come se scavasse uno per uno, nei ricordi e così percorre il tempo passato per proiettarsi nel futuro tra ambienti, giardini, dimore al confine tra scultura e architettura.

Amelia Lamberto la tua creatività ha dato nuova vita a oggetti che rischiavano di finire in discarica. Come è nata questa passione?
Ho avuto da sempre una predilezione per l’arte ed il design, sin da bambina, così dopo l’istituto d’arte frequentato proprio qui a Messina, mi iscrivo in Architettura e mi laureo del 2002, mi abilito alla professione di architetto e subito dopo, visto il mio grande amore per il design, mi iscrivo ad un Master di “industrial design” all’Università della Calabria, in quella occasione ho modo di affinare le mie competenze sia tecniche che artistiche. Ho capito che quello sarebbe stato il mio lavoro. Ho iniziato così ad affiancare alla professione di architetto quella di eco-designer.

Sei un bravo architetto a giudicare dai tuoi tanti lavori ma mi pare che questa professione ti sia stretta… confessa che avresti preferito una carriera nel mondo della televisione con un programma tutto tuo. Ne avresti di cose da dire…
Questa domanda mi fa sorridere. Premettendo che non mi sono mai iscritta a nessun casting, la chiamata per partecipare alle selezioni è arrivata in maniera del tutto inaspettata da uno degli autori del programma “Cronache Animali” che casualmente, aveva avuto modo di visionare un paio di oggetti realizzati in autoproduzione, oggetti di eco-design, all’interno di un evento a Roma, oggetti di uso quotidiano, realizzati utilizzando materiali di recupero. Durante i mei anni di lavoro in rai all’interno del programma televisivo, ho avuto modo di avere soddisfazioni personali grazie alla possibilità che mi era stata data! Uno spazio tutto mio all’interno di un programma nel quale potevo dare sfogo alla mia fantasia e trasmettere al telespettatore un messaggio green. Questo risultato ha sicuramente contribuito alla mia crescita e autorealizzazione ma, il mondo della televisione, non mi appartiene. Le intense pressioni lavorative e il ritmo accelerato sono chiaramente fattori che non mi si addicono. Inoltre, non amo particolarmente la notorietà, che spesso è un elemento fondamentale nell’industria televisiva, preferisco un contesto lavorativo più tranquillo e meno esposto. In sintesi, ho apprezzato tanto l’esperienza dei miei anni in Rai, sono stata molto gratificata dal ruolo significativo che mi è stato riconosciuto, ma la televisione non è l’ambiente ideale per me, date le sfide legate allo stile di vita e alla visibilità. Preferisco orientare le mie scelte future, verso percorsi che meglio si addicono alla mia personalità e al mio stile di vita.
Che cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, rispetto a quando hai iniziato a intraprendere la professione?
Nonostante sia passato del tempo, devo ammettere che l’entusiasmo e la passione che provo sono rimasti inalterati. Ora, con un po’ più di esperienza, sono in grado di assumere incarichi di maggior responsabilità. Ho iniziato il mio percorso affiancando artigiani e visitando luoghi di produzione, tutto ciò mi ha permesso di migliorare le mie abilità manuali e affinare le mie competenze

Parli attraverso gli oggetti di tante cose attuali: il potere femminile, l’ecologia, la bellezza, il territorio. C’è una missione in fondo alla tua arte?
Certo che si! La mia missione è quella di diffondere una sensibilità ecologista attraverso l’arte, riutilizzando oggetti difficilmente smaltibili. Da noi al sud lo smaltimento dei rifiuti ingombranti è un argomento critico. I costi dello smaltimento in discarica sono elevati, le discariche sono sature, per questo credo che la mia campagna per il riutilizzo dei materiali possa contribuire a non esaurire il ciclo vitale degli oggetti, così da evitare che finiscano al macero. In un mondo in cui sempre più progettisti abbracciano il riciclo dei materiali e l’autoproduzione di svariati oggetti, la creatività diventa una scialuppa di salvataggio per il nostro territorio minacciato da una crescente montagna di rifiuti. Per me, questa espressione artistica non solo rappresenta uno sfogo alla mia professione di architetto, ma anche un’impegno concreto nella trasformazione di un territorio quello siculo che, dovrebbe essere sempre più attento alle problematiche legate alla sostenibilità

Ricordi il tuo primo lavoro di rinascita di un oggetto?
Fin da bambina ho passato molto tempo a giocare e divertirmi smontando insieme al mio papà qualsiasi cosa destava la mia curiosità. Mi è sempre piaciuto indagare nell’anima degli oggetti, per poi cercare di ricostruirli secondo un nuovo ordine. Certo, erano piccoli realizzazioni, all’epoca avevo circa 10 anni, così smontavo oggetti di uso quotidiano bambole, giochi meccanici di mio fratello, utensili da cucina e, ne ricavano pezzi che poi riassemblavo per dare vita a rudimentali oggetti di design. Prediligevo realizzare lampade. La prima creazione ricordo ancora che fu “Flowers”, una lampada realizzata con piatti di plastica, cartone ondulato e fil di ferro, che mi affascinò particolarmente.

Mi pare di capire che una parte importante della tua vita d’artista scaturisce dalla voglia di raccontare un’esperienza, una storia, un’emozione. Quali sono le storie più importanti che hai sentito legate alla sua arte?
Le storie più importanti che sento legate alla mia arte, parlano tutte di “trasformazione e cambiamento”, un tema che risuona attraverso le storie che racconto con i miei oggetti. Queste storie rappresentano i momenti cruciali della mia vita, e trasformo le esperienze personali in complementi di arredo che realizzo in autoproduzione, sono veri specchi di me stessa, incarnano una semplicità disarmante e una profonda ironia. Ogni oggetto sfiora delicatamente le corde della memoria, risvegliando in chi li osserva i ricordi dell’infanzia e dell’innocenza perduta. Tutto ciò ha origine da concetti e riflessioni sulla vita quotidiana, attingendo da aspetti che non condivido e che bramo di cambiare. Questi concetti, visti dalla mia prospettiva, si trasformano in oggetti che sono una sorta di manifesto di trasformazione personale e sociale. In tal modo, la mia arte diventa un ponte tra il mio mondo interiore e quello esteriore, che mi porta a riflettere sulla mia esistenza e sul desiderio
di evoluzione continua.

Appurata la tua abilità nel ridare nuova vita agli oggetti viene spontaneo chiederti: davanti al passato che è spesso ingombrante per ognuno di noi, ti sei mai posta la domanda se sia meglio riportarlo in vita o dichiararne la morte per sempre?
Il passato è un bagaglio che ognuno di noi porta con sé: un mix di momenti ingombranti e ricordi positivi. È un tappeto tessuto dalle esperienze, intrecciato con le sfide che abbiamo superato e gli istanti felici che abbiamo vissuto. Anche se può sembrare a volte pesante, è importante ricordare che ciò che siamo oggi è il risultato di quel passato, con tutte le sue sfaccettature e che nel nostro passato ci sono stati tanti cambiamenti e tante opportunità che ci siamo dati. Smontare oggetti e riassemblarli con un nuovo ordine e perché no con una nuova
funzione, fa rinascere il materiale buttato a nuova vita, l’oggetto gettato sogna un riscatto estetico aspettando l’occasione di narrare ciò di cui è stato testimone.

Il processo di accettazione di una sconfitta, un fallimento è diverso per ognuno. Immagino che anche per te qualche sconfitta è arrivata. Come hai superato il momento?
Le sconfitte arrivano per tutti e a mio avviso, costituiscono un tassello essenziale nella vita di ciascuno di noi. Sono le pietre di inciampo lungo il percorso che spesso diventano i gradini della crescita personale. Quelli che emergono dalle sconfitte, abili e risoluti, sono coloro che non si fermano, non si arrendono, ma piuttosto ne traggono preziosi insegnamenti. Rialzandosi con una determinazione rinnovata, trasformano l’amarezza in motivazione e le sfide in opportunità. Bisogna avere la determinazione di affrontare le difficoltà con un sorriso,
di imparare dalle esperienze negative e di ritrovare la forza per continuare, è solo questo che rende veramente forti e ispiratori per chi non riesce a trarre il meglio dalle sconfitte.

Qual è il più grande nemico della felicità?
Secondo me, l’insoddisfazione può davvero ostacolare la felicità ed esserne nemico, specialmente in un’epoca in cui la società spinge spesso verso il desiderio di avere di più. Apprezzare i momenti semplici e trovare gioia nelle piccole cose può essere un potente antidoto a questa corsa frenetica verso ciò che non abbiamo. Trovare gratitudine per ciò che già possediamo può aiutare a coltivare una prospettiva più positiva e godere appieno della vita.

Il tempo, lo spazio, una giusta retribuzione, il benessere, il rispetto per l’ambiente: direi che hai rivoluzionato il concetto di professione. Quanto è stato importante per te mettere al primo posto i valori?
Mettere al primo posto i veri valori della vita implica dare priorità a ciò che per me è significativo e duraturo. Ciò contribuisce a mantenere un equilibrio sano tra la vita professionale e quella personale, migliorando il benessere complessivo e la soddisfazione. I valori fondamentali della vita sono principi guida che mi aiutano a definire ciò che è importante e significativo. Questi valori possono variare da persona a persona, per me includono concetti come l’amore, la famiglia, l’onestà, la gentilezza, la giustizia e la crescita personale. Identificarsi e vivere in linea con i propri valori può portare una maggiore soddisfazione e senso di scopo nella vita. Concentrandosi su tali valori, si avrá una guida solida per prendere decisioni, sviluppare relazioni significative e creare un senso di realizzazione duratura.

Da donna felice e in carriera credi che per la maggioranza delle donne sia ancora difficile pensare più a se stesse e a cosa le rende felici piuttosto all’uomo che hanno vicino?
Pensare a se stessi ed a cosa ci rende felici, nella maggior parte delle donne è difficile, abbiamo un forte senso di responsabilità nei confronti delle persone che ci stanno a cuore, della famiglia, del lavoro ma, è importante per il proprio benessere trovare un equilibrio tra le proprie esigenze e quelle dell’uomo che ci sta vicino, solo così a mio avviso si riusciranno ad avere relazioni di coppia più sane e soddisfacenti.

Come si vive d’arte in un territorio che non aiuta gli artisti?
La Sicilia è la mia terra, ricca di storia e cultura, che ha ispirato numerosi artisti nel corso dei secoli. Tuttavia, vivere d’arte in un territorio che presenta tante sfide può essere impegnativo. Gli artisti siciliani spesso devono affrontare difficoltà come la mancanza di finanziamenti, l’accesso limitato a risorse ed opportunità, nonché una scarsa rete di sostegno nel panorama artistico locale. Nonostante queste sfide, molti artisti trovano modi creativi per esprimere se stessi e condividere la loro arte, spesso attingendo all’ispirazione che la Sicilia offre attraverso la sua natura, il suo patrimonio storico e la sua vita quotidiana che trovo unica, ricca di leggende e miti.

Come ti posizioni in questa Messina manichea, divisa tra buonismo e cattivismo?
La situazione a Messina sembra riflettere un conflitto tra due ideali contrastanti: da un lato, un atteggiamento di “buonismo” caratterizzato dalla ricerca di azioni positive e compassione, e dall’altro lato, un senso di “cattivismo” che potrebbe essere associato a scelte più egoistiche o negative. Questo dualismo può influenzare diverse sfaccettature della vita nella città, dalle decisioni politiche alle dinamiche sociali. È importante che la comunità trovi un equilibrio tra questi due approcci per promuovere un ambiente sano e armonioso.

Tempo fa scrissi un libro dal titolo provocatorio “Messina capitale d’Italia” perché a conti fatti Messina è una nazione solo che quello che accade qui lo capiscono solo qui…Dal tuo osservatorio che città vedi?
Io, sono molto legata alla mia città, ma ammetto che ci sono diverse criticità, possono includere questioni come il traffico congestionato, l’inquinamento atmosferico, la carenza di parcheggi, la gestione dei rifiuti, la disponibilità limitata di spazi verdi e parchi, nonché problemi economici e di disoccupazione. Di contro Messina è una città circondata da paesaggi mozzafiato, ricca di storia, molti monumenti sono stati rasi al suolo dal terremoto del 1908 ma rimane tanta memoria da raccontare. La sua posizione strategica sullo Stretto le conferisce una vista panoramica sul mare eccezionale. L’incontro tra i due mari il Tirreno e lo Ionio, i miti e le leggende che si sono susseguiti nel tempo, la rendono magica.

Si parla di brand Messina: cosa consiglieresti al sindaco Basile?
È triste vedere una città come Messina, con il suo potenziale unico dato dalla costa e dal mare, non sfruttare appieno queste risorse. Sarebbe auspicabile che le autorità locali promuovessero lo sviluppo sostenibile e l’attrattiva turistica della zona marittima, al fine di ravvivare l’economia locale e preservare il patrimonio naturale della città

Fatti non foste a viver come bruti… a chi lo vorresti ricordare?
Questo verso fa parte dell’opera “L’ inferno” scritta da Dante Alighieri nella Divina Commedia. È indirizzato a coloro che non cercano la conoscenza e la ragione nella vita. Lo voglio ricordare anch’ io come Dante a tutte quelle persone che trascurano la ricerca della conoscenza e della ragione nella vita, privandosi di opportunità di crescita personale e di comprensione del mondo che li circonda. L’apertura alla conoscenza e al pensiero critico può arricchire la mente e portare a una vita più consapevole e soddisfacente.

Quanto siamo amanti della cultura e quanto fingiamo di esserlo?
Il popolo siciliano è noto per la sua profonda affinità con la cultura, con una storia ricca di influenze diverse che hanno contribuito a plasmare le tradizioni dell’isola. Tuttavia, la percezione individuale di quanto ci si identifica come amanti della cultura può variare. Alcuni potrebbero sentirsi fortemente legati alle proprie radici culturali, mentre altri potrebbero avere un rapporto meno intenso con la cultura. In generale, la Sicilia è celebrata per la sua arte, musica, cucina e storia, ma le opinioni personali possono differire.

Cosa bisogna fare per debellare il flagello dell’ignoranza politica verso tutto ciò che arte, cultura, storia e memoria?
Per combattere l’ignoranza politica riguardo all’arte, cultura, storia e memoria, è importante promuovere l’educazione civica e culturale nelle scuole, incoraggiare programmi educativi accessibili a tutti e sostenere istituzioni culturali. Inoltre, incentivare il dialogo aperto ed il coinvolgimento attivo della comunità può aiutare a creare consapevolezza e apprezzamento per questi temi.

Prossima missione?
La prossima missione è riuscire a continuare a credere in me e nei miei sogni, perché solo io ho il potere di trasformarli in realtà lavorativa.