
Qualche anno fa non c’era simposio, partita di calcio, università e scuole varie, mostre di film e libri che non trovavi qualcuno che si inginocchiava per ricordare la recrudescenza del razzismo in Usa. Black Lives Matter. Giusto timore con ginocchia ormai consunte e risultati opposti. Non solo molte uscite e provvedimenti del presidente di turno in quel Paese, ma la “santificazione laica” di chi razzista, omofobo e anti-femminista, no-vax, aedo dell’uso (uso non solo possesso) delle armi… insomma quella tipologia lì, con realtà maggiori di come potrebbe essere un “banale” razzista di una qualche periferia di città europea… di chi, è stato ucciso da un altrettanto violento e fanatico che dicono parlasse male di questo mondo quando era a tavola coi suoi.
Estinti gli inginocchiati, avviate le funzioni di ogni tipo per Charlie Kirk, continuano gli sbandieratori del drappo nero, bianco e verde. Stesse performance, yacht inclusi e stessi luoghi. Alcuni, anche molto in vista, dicono che gli sbandieratori avrebbero volentieri premuto il grilletto all’Università dello Utah, ma non c’è limite e raziocinio che possa far individuare la realtà dall’auspicio.
Brutte bestie le ideologie, in questi due casi, e non solo. Ma tant’è, si vive per il sol dell’avvenire, o i gironi danteschi, o le vergini in attesa… ma intanto si cerca di godersi questo mondo, come un paio di jeans. Che se non ci fossero “santi laici”, “santi santi”, “genocidiati da salvare”, qualcos’altro andrebbe inventato.
Chissà se bonanima Armani – lui sì esperto – avesse fatto in tempo a rappresentarli, come li avrebbe fatti sfilare a Parigi o Milano o New York? Le mode e i cervelli si rincorrono.
Che poi (a margine?), ci siano, non solo in Utah e in Usa e a Gaza, anche in Sudan e in Bangladesh o in qualunque altra periferia del mondo e dentro e ai confini del nostro giardino ucraino…. embeh! “c’est la vie”. Ciò che conta sono le mode.
François-Marie Arouet, collaboratore Aduc