
In primis – storia a corto raggio – furono i gilet gialli francesi. Poi sempre oltralpe i cugini scontenti della riforma delle pensioni. Poi – giorni nostri – sono stati i pacifisti per Gaza e alcuni sindacati. Ora sono arrivati i conduttori dei cosiddetti caddy (veicoli aperti tipo trasporto turisti al mare ma che fanno servizio anche in città).
Il comune denominatore è “blocchiamo tutto”.
Cioè: non siamo d’accordo con le politiche di Israele a Gaza, e blocchiamo ogni attività, a partire dalle più “delicate” come ferrovie, viabilità, trasporti pubblici, scuole e università. Riteniamo insufficiente il numero di licenze concesse ai caddy (Comune di Firenze nel nostro caso), blocchiamo la città.
Insomma, più si riesce a essere cruenti nel provocare disagio diffuso, più si crede che questo possa servire alla propria causa. Conseguenza: alcune categorie di persone che, tanto quanto poche numerose, decidono su mobilità, sicurezza e soldi di tutta la popolazione.
Metodo molto antico che alcuni ritengono essere incisivo come quando – al massimo c’era la televisione quasi tutta di Stato e le cabine telefoniche – per comunicare il più possibile i propri diritti presumibilmente negati, bisognava farsi vedere per strada e “fare casino”. Metodo antico quanto ormai desueto che, tutti con un telefonino in tasca collegato alla Rete e a domicili domotici facilmente ed economicamente accessibili, possiamo essere informati… e tanti, ma proprio tanti di più di quanti vedono e/o sono vittime del blocco di attività pubbliche.
Ma sembra che i “nostri “blocchiamo tutto” godano ancora del fascino dei cortei come quello dipinto da Giuseppe Pellizza da Volpedo nel suo “Quarto Stato”, magari riprendendolo col proprio smartphone per poi mandarlo in Rete e fallo vedere al manifestante che è accanto a lui o al cugino di Voghera.
Perché – ed è questo il problema – sdoganato il “blocchiamo tutto”, c’è da aspettarsi minacce ovunque ci sia un problema. Occhio alla prossima riunione di condominio ché, virus dilagante, non essere d’accordo sui millesimi, qualcuno impedirà l’ingresso nel palazzo.
Succede che nella civiltà delle comunicazioni a 360 gradi, questa realtà non viene valutata ma, se in un certo senso è sottovalutata, non si può escludere che ci siano alcuni che preferiscano creare disagi e problemi a tutti perché ritengono essere il loro problema al centro del mondo. Ignari – purtroppo per loro – che questo non gioca a loro vantaggio, ma solo a far sì che tanti, ma proprio tanti, non li considerano civili ma arroganti, mentre le istituzioni, sempre in difficoltà quanto impreparate, mostrano di non essere all’altezza della delicata gestione dell’ordine pubblico.
Tutto questo, a nostro avviso, è uno dei diversi motivi per cui, per esempio, a votare alle elezioni ci vanno sempre meno persone (il 40% della Calabria di alcuni giorni fa è un campanello). E le conseguenze ricadono su tutti, visto che – sempre il solito esempio calabrese – saremo governati da chi è espressione di un minuscolo quanto sparuto numero di elettori/cittadini.
E non si venga a dire che è colpa di chi non va a votare, ché la fiducia va alimentata e conquistata. E se cittadini che manifestano e istituzioni incapaci di trattare con chi ha problemi (spesso portandoli all’esasperazione del “blocchiamo tutto”) e gestire l’ordine pubblico, oggi danno una sufficiente fiducia solo ai vigili del fuoco (quanti film vi avranno contribuito?) (1), ci sarà pure una responsabilità di chi ha fatto male il proprio dovere, alimentando un pessimo esercizio di chi esercita i propri diritti (sciopero nel nostro caso).
1 – https://www.aduc.it/articolo/fiducia+nelle+istituzioni+disastro+annunciato+senza_39943.php
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc