Il laboratorio del sogno. Al Festival di Spoleto il primo progetto di edutainment diffuso sul costume

Spoleto – È un nuovo progetto del Festival quello sviluppato da Fabiana Giacomotti a corollario del nuovo allestimento dell’opera Pélleas et Mélisande di Claude Debussy in programma il 24 e 25 giugno 2023 al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti con la Budapest Festival Orchestra diretta da Iván Fischer, che cura anche la regia con Marco Gandini, e i costumi di Anna Biagiotti.

Articolato in tre diversi momenti, Il laboratorio del sogno prevede una piccola mostra comparativa di costumi delle rappresentazioni di Pélleas et Mélisande, provenienti dai principali musei teatrali nazionali e realizzati da designer italiani e stranieri, esposti dal 24 giugno al 9 luglio nel foyer del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti. In programma anche una mattinata di studio nella Sala XVII settembre del teatro, dedicata a professionisti e scuole di costume e teatro con il coinvolgimento della produzione dell’opera, i responsabili del «sistema costume e mostre» del Festival e costumisti e i designer di moda-costume come Arthur Arbesser, il costumista da Oscar Massimo Cantini Parrini, il direttore del Polimoda Massimiliano Giornetti, la stilista Raffaella Curiel. A questo momento formativo segue ogni sabato (24 giugno, 1° luglio, 8 luglio) una serie di laboratori nel Complesso Monumentale di San Nicolò, su iscrizione, aperti al pubblico, per apprendere il valore del costume nel rapporto fra testo e musica e imparare a creare un facile costume/accessorio di scena che i partecipanti potranno portare con sé.
«Ringrazio di cuore il Festival di Spoleto che mi permette di dare vita a un progetto sperimentale a cui pensavo da molto tempo. Il valore narrativo, ma anche fattuale, artigianale, dei mestieri del teatro, merita di essere conosciuto dal grande pubblico» dice Fabiana Giacomotti, storica del costume e curatrice del Foglio della Moda, inserto mensile di cultura e industria della moda del Foglio. «Grazie anche a tutti i partner, da Cuoio di Toscana a Ermanno Scervino, Lineapelle e Rubelli che, mettendo a disposizione materiale splendido, ma inutilizzato, rendono evidente il valore del riutilizzo e dell’economia circolare. Una prassi naturale nel teatro, ma che grazie a questo progetto speriamo diventi patrimonio e stile di vita sempre più comuni».

Il progetto, che usa basi e materiali di altissima qualità, è sviluppato in una logica di upcycling: pellami, tessuti pregiati, cuoio, sono infatti sfridi, rimanenze, ritagli dei processi di lavorazione dei capi e degli accessori dell’alta moda, e provengono dalla fabbrica di Ermanno Scervino, dell’Archivio prototipi di Lineapelle, che grazie al suo amministratore delegato Fulvia Bacchi ha realizzato le scarselle e che si potranno finire di cucire e decorare in laboratorio, il consorzio Cuoio di Toscana che ha fornito speciali forme di design da trasformare in sautoir o cinture.
Sulle numerose rappresentazioni dell’unica opera di Debussy, fino a oggi si sono cimentati molti costumisti, uno per tutti Pier Luigi Pizzi con un favoloso allestimento per la Fenice, realizzato da Tirelli, che faceva propria la tradizione nel tessuto di Maria Gallenga, il duo Barbe&Doucet con una messinscena curata dal Regio di Parma due anni fa, una designer nota per le sperimentazioni fra musica e moda, Iris Van Herpen, che venne affiancata da Marina Abramovic nelle scene e Christian Lacroix, il cui spettacolo, scrive dalla casa di Arles, è ancora in tournée a sette anni dal debutto, in una ricca co-produzione fra il Théatre des Champs Elysées di Parigi, l’Opera di Dijon e il Capitole di Toulouse.

Il progetto rientra nella strategia di valorizzazione del patrimonio storico di costumi, immagini e documenti che il festival ha avviato nel 2021 e si aggiunge all’imponente lavoro di agnizione e recupero del patrimonio dei circa tremila costumi della manifestazione, che abbracciano un arco temporale dai primi anni Sessanta agli anni Duemila. Anche quest’anno è possibile visitare il percorso espositivo Sulle tracce di Gian Carlo Menotti, che mette in luce un ritratto umano e professionale del Maestro Menotti attraverso l’esposizione di abiti, manifesti, materiale d’attrezzeria, bozzetti e fotografie d’epoca. Il percorso espositivo prosegue con il Centro di documentazione del Festival dei Due Mondi di Casa Menotti, uno “scrigno della memoria” che dona forma e contesto al materiale audio, video e fotografico del Festival, e la Biblioteca Comunale Giosuè Carducci che custodisce i materiali originali del Festival dei Due Mondi dal 1958 a oggi.