Operazione “Clean Hospital”

Sei persone denunciate, tra cui due funzionari pubblici e vari dirigenti d’azienda e ben 2,5 milioni di euro sequestrati. Con tali risultati si conclude la complessa attività di indagine portata a termine dalla Guardia di Finanza nella continua attività di contrasto agli illeciti nel settore della spesa pubblica. L’operazione di servizio denominata “Clean Hospital” coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, rientra tra gli obiettivi strategici affidati al Corpo, con particolare riferimento a quello del controllo della spesa pubblica. In particolare, l’attività info-investigativa condotta dai militari ha consentito di svelare un illecito e fraudolento sistema di gestione delle procedure di appalto e di affidamento del “Servizio di manutenzione delle apparecchiature elettromedicali” dell’Azienda Ospedaliera di Gallarate, che ha consentito, dal 2005 ad oggi, di garantire sempre alla medesima società – anche a mezzo di interposizione fittizia di altra società, all’uopo costituita – l’affidamento dello specifico servizio. Tale sistema, inoltre, attraverso la fraudolenta maggiorazione del valore dei beni elettromedicali oggetto della convenzione, ha consentito alla società in questione il conseguimento di ingiustificati proventi maggiorati rispetto all’effettivo valore del servizio realmente effettuato, con conseguente danno economico, sia per l’azienda ospedaliera appaltante, sia per l’intero sistema sanitario regionale. L’obiettivo in questione è stato conseguito sia a mezzo della sopravalutazione della maggior parte dei beni oggetto di convenzione, sia includendo beni addirittura non risultanti tra i cespiti dell’azienda ospedaliera e sia, ancora, continuando a conteggiare beni non più utilizzati e già dismessi. La complessa attività di analisi – concretizzatasi nell’esaminare documentalmente oltre cinquemila beni di proprietà dell’Azienda S. Antonio Abate di Gallarate, confluiti nel servizio di manutenzione affidato in convenzione attraverso la gara CONSIP– SIGAE 2 – ha consentito di accertare che a fronte di un valore dei beni iscritto a libro cespiti pari a 15,5 milioni di Euro, venivano fatti confluire nell’appalto/convenzione, a seguito di una sovrastima, ad un valore pari a 36 milioni di euro, il doppio del valore contabile effettivo. Di conseguenza, essendo tale valore posto a base del calcolo del canone annuale di convenzionamento, tale sopravalutazione ha permesso anche il raddoppio del relativo canone di appalto, a carico delle finanze pubbliche. Gli accertamenti investigativi esperiti, per l’intero periodo di affidamento del servizio, (dal 2010 al 2014), hanno permesso di verificare che l’Azienda Ospedaliera Sant’Antonio di Gallarate, a fronte di un canone realmente dovuto pari a poco più di 2 milioni di Euro, ha corrisposto alla società esecutrice del servizio, un canone complessivo riscontrato pari ad Euro 4.895.526,97, con una differenza pari a ben € 2.547.475,84, la quale costituisce il profitto illecito conseguito dalla società e, pertanto, un paritetico danno economico per l’Ente pubblico. Durante l’attività investigativa, le Fiamme Gialle gallaratesi, accertavano che analoghe procedure relative al convenzionamento delle strutture ospedaliere, erano state poste in essere anche in altre realtà territoriali. In particolare, si accertava che per lo stesso periodo (2010 – 2014) analogo appalto, per circa 3,5 milioni di euro veniva affidato, alle stesse aziende coinvolte dall’ASL TO 1. Gli atti relativi a tale posizione saranno oggetto di apposita trasmissione alla competente Autorità Giudiziaria. L’attività di indagine, posta in essere, con l’esecuzione di complessi approfondimenti sulla copiosa documentazione acquisita presso le due aziende ospedaliere, nonché con l’effettuazione di perquisizioni e sequestri presso abitazioni private, oltreché presso le sedi di diverse società in Milano e Roma, ha portato alla denuncia all’Autorità Giudiziaria di n. 6 soggetti, di cui due pubblici ufficiali, dipendenti pubblici che svolgevano il ruolo di R.U.P. (Responsabile Unico del Procedimento di appalto/convenzionamento), e 4, tra presidenti e dirigenti d’azienda, tutti coinvolti a vario titolo nelle fattispecie di reato previste e punite dagli artt. 323 c.p. (abuso d’ufficio), art. 479 c.p. (falso), art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), art. 640 c. 2 n. 1 c.p. (truffa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico) aggravato dall’art. 61 n. 7 c.p. (l’ingente danno economico), art. 21 L. 646/82 (subappalto non autorizzato di opera pubblica) ed al sequestro preventivo per equivalente – ai sensi dell’art. 321 c. 2 c.p.p. e degli artt. 19 e 53 del d.lgs. 231/2001 – della somma di € 2.547.475,84 pari al profitto illecito conseguito dai responsabili. Dell’attività posta in essere è stata inoltrata una segnalazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nonché alla Corte dei Conti per il danno erariale quantificato in oltre € 2.500.000 euro. Oltre all’imputazione, nei confronti del soggetto giuridico di natura privata coinvolto, per le fattispecie previste dal D.lgs 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli Enti.
Il controllo della spesa pubblica, obiettivo strategico della Guardia di Finanza, posto in essere attraverso il controllo degli appalti pubblici e il contrasto di truffe, abusi e sprechi, tende a favorire migliori e sempre maggiori servizi alla collettività, soprattutto in settori delicati quali quelli della previdenza ed assistenza sanitaria, destinati proprio a quelle fasce di cittadini maggiormente bisognosi di tali servizi.