UNIME, CONCORSI SENZA REGOLE

Non è facile scrivere dell’ennesimo scandalo che ha riportato l’Università di Messina sotto i riflettori giudiziari. Ogni volta si resta senza parole nel constare il degrado che c’è, che c’era e che purtroppo ci sarà se a vincere è l’ipocrisia e la retorica. Senza regole non c’è cultura e questa considerazione basta a riportare la vicenda – portata a galla dalla Guardia di finanza – alle forze e ai poteri che in questo momento si muovono per risanare l’Ateneo. Siamo certi che gli indagati riusciranno a far valere le proprie ragioni nelle sedi istituzionali preposte ma a noi tocca analizzare, commentare e criticare taluni comportamenti che continuano a tenere banco nella prestigiosa Università dello Stretto. E allora? Lo scandalo ci riporta alla doppia vita dei docenti: professionisti insospettabili con il vizio della sistemazione dei figli; narrazione che di romanzesco ha assai poco ma che avvince il cittadino per il suo sapere di verosimiglianza e per quello che svela sul mondo ancora per molti aspetti sconosciuto dell’Ateneo. Anzitutto conferma quello che era stato già detto in maniera incidentale da altre precedenti inchieste: taluni professori, funzionari, pezzi da novanta dell’Università sono così arroganti che pensano di poter fare ciò che vogliono infischiandosene di regole e leggi. A tratti – se ci passate il paragone – ci sembra anche “un’organizzazione universitaria” con i suoi riti, le sue cerimonie, le sue leggi non scritte ma, almeno fino a un certo punto, seguite: raccomandare parenti, amanti, amici è diventata una volgare consuetudine, nonostante i tanti peccati venuti alla luce in questi anni. I servizi giornalistici sulle parentopoli a quanto pare non servono a frenare l’andazzo. L’impunità dei baroni garantita dalle nuove regole: un centro del sapere sdoppiato, schizofrenico, allucinato, in cui tutti sono nello stesso tempo amici e nemici di tutti. In cui tutti professano e ostentano lealtà e fedeltà intensissime, annodano e sciolgono patti, nello stesso tempo in cui affermano il falso, promuovono l’inganno, progettano congiure e imboscate, tradiscono e purtroppo, come nel caso del professore Matteo Bottari, uccidono persone care. Molti protagonisti del Caso Messina hanno acquisito influenza politica, proporzionale agli enormi profitti. Basta ricordare tutto ciò per non ritenersi immuni da colpe. Ecco perché la retorica che colora certi progetti di legalità, di rinascita non ci entusiasma più di tanto, semmai ci dà conferme: stiamo di nuovo perdendo la battaglia contro i furbi che sporcano l’Ateneo e rubano le speranze ai giovani di un futuro migliore.