Dell’Utri, Cassazione annulla condanna: processo da rifare

Il processo per concorso esterno in associazione al senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e’ da rifare. Lo hanno deciso i giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte, che hanno accolto il ricorso della difesa del senatore, annullando con rinvio la sentenza d’appello di condanna a sette anni di reclusione. I giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale di Palermo, che chiedeva per Dell’Utri una pena più severa. Per il procuratore generale Marco Jacoviello, che aveva parlato in mattinata, "l’accusa non viene descritta, il dolo non è provato, precedenti giurisprudenziali non ce ne sono e non viene mai citata la sentenza ‘Mannino’ della Cassazione, che è un punto di riferimento imprescindibile in processi del genere". Jacoviello nel corso della sua requisitoria aveva pesantemente criticato l’operato della procura di Palermo e dei giudici: "Chiedo alla Corte: esiste il ragionevole dubbio? Nessun imputato ha più diritti di altri e nessun imputato ha meno diritti di altri. La sentenza impugnata – ha rilevato il pg – sostiene l’esistenza del reato di concorso esterno in associazione semplice fino al 1982, poi parla di concorso esterno in associazione mafiosa fino al ’92". E rivolto alla Corte : "Nessuno ha mai sostenuto una tesi del genere, voi sareste i primi". Il concorso esterno in associazione mafiosa, secondo Iacoviello, "è diventato un reato autonomo" in cui "nessuno crede. Io ne faccio una questione non a favore dell’imputato, ma a favore del diritto". Il pg ha voluto, invece, sottolineare che il ricorso della procura di Palermo "non e’ conforme agli schemi del ricorso per Cassazione, perche’ e’ fatto per episodi, non per motivi". Inoltre, il ricorso e’ incentrato sul "vizio motivazionale". La "realta’ giuridica – ha osservato – e’ che il ricorso per vizio motivazionale presentato dal pubblico ministero deve essere accolto solo in casi eccezionali. Se lo presenta il difensore, viene accolto nel caso in cui si dimostri il ragionevole dubbio, se lo presenta il pm, questo deve dimostrare che l’ipotesi alternativa resta al di sotto del ragionevole dubbio". Dell’Utri era stato condannato dal Tribunale di Palermo l’11 dicembre 2004, a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa perchè l’accordo con la mafia e, in particolare, con i fratelli Graviano, era stato ritenuto provato anche dopo il 1993. Secondo la Procura di Palermo rappresentata da Antonino Gatto, i giudici di appello, che avevano ridotto la pena a 7 anni, avevano dato scarsa rilevanza alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza che, nelle sue dichiarazioni, aveva parlato di un vero e proprio "patto tra Cosa Nostra e Forza Italia". Un giudizio non condiviso dalla Procura della Cassazione. I legali di dell’Utri avevano chiesto l’assoluzione: "I giudici di Palermo sono stati assediati da una Procura che, a ogni costo, voleva provare quello che non si poteva provare e hanno finito con lo scrivere una sentenza che contiene solo acrobazie".