Si parla molto di guerra. Chi l’ha vissuta sente un brivido freddo passare lungo la schiena

di ANDREA FILLORAMO 

Mala tempora currunt (“si avvicinano tempi bui” o, propriamente, “corrono tempi cattivi”) è un’espressione latina, che viene ad essere usata con il significato letterale di lamentarsi dell’andamento delle cose nei tempi che si stanno vivendo. È citata anche nella forma: Mala tempora currunt sed peiora parantur (“corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori”).  

E’ questa senza dubbio un’espressione che attiene al tristissimo tempo che stiamo vivendo, quando, dopo la pandemia che è stato un avvenimento shock per tutti, si sono aggiunte, negli ultimi due anni, le guerre, prima quella in Ucraina e negli ultimi giorni quella in Palestina, che seminano dolore, angoscia, distruzione, morte e terrore in tutto il mondo.  

Scrive Dacia Maraini: “Si parla molto di guerra. Chi l’ha vissuta sente un brivido freddo passare lungo la schiena. Il mondo intero sembra invaso da voglie di rivincita: si risvegliano come funghi dopo la pioggia rancori sopiti, odii nuovi e aggressività finora apparentemente tenute sotto controllo”. 

Tutti seguiamo, impotenti, con grande apprensione attraverso i vari programmi televisivi, gli avvenimenti che fanno aumentare sempre di più in noi la paura di un conflitto globale. La paura, infatti, aumenta ogni giorno di più, ci toglie il sonno e rischia di diventare  un indicatore di vari disturbi, già – da quel che risulta da carie indagini – accusati da molti particolarmente dai ragazzi. Essi si concretizzano nell’ insonnia, nei  pensieri intrusivi, nell’ irritabilità continua, nella labilità emotiva, nell ’irrequietezza, negli attacchi di panico ricorrenti, negli episodi dissociativi. A volte il malessere sperimentato può essere incluso per qualcuno in una vera e propria diagnosi psichiatrica.  

Monica Barni, Vice Presidente della Regione Toscana, durante la cerimonia al monumento internazionale alle vittime del nazifascismo, disse: “Camminare in questo luogo di sterminio ci deve ricordare che nessuno può tirarsi fuori dalle proprie responsabilità personali. Auschwitz ci richiama al dovere etico della scelta, tra giustizia e ingiustizia, tra la difesa dei diritti umani o la prevaricazione e la violenza, tra la guerra e la pace; nessun essere umano è mai ininfluente o inutile“.  

Ciò che ha detto la Barni nei    confronti di Auschwitz, deve essere detto anche per quello che sta succedendo  in Palestina.  

Ritengo che non sia più il tempo di tifare per l’una o l’atra parte dei belligeranti, in quanto non sono solo gli israeliti e i palestinesi i responsabili di quel che sta succedendo. Siamo pienamente responsabili tutti noi. Inutile, quindi, richiamare e fare appello alle diverse religioni. Esse – diciamolo chiaramente – hanno fomentato l’odio dal quale sono scaturite le guerre. Ciò vale sia  per i cattolici che hanno dato l’avvio alle guerre di religione con le Crociate; sia per gli israeliti che si appellano al principio dell’” occhio per l’occhio e dente per dente”; sia ancora per gli islamici che sono diventati maestri nell’organizzazione e nell’esecuzione di atti terroristici alquanto sanguinosi.’. Ricordiamo che ogni discriminazione fra le culture e ogni contestazione dell’umanità di coloro che, a motivo della loro diversità, si qualificano diversi, presuppone l’antico atteggiamento selvaggio che sopravvive in noi. Afferma Lévi-Strauss:” Le tendenze e gli atteggiamenti etnocentrici sono in qualche misura consustanziali alla nostra specie ed adempiono all’importante funzione storica di salvaguardare le diversità culturali. Risultano, pertanto, inevitabili, spesso fecondi, ma sono in pari tempo gravidi di pericoli quando si esaltano.” Come a dire: bisogna conviverci, ma è necessario tenerli adeguatamente sotto controllo per impedire che travalichino i loro legittimi limiti.  

Nelle odierne società si respira un’opprimente sensazione di incertezza e si vive come assediati dalla paura, tutto appare sfumato e anche le differenze tra normale e anormale, familiare ed estraneo, noi e loro/gli stranieri risultano attenuate. Gli altri sono mal definiti e proteiformi, proprio come l’identità personale degli uomini e delle donne, che ha fondamenti fragili, instabili, volubili. Ogni differenza che separa il noi da loro, non è più qualcosa di dato, ma deve essere costruita e ricostruita, e costruita ancora e ricostruita di nuovo, in entrambe le dimensioni nel medesimo tempo, poiché nessuna può avere una durata o una validità definita maggiore dell’altra. 

 Una cosa, però, bisogna dirla: per giungere alla pace occorre particolarmente provvedere a quanti fuggono dalle guerre combattute con armi diverse, che sono quelle della povertà e della schiavitù, dellosfruttamento e dell’accaparramento delle risorse, armi altrettanto mortali e distruttive che minacciano lasopravvivenza e la capacità di futuro delle popolazioni.  

Dice Papa Francesco: “Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune (….); combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.