Rai allo sbando, ma tutti in fila per rispettare il padrone

E’ da un anno che la Commissione di vigilanza parlamentare della Rai è immobilizzata. Dovendo confermare il presidente eletto a ottobre 2024, la maggioranza (governo) al suo interno fa saltare ogni convocazione perché non c’è un accordo con l’opposizione per raggiungere i due terzi dei voti necessari.

E’ come se un’azienda con dei garanti che devono confermare i rinnovi degli incarichi, dovesse andare avanti per inerzia. Controllo, indirizzo, vigilanza audizioni di vertici aziendali, direzioni editoriali e sindacati. Nulla. La cosiddetta e declamata (dai suoi dipendenti e stimatori) maggiore azienda culturale italiana è in balia di se stessa. Tutte le “maestranze” possibili e immaginabili reclamano – quando capita – lo sblocco, ma nulla accade.

Stiamo parlando del servizio d’informazione e intrattenimento di Stato (cosiddetto servizio pubblico), uno dei pilastri fondamentali del nostro regime di democrazia liberale.

Quanto vivrebbe un’azienda privata – di quelle “comuni” dove se la governance ha dei problemi, sarebbe questa la priorità – in queste condizioni? Poco. Ma la Rai è azienda pubblica e, come tante altre nel panorama dei monopoli italiani, rimane in vita. In questo caso per la sua doppia funzione: informazione di Stato e posti di lavoro (13mila circa – dati 2021 – mentre i dipendenti dei medesimi settori privati sono poco più di 5.500).

Numeri e funzione che diventano secondari quando a decidere è la politica per il proprio prestigio, costi quel che costi… tanto quasi 2 miliardi di introiti da cosiddetto canone sono garantiti dall’obbligatorietà dell’imposta per chiunque possieda un tv collegato al digitale terrestre.

Quando si dice che spesso i politici sono fuori dal mondo reale, forse questo è proprio uno di questi casi.

Mondo reale che, oltre il 50%, oggi diserta le elezioni per la scelta di questi politici.

Mondo reale che, in termini aziendali, sarebbe in crisi profonda e che vedrebbe i lavoratori in sciopero per chiedere chiarezze e certezze ai propri datori di lavoro. Mentre qui… tutti attaccati a poltrone e consolle della propria attività, consapevoli che, con la politica come datore di lavoro, questi sono i meccanismi.

Se pensiamo che tante politiche dicono che non sono possibili per mancanza di fondi, quanto si risparmierebbe con un’azienda come questa in regola col comune senso economico? E, soprattutto, quanto si risparmierebbe se non fosse lo Stato a gestirla, ma questo Stato ricavasse anche soldi dall’affido del servizio pubblico d’informazione al miglior offerente di una gara?

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc