
Allungamento della stagione venatoria anche in piena migrazione, rilancio della cattura degli uccelli per richiamo vivo, caccia nelle aree demaniali, svilimento della scienza e dei pareri di Ispra, aumento del rischio per le persone e molto altro: il disegno di legge sulla caccia presentato ieri al Senato dai partiti di maggioranza è, al tempo stesso, una chiara sconfitta politica del Ministro Francesco Lollobrigida, che nei mesi scorsi aveva pubblicamente rivendicato la titolarità di queste misure, ma anche un brutale attacco alla natura, in violazione della direttiva Uccelli e della Costituzione italiana.
Questa retromarcia è la conferma di una strategia politica che cerca di nascondere la natura profondamente impopolare del provvedimento: si tratta infatti di un’azione grave nei contenuti, espressione di una visione superata, regressiva e minoritaria della natura e degli animali, concepita a uso e consumo esclusivo del mondo venatorio.
Le 46 sigle firmatarie di questo comunicato – rappresentative del mondo ambientalista, animalista, scientifico e del comparto economico sostenibile – avevano formalmente chiesto al Ministro un incontro per confrontarsi su queste tematiche ma non hanno mai ricevuto risposta. Di fronte alla critica fondata e documentata, il Ministro ha scelto di rifugiarsi in accuse infondate, rivelando una preoccupante mancanza di rispetto istituzionale e di volontà di confronto.
Il testo del DDL presentato in parlamento ricalca quasi integralmente la bozza ministeriale già resa pubblica dalle associazioni. Le modifiche apportate sono minime e del tutto insufficienti a mitigare la gravità del provvedimento. Un esempio emblematico è il caso della caccia in spiaggia: viene mantenuta la possibilità di cacciare nelle aree demaniali, escludendo esplicitamente solo il demanio marittimo. Questo significa che, senza la mobilitazione delle associazioni, si sarebbe arrivati persino a permettere i fucili in riva al mare. Una prova evidente di cosa sia capace il mondo venatorio e della disponibilità della politica ad assecondare anche le richieste più estreme.
Il disegno di legge presentato ieri rappresenta un arretramento per tutti, perché:
- impone una visione distorta della caccia, indicandola come strumento di tutela della biodiversità;
- introduce una sanatoria per i trafficanti di uccelli usati come richiami vivi;
- ribalta il principio di prevalenza della protezione della natura, come stabilito dalla Costituzione, dalla normativa europea e dalla giurisprudenza italiana;
- trasforma le aree protette da valore da difendere a “problema” da contenere.
Questa impostazione tradisce anche i principi cardine della retorica politica della maggioranza: gli italiani non sono padroni a casa loro, perché non potranno più godere della natura in libertà e sicurezza. La loro campagna, le aree protette, i boschi e le colline rischiano di diventare terreni di caccia per chiunque, anche per gli stranieri, attratti da un’Italia trasformata in un luna park venatorio dove poter massacrare la fauna selvatica senza rischiare conseguenze.
Le 46 sigle chiedono formalmente di essere ascoltate da tutti i Gruppi parlamentari, e confidano nella sensibilità e nel senso di responsabilità anche delle forze politiche di maggioranza.
Questo disegno di legge non è solo grave ed inaccettabile nei contenuti, ma è anche incompatibile con la volontà della maggioranza degli italiani, che vogliono più tutela per l’ambiente, più sicurezza, a partire da chi può accedere alle loro proprietà, più benessere animale, più rispetto per i beni comuni.