Negli anni ’80 si pensava che solo le donne avrebbero potuto cambiare il mondo. Migliorandolo. Lo hanno cambiato? Sì. Ma non in meglio. Abbiamo anche pensato che in politica avrebbero fatto la differenza. E la differenza l’hanno fatta: si vede, si sente… E purtroppo si paga.
E per capire che differenza sia, basta guardare alle due “dolci pulzelle” che oggi guidano il Paese: una tra carri arcobaleno, l’altra tra cori da stadio. Elena Ethel Schlein, detta Elly, nata a Lugano con doppia cittadinanza svizzera e statunitense, oggi segretaria del PD (capa dell’oppoFinzione), che balla Maracaibo sui carri arcobaleno; l’altra, Giorgia Meloni, romana di nascita, cresciuta alla Garbatella, prima donna a capo del governo italiano, che salta al ritmo di “Chi non salta comunista è”.
Due coreografie opposte: la neoplastica dimostrazione di cosa significhi “fare la differenza” in politica.
Mentre il Paese resta a filo sulla linea di galleggiamento, il Rapporto BES 2024 dell’Istat – che misura il benessere multidimensionale (soggettivo, economico, sociale, ambientale) e le disuguaglianze territoriali tra Mezzogiorno e Nord mostra il ritratto senza filtri di un’Italia che continua a restare sotto la media europea. E sotto quella linea, si sa, non si galleggia: si affonda.
Il rischio di povertà è al 18,9% contro il 16,2% europeo, e la disuguaglianza nel reddito netto al 5,5% contro il 4,7% UE, superando persino Grecia e paesi dell’Est. E la responsabilità è politica.
Il Rapporto Italiani nel Mondo 2025 della Fondazione Migrantes conferma: i giovani 18-34 anni sono il 47,9% in più a emigrare nel 2024 rispetto al 2023. Non si ferma, intanto, la mobilità interna a senso unico dal Sud al Nord: negli ultimi dieci anni, i laureati in partenza sono aumentati del 50%. Su cinque giovani 20-34 anni trasferitisi dal Mezzogiorno al Centro-Nord, due hanno la laurea, due il diploma superiore e meno di uno la licenza media. Qui la meritocrazia diventa un mito: manca un punto di partenza uguale, perché i costi pesano. Corsi privati, master, stage all’estero, specializzazioni? Restano sogni per famiglie normali. Per gli altri, i sogni sono stati rubati.
E la responsabilità è politica.
E mentre l’Italia è distratta da balletti e battaglie ideologiche (estetiche), il governo tedesco ha approvato una legge per tagliare tariffe di rete e imposte sull’elettricità per famiglie e imprese, con sussidi da 6,5 miliardi di euro dal 2026, votati dal Bundestag. Anche questa è responsabilità politica.
Da noi, invece, accise in aumento e aziende nazionali di gas ed energia che incassano utili a otto zeri – sulle spalle di cittadini e PMI – con bonus milionari ai CdA. E la responsabilità è politica.
Qualcuno obietta: “E la Spagna?” Retorica che maschera la disinformazione. L’occupazione è aumentata, sì, ma resta precaria e con salari bassi. La pressione fiscale è più leggera di quella italiana, ma la loro crescita e i bilanci in ordine dipendono dai trasferimenti di fondi da Bruxelles verso Madrid. Da decenni percettore netto di risorse europee – in gran parte provenienti dalle casse italiane – la Spagna è poco più che una “costoletta” della Germania. Non parliamo della Francia, un tempo Paese che pretendeva di dettare l’Agenda, oggi costretto a subirla pesantemente: miracolata da Bruxelles nonostante deficit cronici e una procedura d’infrazione aperta nel 2024 per un disavanzo al 6,2% del PIL. L’UE sgrida l’Italia per ogni infrazione, ma tace sui sussidi che tengono in piedi il tessuto socio-economico altrui.
E la Germania? Ha infranto più e più volte le regole europee: sui bilanci, sugli aiuti economico-finanziari per salvare le proprie aziende e banche, scaricando il costo sui Paesi UE, in primis sull’Italia. Pacchetti da centinaia di miliardi per calmierare energia e sostenere l’industria, deroghe sugli aiuti di Stato, salvataggi bancari coperti da Bruxelles.
Regole piegate, eccezioni concesse e i nostri politici? Muti!
La responsabilità? Politica.
E l’Italia? Non è “penalizzata” dai mercati: è un bersaglio deliberato. Spread, tassi alti, crisi ricorrenti, disparità imposte non sono sfortuna: sono estrazione di valore da un’economia tra le più ricche al mondo per patrimonio privato.
E la politica? Balla! Sulle macerie del Paese. E a dirigere l’orchestra, sulle macerie e sui silenzi lasciati dagli uomini, ci sono proprio le donne.
bilgiu