
I danni collaterali sono quelli che taluni – per ragioni di stato, cultura, ideologia, egoismo, utilitarismo – accettano perché comunque marginali e difficilmente evitabili in prospettiva di un obiettivo/ideale ritenuto superiore.
Oggi si è verificato un danno collaterale in provincia di Cuneo, dove un cacciatore ha ammazzato un suo collega avendolo scambiato con un cinghiale. Per restare in ambito, ci sono quei danni collaterali che sempre i cacciatori hanno il diritto di fare violando le proprietà private per esercitare il proprio sport. Oltre a tutti gli animali, anche di quelli che non vengono immessi in natura per soddisfare il desiderio di uccidere, che rappresentano i trofei (di rado il cibo che – quand’anche – non ne avrebbero bisogno) di queste persone coi fucili.
La nostra umanità è piena di danni collaterali che, in base alle culture di chi li alimenta, possono anche diventare benedizioni.
Per esempio, come ha sempre ricordato un predicatore americano (ammazzato giorni fa da suoi simili) e che post-mortem (prima probabilmente non sapevano neanche chi fosse) è diventato leader di una certa cosiddetta nuova destra italiana; Charlie Kirk che diceva che se una ragazzina veniva violentata e restava in cinta, doveva partorire ché altrimenti l’aborto sarebbe stato peggio (nascita forzata – come forzata era stata la fecondazione – come danno collaterale).
Esempi a iosa. Ogni guerra, che chi la promuove sa benissimo che ci saranno danni collaterali anche e soprattutto in vite umane, è laboratorio e fucina di danni collaterali.
Siano essi i civili (i militari un po’ meno, ché fa parte del rischio preventivato del mestiere) ucraini o russi, o quelli israeliani e palestinesi, yemeniti e sudanesi, del Bangladesh e Myanmar. Incluse le narco-guerre soprattutto nelle Americhe. Senza dimenticare i danni collaterali – non solo umani – dei cambiamenti climatici dove i più evidenti sono quelli del Pacifico del sud, e senza sottovalutare anche quelli in Europa, Italia inclusa.
Qui si inseriscono anche quelle tipologie del pensiero che considerano giuste le guerre e le distruzioni ambientali. Tipologie che – AD 2025 – confondono il passato col presente e il futuro, la giustezza delle guerre con la giustezza delle difese dagli aggressori, gli usi umani della natura per la sopravvivenza coi capricci e il superfluo degli stessi umani.
Insomma siamo un’umanità dove i danni collaterali – intimi, privati, collettivi, pubblici – sembra che facciano parte del Dna, degli individui e dei governi delle comunità. E in base a ragionamenti più o meno utilitaristici – sempre perversi (a nostro avviso) quando il fine giustifica i mezzi – siamo disponibili ad accettarli per abitudine, per aver loro addebitato irrilevanza e/o marginalità, financo necessità.
C’è un apparentemente irrilevante quanto minuscolo manipolo di chi (come noi) se ne rende conto e, soffrendo perché comunque partecipe, lo esternalizza. Manipolo a cui corrispondono quantità indefinite di ingenui, stupidi o complici che, grazie al controllo o all’interesse mediatico (anche qui di ingenui, stupidi o complici), vedono amplificate le loro ragioni. Fino a stravolgere – avendo capovolto il proprio approccio/ragionamento – quanto dicevano il giorno prima.
Ed ecco che le guerre diventano sempre giuste purché fatte per il proprio fine, anche se spesso non si sa quale sia… ma conta che ci sia un “contro” considerato perverso. Gli aborti diventano immondi pur dicendo di sostenere la libertà di scelta delle donne e di lottare contro la violenza sui bambini. I cambi climatici e l’abuso della natura… utili. Propria libertà l’uccidere per sport (caccia), come i gladiatori nelle arene dell’impero romano e i tori nelle arene iberiche.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc