IN SVEZIA NON SOLO FEMMINICIDI MA ANCHE PIU’ STUPRI SULLE DONNE

Il professore Luca Ricolfi in un editoriale su Il Messaggero dei giorni scorsi, ha ricordato che nei Paesi nordici, dove tutti i diritti sono da tempo leggi dello Stato, c’è il maggior numero di “femminicidi” d’Europa. A supporto della sua tesi ha fornito qualche statistica, probabilmente per rispondere a chi in questi giorni sull’onda emotiva del delitto della povera Giulia, si schiera contro chi favorisce la violenza sulle donne, cioè il patriarcato. Il professore uscendo fuori dal coro, si pone delle domande, quello che non hanno fatto i politici italiani e la stragrande maggioranza dei commentatori.

Naturalmente nessuno può sostenere che la Svezia sia un Paese dominato dalla cultura del patriarcato, “allora forse varrebbe la pena di interrogarsi se non sia stata proprio questa “cultura dei diritti” a fallire. La fluidità sessuale, l’abolizione del senso del limite, il rifiuto di ogni norma morale non hanno reso migliore la società, ma è difficile sostenerlo nel clima esasperato di oggi”.

Ma la Svezia non è il Paese con il più alto tasso di femminicidi, pare che sia anche il Paese con quello più alto di stupri. Lo sostiene la rivista online di geopolitica internazionale, Gatestone. Institute International Policy Council”. (Ingrid Carlqvist e Lars Hedegaard, È la Svezia la capitale occidentale degli stupri, 14.2.2015)

Tutto è cominciato quando “Quarant’anni dopo che il parlamento svedese ha deciso all’unanimità di trasformare la Svezia – che un tempo era omogenea dal punto di vista etnico – in un paese multiculturale, i crimini violenti sono aumentati del 300 per cento e gli stupri del 1472 per cento. La Svezia si colloca ora al secondo posto tra i paesi con il maggior numero di violenze sessuali al mondo, superata solo dal Lesotho nell’Africa del Sud”. Non a caso, il rapporto non accenna alle origini degli stupratori. Occorre, però, tener presente che nelle statistiche gli immigrati di seconda generazione sono considerati svedesi.

La rivista pubblica una tabella però che si riferisce al 2012. Inoltre rileva che “Anziché risolvere il problema della violenza e degli abusi sessuali, i politici svedesi, le autorità pubbliche e i media fanno del loro meglio per motivare i fatti. Ecco alcune delle loro giustificazioni: Le svedesi sono più inclini a denunciare i reati. La legge è stata modificata in modo tale che gli abusi sessuali siano ora classificati come stupri. Gli uomini svedesi non riescono a gestire una maggiore uguaglianza tra i sessi e reagiscono con violenza contro le donne (forse è la scusa più fantasiosa). Infine,  “secondo un vecchio mito femminista, il luogo più pericoloso per una donna è la propria casa – dal momento che la maggior parte degli stupri è commesso da qualcuno che la donna conosce”. Questa asserzione è stata smentita da un rapporto statale.

Tuttavia nello studio di Gatestone, anche se di qualche anno fa, si può dedurre

dai dati statistici disponibili, che c’è una corrispondenza tra l’incidenza degli stupri e il numero di persone di origine straniere presenti in Svezia. C’è una corrispondenza tra l’incidenza degli stupri e qualche specifico gruppo di immigrati presente in Svezia.

Ventuno rapporti di ricerca stilati dagli anni Sessanta fino ad oggi giungono a una conclusione unanime: “che siano o meno calcolati in base al numero degli stupratori condannati o dei sospetti violentatori, gli uomini di origini straniere sono ben rappresentati molto più degli svedesi. E questa maggiore rappresentanza di persone di origini straniere continua ad aumentare”. Lo studio poi si sofferma sulle varie tipologie di immigrati negli ultimi 10 o 15 anni. Provengono principalmente da paesi musulmani come l’Iraq, la Siria e la Somalia. L’esplosione delle violenze sessuali potrebbe essere dovuta a questo massiccio afflusso migratorio? È difficile dare una risposta precisa, perché la legge svedese vieta la registrazione in base alla religione e alle origini. Una possibile spiegazione è che, in media, “chi proviene dal Medio Oriente ha una visione molto diversa delle donne e del sesso rispetto a quella degli scandinavi. E nonostante i tentativi dell’establishment svedese di convincere la popolazione che chiunque metta piede sul suolo svedese diventa esattamente identico a chi vive lì da decine di generazioni, i fatti mostrano una direzione del tutto differente”.

A questo proposito lo studio di Gatestone cita Michael Hess, un politico locale del Partito dei Democratici svedesi, ha incoraggiato i giornalisti a conoscere la concezione della donna nell’Islam, in relazione ai numerosi stupri commessi a piazza Tahrir, al Cairo, durante la “Primavera araba”. Hess ha scritto: “Quando, voi giornalisti capirete che nella cultura islamica è profondamente radicata l’idea di violentare e brutalizzare le donne che si rifiutano di osservare gli insegnamenti islamici. Esiste un forte legame tra gli stupri commessi in Svezia e il numero di immigrati provenienti dai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa”.

A causa di questa osservazione Michael Hess è stato accusato di “denigrazione dei gruppi etnici” (hets mot folkgrupp), che in Svezia è considerata un reato. A maggio dello scorso anno, egli è stato condannato con pena sospesa e al pagamento di un’ammenda – la sospensione condizionale gli è stata concessa perché era senza precedenti penali. Ma Hess ha fatto ricorso in appello.

Michael Hess ha vissuto per molti anni nei paesi musulmani e conosce bene l’Islam e la sua concezione della donna. Durante il processo, egli ha fornito le prove di come la sharia – la legge islamica – consideri lo stupro e i dati statistici che mostrano come i musulmani siano ampiamente sovra-rappresentati tra gli autori delle violenze sessuali in Svezia. Tuttavia, il giudice ha deciso che i fatti fossero irrilevanti. Infatti secondo la rivista le autorità svedesi cercano di negare il nesso tra stupri e immigrazione.

Comunque sia il professore Ricolfi è autore di un altro studio che riprendo dalla “Fondazionehume.it”, (Il primato del Nord/Cosa dicono i numeri sulla violenza di genere, 1.9.2023) Ricolfi fa delle interessanti considerazioni partendo dai recenti stupri di Palermo e Caivano. Intanto il professore torinese sostiene ad esempio che gli stupri in Italia, anche se odiosi, si tratti di poche decine di casi l’anno. Ricolfi, non accetta, che la matrice siano le condizioni sociali e culturali, particolarmente problematiche nel Mezzogiorno. O che l’Italia sia una realtà particolarmente arretrata, ben lontana dagli standard di civiltà di tante altre società avanzate”.
Ebbene, nessuna di queste letture, spesso stimolate dagli episodi di cronaca, regge a un’analisi dei dati (pur imperfetti e frammentari) di cui oggi disponiamo. Intanto, gli stupri si concentrano, contrariamente a una credenza piuttosto diffusa, la frequenza è maggiore nelle regioni del Centro-nord rispetto a quelle del Sud.

Secondo i dati più recenti del ministero dell’Interno, relativi al 2021, il record negativo delle violenze sessuali è detenuto dalla “civilissima” Emilia-Romagna, mentre la regione meno toccata è “l’arretrata” Calabria. Né si pensi che questa (presunta) anomalia sia una particolarità italiana. Se allarghiamo l’orizzonte, e passiamo a considerare i Paesi dell’Unione Europea, o l’insieme ancor più ampio dei Paesi Oecd, troviamo la stessa regolarità già osservata confrontando le regioni italiane.

Sulla base dei pochi dati disponibili, pare che i tassi di violenza sulle donne più alti si riscontrino nei Paesi (considerati) più sviluppati, come Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Olanda, con punte inquietanti negli ultra-moderni, ultra-civili Stati del Nord: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca (per non parlare di quel che accade fra i super-privilegiati e sovra-istruiti studenti dei college americani e britannici, dove alcune inchieste indicano che le studentesse vittime di violenza sessuale sarebbero una su 5).

Mentre i tassi più bassi si riscontrano in Paesi mediterranei come Grecia, Spagna, Portogallo, Italia. In tutte le statistiche il nostro Paese si trova sempre nella fascia dei Paesi meno esposti alla violenza di genere. Ricolfi risponde alle possibile obiezioni: il tasso degli stupri nel Nord Europa è più alto perchè le denunce delle donne sono maggiori, mentre in Italia una piccola frazione. E’ un argomento valido fino ad un certo punto, “non basta a spiegare i fatti. Le differenze nei tassi di violenza fra un Paese come l’Italia e uno come la Svezia sono troppo ampie per attribuirle interamente a differenze nei tassi di denuncia, anche perché vari studi condotti nei Paesi nordici indicano, anche lì come nel nostro Paese, tassi di denuncia molto bassi, dell’ordine di un caso su 10 (se non peggio)”.

Ricolfi lapidariamente conclude: dove c’è benessere e parità di genere, maggiore è il tasso di violenza sulle donne.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com