L’abitudine all’illegalità è la peggiore delle abitudini. Ai suoi estremi limiti, in soggetti particolari, porta anche a rivendicare la legittimità a quanto, non ottenuto pur essendo originato da illegalità, si rivendica come diritto.
Abitudine che è fonte di tutti i malesseri sociali, politici, civici e umani. Se poi gli habitué di questa illegalità hanno un qualche potere, si aggiunge quella che solo in pochi possiamo riconoscere come arroganza. Potere che nasce e si esplicita sia in modo privato che istituzionale. Quest’ultimo è il più pericoloso, essendosi trasformato in legittimità.
Nel mondo .- settore potere – tra i più rilevanti soggetti istituzionali primeggiamo il presidente della Russia Vladimir Putin e quello Usa Donald Trump. Che, proprio per la loro autorevolezza, conferiscono legittimità anche ai soggetti minori, financo singoli individui che rappresentano se stessi.
La conseguenza, istituzionale e individuale, è che tutto viene legittimato, anche quanto di apparentemente più assurdo.
Dovremmo preoccuparci, soprattutto, quando questa abitudine comincia ad entrare nel nostro quotidiano, civico e individuale. Quest’ultimo più preoccupante: al possibile opportunismo dell’abitudine civica, se diventa consueta l’abitudine individuale, è possibile che si sia stati presi “dalle viscere”. Dove prevale l’egoismo individuale, assurto a legittimo, anche in disprezzo di altre individualità.
Questo accade nel nostro Pianeta. Italia in particolare, anche perché abbiamo una “tradizione” di inaffidabilità che ci distingue, quasi quanto la tradizione araba (generica). Ill consumatore e cittadino, magari abitualmente eticamente motivato nel proprio quotidiano, difficilmente non ne viene coinvolto, per proprio comportamento quanto accettazione dell’altrui illegalità. In termini visivi popolari, basti ricordare che sono frequenti cartelli tipo “vietato assolutamente fumare”… perché “assolutamente”? Non basta il divieto? Cultura da cui dipende un’attività legislativa che tende a normare e vietare tutto il possibile ed immaginabile, raramente affidando le decisioni di fare e non fare al buon senso di civiltà degli individui.
Averlo ricordato non comporta necessariamente il suo superamento. Anzi. Qualcuno potrebbe sentirsi più motivato a non porsi la liceità del proprio comportamento. “Così fan tutti”, oppure “oh, che devo fa’, gli italiani son così…”. Non solo, ma sovente capita che – genitori che educano figli alle avversità della vita – si preferisca istruire su come comportarsi in questi contesti di illegalità senza propri danni, piuttosto che agire per un bene comune che sostituisca legalità a illegalità.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc
