Il Coni, le federazioni e i cattivi compagni di viaggio

Volantino_STAMPA

Cosa pensare del Coni, del mondo dello sport italiano, delle lobby delle federazioni, dopo le dichiarazioni del generale Enrico Cataldi?

 

I problemi che affliggono lo sport, verrebbe da dire da sempre, sono noti: dispersione di energie, formazione degli istruttori, carenza di risorse. Sappiamo anche che la sfida più grande è quella di coinvolgere i tesserati, di appassionarli, di convincerli che, sui banchi e in palestra, stanno impostando la loro vita e il loro lavoro, quindi il loro futuro.

Il tema, non certo inedito, si è fatto più urgente, se non drammatico, con la polemica venuta fuori, all’indomani delle dichiarazioni del generale Cataldi, che si dimette dalla carica di procuratore generale dopo che tre anni fa fu scelto dallo stesso Giovanni Malagò. Come uscirne?

Anzitutto non possiamo pensare che basti analizzare le statistiche sulla valenza dei processi e delle stesse indagini federali o interpretare i risultati delle verifiche per capire i problemi e tentare di identificare le vie d’uscita. Con quale atteggiamento dobbiamo allora affrontare la questione?

Il primo passo da compiere è quello di capire che la crisi dello sport, delle federazioni, del Coni per sintetizzarne il concetto, non è un fenomeno isolato, ma fa parte di una più vasta crisi, di natura etica, che investe la società, la famiglia, le istituzioni. Acquisita tale consapevolezza dovremmo forse finalmente dare la parola agli addetti ai lavori, sentire dalla loro voce che cosa non va nei programmi, nei metodi di giustizia sportiva, nell’organizzazione delle regole e dei tempi della vita sportiva.

Non basta ancora. Se vogliamo davvero fare in modo che lo sport, il Coni sia la casa di tutti, che sia in grado di coinvolgere tutti, dobbiamo prestare particolare attenzione a chi in essa non è finora riuscito a trovare nulla di interessante, a chi si sente escluso, a chi non sa come mettersi in dialogo con i vertici, con le federazioni, perché lo sport è una cosa, farsi gli affari propri, un’altra.

Non c’è dubbio che il Coni ha fallito in tante cose, e il caso Cataldi ne è una prova evidente, dobbiamo interrogarci e non fare spallucce, per comprendere dove abbiamo sbagliato e intraprendere nuove strade. Frequentando le palestre, e occupandomi di politica vedo che certa gente, continua a seguire la filosofia del gruppetto, del tavolo degli amici, della raccomandazione a discapito delle regole, dell’etica, della decenza, nonostante la caduta di tante barriere: viviamo di comunicazione, di esempi, di parole.

Allora mi dico, possibile che lo sport sia rimasto così indietro? No che non è possibile, perciò dobbiamo inviare segnali precisi. Adesso tocca al presidente Malagò fare chiarezza, una volta per tutte. Lo sport ha un immenso valore pedagogico: lo usi alleandosi con chi vuole i ragazzi, le famiglie, la scuola, al centro del progetto.