Federico Basile, i meravigliosi giochi di parole non servono ai messinesi

Caro Federico Basile, far del bene a tutte le persone e non solo ai soliti noti. E’ tutto qui il programma di un sindaco, non c’è bisogno d’altro.

Il senso civico e l’educazione civica non sono mai da sottovalutare, perché sovrintendono alle regole scritte, vocali e di comportamento della nostra quotidianità, consentendoci di vivere meglio in tutto quello che condividiamo con gli altri (la cosiddetta comunità), e non solo.

Potrei dire che Messina è uno stagno in cui non vi è alcun alito di vento che agiti le acque, tutto deve restare fermo, nessuno si è visto da nessuna parte per affrontare i motivi e cercare di superare questa realtà.

Sindaco, ti faccio un piccolo esempio: la scuola. La scuola è un luogo chiave nell’infanzia di ogni bambino: è qui che i talenti e le relazioni vengono sviluppati, è qui che sono gettate le basi del loro futuro. Oggi continuiamo a trovarci di fronte a una scuola che, a volte, alimenta le disparità: raccontare il sistema scolastico, il modo in cui esso riesca o non riesca a superarle, significa affrescare la condizione dell’infanzia in Italia. Dovresti lottare affinché sia riconosciuto il diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto sociale e economico in cui vivono. Bisogna percorrere i corridoi, entrare nelle aule, dare voce a pedagogisti, docenti e studenti, facendo tesoro del buono e individuando cosa è migliorabile. Ogni bambino deve accedere alle stesse opportunità, ha il diritto di essere protagonista e di essere ascoltato.

Viviamo, oramai, in un mondo di sogni a comando, ma divenuti realtà, per i più. Tanto che chi non li sogna si sente ora irreale, come se la vita fosse evoluta a visita d’un enorme manicomio all’aperto.
Un’informazione addomesticata può aiutare chi vuole saccheggiare Messina: dentro e fuori i Palazzi! Dovremmo comprare una bomboletta e scriverlo sui muri. Magari ci arresterebbero pure!
Com’è difficile… credere nelle lotte. Ecco la soluzione: scrivere dove per lavorare non serve una “marketta”. Federico Basile, io non sono matto e magari col tempo si diventa, però penso che sia sbagliato chiudere i sogni nel cassetto. Come vivere senza?