
La nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è congratulata con gli organizzatori del Meeting di Rimini per aver scelto una frase di Thomas Stearns Eliot come presentazione della grande assise culturale. Eliot insieme a Edmund Burke vengono rilanciati dal libro del filosofo inglese Roger Scruton, recentemente scomparso. Il titolo “Manifesto dei Conservatori”, (Cortina, pp.248; e. 22,00) prefato da Giuliano Ferrara.
La ragione di questo libro viene raccontata da Marco Respinti sul Domenicale del 25.5.2007, n.2. “Mentre tutto crolla, o ci si accoda alla fila di chi mesto cammina verso il baratro, qualcuno cerca di reagire”, così il giornalista esordisce nel suo intervento. Che il nostro mondo sia avviato verso il disastro non è certo una notizia. Il filosofo inglese porta una abbondante documentazione. A cominciare dalla crisi della morale tradizionale, la perdita del concetto naturale di famiglia fondata sul matrimonio, una società che non è più a misura d’uomo, l’avvento dello scientismo, il non corretto uso della ragione. La fine della politica che non rispetta le identità nazionali, il sentimentalismo con cui oggi si affrontano questioni decisive quali il rapporto uomo/natura. Tuttavia, in qualche maniera si può evitare il disastro a cui sembra avviarsi il nostro mondo. Per Scruton il migliore antidoto è la conservazione. “Non la conservazione gelosa di un passato che ha fatto il proprio tempo e che per forza di cose non può tornare, ma la conservazione nobile di ciò che è più nobile vi è nell’uomo”. Vale a dire un senso comune, per quanto minimo, “che rende ancora possibile riconoscersi in un linguaggio fungibile”.
Infatti, per Scruton il senso comune, non è la communis opinio nel senso della somma dei vari “secondo me”. E’ invece, “l’intuizione fondamentale dell’essere in tutti i suoi gradi di analogia, l’esperienza elementare di sé e del mondo che coincide con la percezione del reale esistente come primo e originario atto conoscitivo dell’essere umano”. Secondo Scruton il maestro efficace del conservatore di oggi, rimane sempre Eliot. “Senza Eliot – scrive Scruton – la filosofia del conservatorismo avrebbe perso qualunque forma di solidità durante il secolo scorso”. L’efficacia del poeta Eliot è stata quella di lavorare costantemente con la tradizione”. A questo punto Scruton cita il celebre testo, il saggio “Tradizione e talento individuale” del 1919, in cui Eliot asserisce lapidario che “l’unica vera originalità consiste nel riconoscersi figli e partecipi di una tradizione, che pure ad ogni istante che passa l’artista – l’uomo che fa – rivive, rinnova, riattua”. Del resto i versi di Eliot ci riportano alla convinzione, che poi è il nucleo del conservatorismo moderno, alla credenza nel contratto a’ la Burke tra i vivi, i defunti e chi non è ancora nato. Del resto, Burke amava affermare “solo chi ascolta la voce di chi non c’è più è in grado di proteggere chi non è ancora venuto al mondo”. Il messaggio conservatore di Eliot per Scruton è quello che va oltre la politica, diventa un messaggio di spessore liturgico e di autorità, che deve essere recepito se si vuole che una politica partecipe e moderata rimanga una possibilità.
Il conservatorismo è esso stesso modernismo, qui sta il segreto del suo successo. Scruton, facendo riferimento ancora a Burke, il padre del conservatorismo, scrive: “Ciò che distingue Burke dai rivoluzionari francesi non è il suo attaccamento alle cose del passato, ma il suo desiderio di vivere pienamente il presente, capendolo in tutte le sue imperfezioni e accettandolo come l’unica realtà che ci viene offerta”. E prosegue: “Come Burke, Eliot ha colto la distinzione tra una nostalgia volta al passato – che non è altro che un’altra forma di sentimentalità moderna – e una tradizione genuina che ci dà il coraggio e l’ottica giusta con i quali vivere nel mondo moderno”. Insomma, il Conservatorismo è a cultura più consona alla realtà delle cose, al mondo in cui siamo, perché permette ancora il senso comune. Tutto il contrario di una fuga all’indietro. Scruton con questo Manifesto, ma con tutta la sua produzione filosofica, letteraria, indica un itinerario fondamentale che va da Edmund Burke e che porta a Eliot, cioè si va dal primo critico della Rivoluzione francese al suo interprete cogente.
Peraltro, secondo Respinti è il percorso del padre della rinascita del conservatorismo americano del XX° secolo, Russel Kirk. Non a caso Scruton definisce il pensatore americano “il più poderoso rappresentante moderno” di Burke, “il suo discepolo americano più originale”. In chiusura di questa scheda sintetica sul conservatorismo inglese, segnalo per i lettori che è stato pubblicato proprio in questi giorni un pamphlet, “Vademecum del Conservatore Italiano” di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti, edito da Giubilei Regnani (pp: 200, e. 14) certamente un’opera che porterà un grosso contributo alla causa del conservatorismo politico in Italia.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com