Vivicittà Porte Aperte: successo per il ritorno dell’iniziativa a Rebibbia

Dopo quattro anni di assenza, le mura della casa circondariale di Rebibbia femminile si sono tinte dei colori di Vivicittà…

Sorrisi, entusiasmo e partecipazione sono stati i principali protagonisti del ritorno di uno degli appuntamenti più significativi della stagione sportiva della Uisp. Giovedì 16 novembre, presso la casa circondariale di Rebibbia femminile, è tornato Vivicittà-Porte Aperte, manifestazione Uisp Roma che si tiene all’interno del carcere e che coinvolge detenuti e detenute in gare di corsa insieme a podisti e podiste delle società romane affiliate al comitato di Roma.

Sono state quasi 50 le detenute che, insieme a 10 podisti esterni, hanno preso parte all’evento, percorrendo per due volte il percorso predisposto dall’Uisp. Chiara, detenuta a Rebibbia, ha spiegato la sensazione di libertà: “Essendo sempre chiuse, questa corsa è un momento di libertà dove ti puoi sfogare. È stata una gran fatica ma ho provato una grande gioia all’arrivo al traguardo”.

Le fa eco Federica che sottolinea l’importanza dell’attività sportiva in carcere: “La corsa è stata una cosa bella, una giornata di festa. L’attività sportiva che svolgiamo a Rebibbia ci aiuta, in quel momento, a non pensare a tutte le cose brutte che ci circondano”.

Un ritorno atteso e desiderato, sia dalle detenute che dallo staff Uisp, felice di tornare ad organizzare Vivicittà in carcere. “Siamo tornati dopo quattro anni di assenza – sottolinea Ilaria Nobili, responsabile delle attività negli istituti di pena per l’Uisp Roma – abbiamo avuto nuovamente quest’opportunità grazie alla direzione e agli agenti di Polizia penitenziaria. È stata una giornata meravigliosa, commovente. Ho il privilegio di insegnare danza alle donne di Rebibbia femminile e quasi tutte le ragazze del gruppo erano presenti alla corsa. Durante l’evento sapevo perfettamente cosa stessero provando, il significato per loro di queste giornate così diverse. Qui dentro è tutto sempre uguale, ogni giorno si ripetono le stesse cose e gli stessi movimenti. Per una volta i gesti  sono stati diversi, il corpo ha potuto muoversi in maniera differente. Abbiamo avuto una grande partecipazione di donne e ragazze che hanno corso più di un 1 chilometro e mezzo, qualcuna con più fatica, qualcun’altra con più facilità. Hanno tutte abbracciato e sposato la causa, la motivazione per cui siamo qui: questa voglia di movimento, anche in luoghi di apparente immobilità, è fondamentale”.

Una corsa durata 20 minuti fatta di fatica, soddisfazione e voglia di tagliare il traguardo. Tante sono state le emozioni provate dalle detenute nella mattinata. C’è chi dopo i primi 100 metri ha trasformato la corsa in una camminata veloce, chi ha portato la foto del marito con sé fino alla fine, chi scherzava e rideva perché era in difficoltà dopo pochi minuti, chi invece ha iniziato a chiacchierare e confrontarsi con i podisti arrivati da varie parti di Roma. L’obiettivo centrale però è stato unico per tutte: arrivare alla fine con un ultimo sprint sviluppato da un’indomita forza di volontà. Il podista Loris, della società romana Runner Trainer, ha commentato così la giornata: “Per noi è stata un’opportunità: entrare in un instituto penitenziario e fare attività con le detenute è un modo di ricucire uno strappo che si crea tra la comunità esterna e la comunità detentiva nel momento in cui le donne entrano nel penitenziario per scontare un reato. Stare insieme e fare un’attività è certamente emozionante”.

Concluso il percorso, è iniziata la danza, un momento collettivo che ha unito tutti i partecipanti al ritmo della musica in un momento di festa e di condivisione. Qui nascono storie straordinarie di amicizia, collaborazione fra gli operatori, sensibilizzazione e partecipazione da parte delle comunità che vivono nei quartieri degli istituti di pena.

Il messaggio principale, che è nuovamente passato attraverso Vivicittà, è l’importanza della pratica sportiva all’interno delle carceri, che rianima il corpo e il movimento dei detenuti e delle detenute e aiuta l’inclusione e il ritorno nella società civile.

 

Sergio Pannocchia