USA: SERVE UN LEADER PER CONTRASTARE IL MONOCOLORE DELLA “CULTURA DI MORTE”

Certamente ognuno di noi può avere ed esprimere un’opinione sugli avvenimenti politici che accadono ogni giorno. Diventa però difficile capire, discernere soprattutto quando gli avvenimenti si riferiscono a Paesi lontani e in particolare quando occorre filtrare quasi tutto quello che offrono i mass media. Pertanto questo vale per i recenti fatti accaduti a Washington dopo il discorso dell’ancora presidente in carica Donald Trump. Allora capire, però senza diventare tifosi e soprattutto senza farci assorbire dal politicamente corretto. Anche perché Trump non è san Luigi di Francia e nemmeno Carlo I d’Austria.

Chi mi conosce sa che spesso per affrontare certi temi delicati, ricorro a opinionisti che utilizzano, fonti precise e ben documentate. Per i fatti americani mi aiuta Marco Respinti, giornalista, professionista, direttore di International Family News (IFN), da decenni un vero esperto di politica americana, con un curriculum abbastanza vasto.

Anche Respinti evidenzia l’analogia tra quello che è successo quattro anni fa, nel 2016, quando fu eletto Trump e ora per l’elezione di Biden. Anche nel 2016, si parlò di elezioni rubate, la Clinton, non ha accettato l’esito delle urne. Ci furono incidenti, manifestazioni, ma allora non si arrivò ad occupare il Campidoglio. «Con le stesse frange estremiste, con le stesse violenze, con i morti, con la democrazia vulnerata. Tutto uguale. Tranne i commenti che da ore e ore si rincorrono identici».

Tuttavia occorre chiarire quello che è accaduto il 6 gennaio e per farlo non basta «la tempesta di opinioni e di “secondo me”, non solo non giova, ma ostacola la comprensione dei fatti». Tuttavia un elemento per chiarire lo ha portato la dichiarazione di Trump in persona del 7 gennaio, sarebbe una buona cosa leggerlo e farlo visionare a tutti, invece di affidarsi agli “esperti”.

«Il presidente uscente prende infatti nettamente le distanze dai dimostranti violenti, condanna la violenza usata al Campidoglio, invoca la giustizia per punire chi si è macchiato di reati, dice che la posizione politica non c’entra con gli assalitori del Congresso, riconosce l’esito del conteggio (avvenuto all’Epifania, dopo l’assalto) dei voti espressi il 14 dicembre dal Collegio Elettorale, e riconosce la vittoria di Joe Biden e di Kamala Harris. Non ci sono più scuse, cioè.

Al contempo non retrocede di un passo nel chiedere la riforma della macchina elettorale americana e nella volontà di opporsi politicamente al nuovo corso di Washington. Un discorso da statista, insomma, se i giornaloni e i benpensanti non m’impallineranno per avere osato adoperare questa parola». (Marco Respinti, USA, monocolore della «cultura di morte. Il «che fare» per i princìpi non negoziabili», 9.1.21, Ifamnews.com/it).

Pertanto Respinti auspica la partecipazione di Trump alla cerimonia di insediamento di Biden il 20 gennaio prossimo. «Trump dovrà cioè essere lì, al Campidoglio dopo che il Campidoglio è stato violato, per sanare la ferita. Dovrà incarnare fisicamente quella riconciliazione nazionale cui ha fatto appello nel messaggio videoregistrato del 7 gennaio».

Poi per quanto riguarda la politica americana, dal 21 gennaio in poi, la coppia Biden-Harris con il loro monocolore della “cultura di morte”, prende il via e non avrà più freni politici. Inoltre ci saranno le varie Lobby organizzate, e i poteri forti, «che  esistono, e fanno, com’è logico, il proprio mestiere. Brigano, forcano, propagandano, finanziano e il risultato è l’estensione dell’aborto nel mondo, la capillarizzazione dell’ideologia gender e «Amen and Awomen» di questo passo».

Con questo monocolore, passerà tutto, ogni nomina, ogni legge. «L’unico baluardo resta la Corte Suprema federale, ma da tempo Biden e soci stanno pensando a stratagemmi che cloroformizzino la maggioranza conservatrice che ora la guida, per esempio aumentando il numero dei giudici di quell’assise augusta, ora nove, in misura tale da permettere all’attuale monocolore della «cultura di morte» di controllare anche il massimo tribunale del Paese».

Tuttavia non bisogna arrendersi. «Dal 21 gennaio bisognerà infatti riorganizzare l’opposizione. Dentro e fuori il Congresso, sui media e nei centri nevralgici della cultura, per le strade sudicie e nelle sale da ricevimento. Senza violenza, ma con molta determinazione. Senza assurdità, ma con molta fierezza. Ci sono 74 milioni di elettori americani che hanno scelto Trump. Scrive Respinti. Non solo ma ce ne sono tanti altri, che pur non avendo votato Trump, «si riconoscono nei princìpi che il Trump da loro non amato ha difeso. C’è insomma una maggioranza di popolo che attende un futuro. E un leader, come sempre».

Nessuno conosce il futuro politico dell’America conservatrice, neppure Trump, tuttavia serve un leader e al più presto. Bisogna prepararlo, allenarlo alle nuove battaglie. «Nel frattempo bisogna fare quadrato sulle molte cose buone fatte dall’Amministrazione Trump quanto ai princìpi non negoziabili e su dossier più negoziabili ma non meno importanti».

La Sinistra da quella politica a quella mediatica ora cerca di schiacciare i 74 milioni di americani che hanno votato Trump. Riducendo tutti i votanti per Trump a quell’immagine dell’impudente energumeno, che a torso nudo e corna di bisonte, assale il Congresso di Washington come fosse la Bastiglia di Parigi.

Non sono quelli i conservatori, i sostenitori dell’ex presidente Trump. Lo ha scritto chiaramente Brian S. Brown, fondatore ed editore di International Family News.

Quei teppisti che hanno assalito il Congresso, dovranno severamente essere puniti.

«Questi autentici estremisti né rappresentano né riflettono in alcun modo le convinzioni degli attivisti conservatori che difendono il diritto alla vita, la famiglia e la libertà». (Brian S. Brown, “L’assalto al Campidoglio e l’ipocrisia liberal. I veri conservatori sono tutt’altra cosa, ovunque”, 11.1.21, Ifamnews.com/it)

Adesso “che fare”. Respinti ricorda che il prossimo 8 novembre 2022 i cittadini americani sono chiamati a votare, a rinnovare un terzo del Senato e l’intera Camera dei deputati. Non è una data lontana, quindi bisognerà essere pronti.

«Dall’inizio del 2022, o persino dalla fine dell’anno in corso, comincerà la campagna elettorale vera. Il monocolore della «cultura di morte» potrebbe insomma già avere i minuti contati, e i primi a saperlo sono proprio i suoi leader. Affinché quel condizionale diventi un indicativo assertivo l’opposizione conservatrice dovrà agire intelligentemente senza perdere nemmeno una occasione. Per esempio non dividendosi. C’è anche spazio e tempo per ricucire gli strappi consumatisi nelle ultime ore sotto la spinta di quella che, giustamente, nel videomessaggio del 7 gennaio, Trump definisce «emotività». Per questo stesso motivo il monocolore della «cultura di morte» sa che deve fare presto. Le condizioni a essa favorevoli potrebbero durare non molto. Lo scontro sarà per mesi durissimo. È qui che servono capi. In fretta».

Domenico Bonvegna