UN EPISTOLARIO PER IL BEATO FAA DI BRUNO

Alla fine dell’anno scorso è stato pubblicato l’”Epistolario” del Beato torinese in 2 Voll. A cura della postulatrice del beato suor Carla Gallinaro. Si tratta di ben 1319 pagine. I due volumi sono stati editi dal Centro Studi Piemontesi, da Le Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio e dal Centro Studi “Francesco Faa di Bruno”. La voluminosa opera è stata donata e presentata a S.S. Papa Francesco da suor Carla.

 

L’Epistolario è uno strumento fondamentale per inquadrare un personaggio, un uomo, proprio perchè dall’immediatezza delle lettere «si coglie il carattere dell’uomo e risultano evidenti le condizioni sociali e politiche in cui ebbe a vivere ed a operare».

Al tempo del beato Faa di Bruno non si poteva che comunicare solo con le lettere, «se fosse vissuto oggi certo avrebbe approfittato della facile comunicazione dei social; in effetti la sua mente era molto più avanti dei tempi in cui gli toccò vivere». Del resto le sue opere di carità come i fornelli economici, i bagni pubblici, dimostrano come avesse individuato già allora sia nella giusta alimentazione che nella pulizia personale, i due pilastri fondamentali per la salute e per il benessere umano.

Pertanto l’Epistolario si conosce molto meglio questa straordinaria figura che ha avuto poca considerazione durante la sua vita, nonostante i suoi meriti. I due volumi sono presentati ai lettori da una lettera dell’Arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, che ritiene uno strumento prezioso per la conoscenza della spiritualità, dell’opera e del pensiero del beato Faa di Bruno. «Attraverso il suo Epistolario, è infatti possibile ricostruirne le vicende interiori, le gioie e le preoccupazioni come egli si affidò al Signore e come diede espressione alle iniziative, che il suo cuore di pastore gli suggeriscono». L’arcivescovo descrive il beato come una «personalità grande, ma amante del nascondimento, si distinse sotto molti profili: per intelligenza, applicandosi in molti campi della scienza; per carità, aprendo il proprio cuore e il proprio agire ai più bisognosi; per spiritualità e lungimiranza […],vivendo la propria devozione all’Eucarestia e alla Madonna e la pietà per le anime del Purgatorio, in particolare per quelle dei caduti in guerra».

Altra lettera di presentazione dell’Epistolario è affidata a Madre Chiara Busin, Superiora Generale. «Le lettere, si sa,servono per comunicare, per dare notizie, per chiedere qualcosa…Ma soprattutto mettono in luce la persona e la sua personalità, i suoi desideri e i suoi obiettivi. Questo epistolario, perciò, ci permette e ci dà l’occasione di far conoscere la ‘statura’ di un santo sociale che all’età di venticinque anni, dopo aver visto e provato gli orrori della guerra, folgorato poi dalla grazia, lascia ala carriera militare, va a Parigi per perfezionare gli studi e lì incontra Federico Ozanam, fondatore della Società San Vincenzo de Paoli, che lo apre al mondo sociale, soprattutto quello femminile».

Rosanna Roccia del Centro Studi Piemontesi mette in evidenza la sensibilità del Centro attento sempre alla memoria storica come si può evincere da tante altre pubblicazioni come il monumentale Epistolario di Massimo D’Azeglio a cura di Georges Virlogeux, o quella dell’epistolario del beato Sebattiano Valfrè (2017). «In tutti gli epistolari c’è un’atmosfera personale e unica, una voce da cogliere, una momentanea poesia del vivere: in questo, del beato Faa di bruno, c’è la voce del soldato, dello scienziato,del benefattore, la voce di un uomo che aspira alla santità».

Vittorio Messori (Riflessioni [e conferenze] di un devoto).

Per il noto giornalista, l’Epistolario appena pubblicato è un grande e rigoroso lavoro. «Un’impresa davvero preziosa, pertanto merita tanta gratitudine a chi lo ha realizzato a cominciare da suor Carla Gallinaro che ha lavorato nella ricerca delle lettere, quasi come un detective».

Probabilmente Messori è stato il più grande apologeta della figura del Beato, in questo suo intervento ci tiene a precisare come è entrato in intimità con l’austero ufficiale e poi severo sacerdote Francesco dei marchesi Faa di Bruno. Tutto nasce dall’incontro con suor Anna Maria Bairati e dal dono di quel libriccino sul beato. Per arrivare alla pubblicazione del 1990 del suo “Un Italiano serio”, poco più di 200 pagine con le numerose ristampe, tuttora in catalogo nei tascabili Rizzoli.

Messori qui accenna alle polemiche sul Risorgimento, che lui ha osato criticare.  Per questa critica, Messori ha subito un violento linciaggio ad opera dei coriferi del politicamente corretto. Anche se questo per la verità, ha significato uno straordinario lancio pubblicitario per il libro sul beato.

Messori racconta delle imbarazzanti e grandi quantità di lettere che ha ricevuto su questo suo libro. A queste numerose lettere, Messori, ricorda che si è sentito in dovere di rispondere a tutti (anche al sottoscritto) e in ogni busta ha sistematicamente messo un santino del beato. Nel mio piccolo qualcosa di simile sto facendo anch’io con i santini del beato.

Messori spiega il motivo per cui si è tanto dato da fare per far conoscere questo “santo”. «Innanzitutto perchè, come avviene per tutti i santi, la sua vita di cristiano esemplare invitasse i credenti a imitarlo e perchè i non credenti riflettessero su quali fossero i frutti del Vangelo vissuto con coerenza e rigore[…]».

Messori accenna alla necessità del “miracolo” per una eventuale canonizzazione del Beato. E qui non può mancare di raccontare l’episodio che lo ha visto suo malgrado protagonista. Peraltro lo ha raccontato nel suo ultimo libro, “Quando il Cielo ci fa segno” (Mondadori). Si tratta del sogno della sua domestica Rosy (la sua collaboratrice familiare), alla quale appare in sogno il Beato Faa di Bruno che invitava il suo “capo”, cioè Messori a partecipare a un Convegno del Politecnico di Torino.

Tra gli altri contributi pubblicati prima delle numerose lettere, l’Epistolario pubblica i contributi di Anna Rizzo, (Una vita tra scienza e carità), una breve sintesi della vita del Beato, attenendosi ai periodi della sua vita in Collegio e nell’Accademia, sottolineando l’aspetto dell’imprenditorialità e della carità. L’imprenditore e la persona caritatevole, sono due figure che vanno insieme. «Questi mi sembra la modernità del personaggio. Sovente penso che, se fosse vissuto cento anni dopo sarebbe stato un grande industriale, filantropo, un po’ sullo stile di Adriano Olivetti o oggi, nel ventunesimo secolo, come Steve Jobs. Egli non semplicemente dava del suo a piene mani, ma anche cercava di produrre guadagni affinchè questa carità avesse continuità nel tempo. Oltre a ciò fu moderno il modo e gli strumenti che individuò a tal fine e ammirevole la lungimiranza nel vedere o prevedere necessità e soluzioni». Per quanto riguarda la vita sociale, scrive la Rizzo: «a Torino si attivò per dare vita ad una assistenza materiale e spirituale, simile a quella intrapresa negli stessi anni a opera della Barolo, di Don Bosco, di Cottolengo, Murialdo, Durando: insomma quelli che sono oggi ricordati come i Santi Sociali. La sua preoccupazione si appuntò sulle donne di servizio che sovente erano vittime di angherie da parte dei cosiddetti signori […]».

Gianni Oliva si occupa delle lettere del Beato dal fronte di guerra 1848-49. Iniziando da Goito a Custoza, poi quelle che riguardano “la campagna del marzo 1849”, infine la “dimensione privata” delle lettere: «nei testi non traspaiono mai né paura, né esitazioni: il rischio della morte è contemplato come inevitabile corollario della guerra, la coscienza di battersi per un ideale nobile è più forte del timore fisico di una mutilazione o di un colpo mortale […]». Tuttavia Oliva fa emergere dalle lettere dal fronte: «lo slancio patriottico e gli errori strategici, la convinzione risorgimentale […]».

Livia Giacardi, del dipartimento di Matematica- Università di Torino tratta del Faa di Bruno scienziato e matematico. (“Valorizzare la scienza”). La professoressa si occupa della formazione matematica e l’emergere del progetto scientifico-didattico. Nella “realizzazione del programma scientifico” evidenzia che la «multiforme attività caritativa e assistenziale cui diede l’avvio, e che potenziò negli anni successivi, non gli impedì infatti, di proseguire la ricerca scientifica e di impegnarsi ad ottenere una sistemazione presso l’Università di Torino». Infatti il Faa di Bruno nonostante i suoi impegni caritativi-assistenziali, riuscì a realizzare il suo progetto scientifico-didattico pubblicando trattati che hanno il pregio di rendere accessibili  agli studiosi e ai giovani interessati alla ricerca, teorie avanzate non ancora organizzate in una trattazione sistematica.

La Giacardi espone tutti gli impegni universitari del beato, in particolare quello del   corso gratuito di Analisi Superiore, o quello del progetto scientifico e didattico rivolto alla formazione dei ricercatori. Faa di Bruno auspicava lo svecchiamento dell’insegnamento universitario, stabilire collegamenti fra la ricerca italiana e quella europea. Sollecitare la creazione di centri di ricerca per favorire l’avanzamento della scienza. «Il progetto di Faa di Bruno – scrive Giacardi – era un progetto ambizioso e a lunga scadenza».

L’Epistolario prima di passare alla pubblicazione delle lettere offre un Compendio sinottico della biografia del beato con la storia religiosa, sociale e politica, di quegli anni.

Infine troviamo le avvertenze della curatrice dell’opera, «l’Epistolario – scrive suor Carla – costituisce lo strumento principale per comprendere l’attività benefica e culturale di Faa di Bruno e il suo pensiero».  Per la compilazione della raccolta, ci tiene a precisare la curatrice, sono state utilizzate ricerche accurate e studi precedenti, quelle delle suore della Congregazione, in particolare di suor Ettorina Marcoz, suor Delfina Vigolungo e suor Anna Maria Bairati. Certamente è stato un gran lavoro certosino della ricerca, della trascrizione, per l’ordine cronologico, per il lessico dell’autore, che talvolta risulta incomprensibile, non conforme a quello attuale.

In conclusione l’Epistolario copre il periodo della vita del beato a partire dal 18 settembre 1838 al 22 Marzo 1888. Le lettere spedite dal beato riguardano per lo più al fratello Luigi (marchese), Alessandro, al Signor Padre, al cognato Costantino Radicati Talice di Passerano, alla sorella Contessa Maria Luigia Faa di Bruno in Radicati, ai vari monsignori (Giovanni Ghilardi) al Papa Pio IX, a qualche ministro (Rattazzi, Terenzio Mamiani, Minghetti), al professore Angelo Genocchi, a monsignor Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino, al sindaco di Torino, Emanuele Luserna di Rorà. Alla stimatissima Superiora Giovanna Gonella.

Per finire, una piccola annotazione,alla fine dei 2 voll a pagina 1317 nella “Tabula Gratulatoria”, tra i diversi e tanti nomi, c’è quello del sottoscritto, naturalmente con mia grande soddisfazione.

 

DOMENICO BONVEGNA

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