SERVE UN TRATTATO PER DECOLPEVOLIZZARE L’OCCIDENTE

Continuando la lettura dello studio del giornalista francese Alexandre Del Valle, “Il Complesso Occidentale”, pubblicato da Paesi edizioni (2019). Affrontando il tema della manipolazione della realtà, una delle più terribili armi è quella di colpevolizzare l’avversario. Il manipolatore colpevolizza la sua preda, lo ridicolizza e lo caricaturizza. 

Non è un fenomeno nuovo, lo psichiatra Roger Mucchielli ricorda che i massacri di cattolici e di nobili durante la Rivoluzione francese furono preparati con una lunga strategia di blasfemia e di ridicolizzazione dei re, sacerdoti e vescovi, delle suore e dei nobili per mezzo di caricature spesso violente.

Nelle caricature, era frequente far apparire i cattolici e i nobili come dei “pervertiti sessuali”. 

Spesso avviene un rovesciamento o ritorsione: una INVERSIONE dei RUOLI, ogni sorta di manipolazione delle parole.

“La guerra delle rappresentazioni – scrive Del Valle – consiste infatti nel truccare per mezzo di parole e di immagini, le rappresentazioni della realtà, nel rappresentare l’esatto contrario rispetto alla realtà al fine di ingannare e manipolare l’opinione”.

La retorica marxista utilizza al massimo questa strategia di inversione: chiama “pace”, una guerra che ritiene giusta, e così per tante altre parole come “liberazione”, “rieducazione”, “lotta di classe”, “guerra di liberazione”. Nessuna parola è del tutto innocente, in pratica, i crimini contro l’umanità sono stati sempre preparati da un indottrinamento.

In Occidente la forma di demonizzazione più efficace, il più efficace terrorismo intellettuale e mediatico consiste nel “reductio ad Hitlerum”, “nazificare”, sempre l’avversario, anche quelli che l’hanno combattuto. Infatti, succede anche agli stessi ebrei, allo Stato ebraico di Israele, che non sfugge alla reductio ad Hitlerum. Israele cattivo contrapposto ai buoni palestinesi.

Il 3° capitolo (Vincere i miti del politicamente corretto).

“Nessu’arma – scriveva Alexander Solzenicyn – per quanto potente possa essere potrà aiutare l’Occidente fintantoché non avrà superato la sua perdita di volontà. Quando si è spiritualmente indeboliti, un’arma del genere diventa persino un fardello per chi capitola”.

In questo capitolo Del Valle prende in esame i principali miti del politicamente corretto: L’Occidente è “razzista”, “schiavista”, “islamofobo”, ha “distrutto il pianeta”, è “imperialista“, ha “umiliato” gli arabi, i musulmani e tutto il terzo mondo con le crociate e con la colonizzazione. Anche la sua Chiesa ha “oppresso” i popoli autoctoni “convertendoli con la forza“, dall’Africa, all’America.

Il mito più diffuso è quello del “Peccato originale Occidentale delle Crociate, precursore del colonialismo”.

Del Valle critica fortemente la manipolazione storica degli avvenimenti intorno ai Luoghi Santi, a Gerusalemme. Anche per Del Valle, la Crociata fu un movimento difensivo e non offensivo. Le crociate cristiane furono delle reazioni legittime, alle “crociate islamiche”, che avevano occupato due terzi dell’Impero Romano. Noi chiediamo perdono, ma loro non si pentono affatto di aver razziato Bisanzio e Roma. Del Valle mette a confronto le guerre e le invasioni; i cristiani attivi per circa 300 anni (110-1400), mentre gli islamici lanciati contro la Cristianità d’Oriente e Occidente, durarono per più di milleduecento anni (630- 1800). Attenzione le crociate islamiche non presero di mira solo il territorio ristretto dei Luoghi Santi, bensì si estesero in uno spazio enorme che va dall’Arabia alla Spagna, sterminando ed espellendo cristiani ed ebrei. Per non parlare degli assalti alle coste del Mediterraneo, terrorizzate dai pirati arabi, barbareschi e ottomani fino al XIX secolo.

Tuttavia specifica Del Valle, che il “trauma delle Crociate” è stato inoculato agli arabi dagli studiosi occidentali pentiti. Prima della metà del XIX secolo nessun arabo parla delle crociate. Il mondo musulmano riscoprì le crociate a partire dal XIX, come ha dimostrato il filosofo pakistano Ibn Warraq

La demonizzazione del passato cristiano è incarnato dagli storici come Gibbon, Walter Scott o Steven Runciman, che ha dipinto i crociati come barbari spietati che massacrano in massa “musulmani innocenti”. Così siamo arrivati che siamo noi a chiedere scusa e non loro.

Sempre in questo capitolo viene affrontato un altro tema storico abbastanza caldo. Quello del mito del Medioevo cristiano come periodo di totale oscurantismo. Per sfatare questa vera e propria mitologia, il nostro autore cita abbondantemente gli studi, le ricerche della grande storica del Medioevo, Regine Pernoud. Non possiamo soffermarci sulle pregevoli opere della scrittrice francese, rinvio i lettori alle mie recensioni dei libri di Pernoud.

Del Valle affronta il mito che l’Occidente Cristiano è la “Civiltà schiavista per eccellenza”. Si avvalla che la Chiesa benedice la schiavitù e il massacro degli indios “senz’anima”, nello stesso tempo però si tiene nascosta la realtà dello schiavismo arabo-muslmano, che viene scientificamente occultato. Schiavismo che ha colpito per mille anni slavi balcanici, greci, italiani. Del Valle descrive molto bene la tratta degli schiavi operata dai musulmani ottomani, gli atti di pirateria barbareschi e lo schiavismo turco ottomano. Viene smascherato il mito dell’Impero Ottomano “tollerante”, si evidenzia la “raccolta” brutale dei bambini cristiani (i giannizzeri). Per quale motivo è difficile immaginare uno schiavismo arabo-musulmano, ben peggiore di quello Atlantico, operato dagli occidentali.

Altro mito sfatato è quello dell’Età dell’oro della Spagna musulmana: “Al-Andalus”. Cristiani ed ebrei perseguitati in Al-Andalus. Del Valle cita Sant’Eulogio martire decapitato, che racconta la vita di sottomissione dei cristiani nella propria terra.

Altro mito da sfatare è quello del debito occidentale nei confronti della “Scienza araba”. Il luogo comune della scienza araba è falso. In realtà i sapienti, e Del Valle fa i nomi, erano autoctoni persiani, ebrei cristiani, spagnoli; tutti sapienti “arabizzati”.

Il libro affronta la questione della “Mondializzazione”, che per certi versi si identifica contro l’identità giudeo cristiana dell’Europa che peraltro porta allo “scontro di civiltà”, con la distruzione dei vecchi Stati-nazione, ostacoli alla felicità del genere umano. Sembra che difendere gli interessi nazionali sia proibito. Tuttavia Del Valle non fa sconti sia all’ideologia mondialista, la super società planetaria, che non deve essere confusa con la globalizzazione, sia al nazionalismo. Sono entrambi estremisti.

Il 4° capitolo (Per una geopolitica della discolpa) si sviluppa intorno ai concetti di responsabilità e di colpa collettiva. Sostanzialmente la demonizzazione della civiltà giudeocristiana postula che i popoli occidentali sarebbero collettivamente colpevoli e che i loro crimini non avrebbero prescrizione. Chiaramente afferma Anna Arendt, la colpevolizzazione ha senso quando è applicata ai singoli individui, non alla collettività. Perché se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Pertanto, i responsabili di crimini possono essere solo individui determinati o gruppi di persone specifici (il regime nazista, quello sovietico o quanti hanno aderito a questi regimi). Jurgen Habermans guida gli intellettuali che sostengono la responsabilità collettiva.

Il libro fa degli esempi di politici, di uomini di governo che colpevolizzano, come l’ex capo del governo spagnolo Josè Luis Zapatero, che ha riaperto le piaghe della guerra civile spagnola, mettendo di nuovo, le due Spagne l’una contro l’altra, in nome della memoria delle vittime – repubblicane, comuniste e anarchiche – del franchismo.

Tuttavia è bene precisare secondo Del Valle che, “la riconciliazione con l’Altro e con se stessi non consiste nel propugnare l’oblio totale a scapito della dignità dei discendenti delle vittime e della memoria dei martiri, ma semplicemente nel non evocare un passato doloroso per utilizzarlo in beneficio della demonizzazione di parte e soprattutto nel lucrare sulla colpa”. Questo vale per tutti e soprattutto non si dovrebbe guardare il passato con fosche tinte, né giudicarlo con gli occhi del presente. Occorre perdonarsi a vicenda e smetterla di turbare il riposo dei morti. Insiste Del Valle sull’argomento: “Qui non è questione di negare il passato, di porre fine al ruolo della memoria. Ma il ruolo della memoria non dovrebbe in nessun caso sfociare in una perversione della colpevolezza, trasformata in “sindrome autodistruttrice collettiva”. Del Valle, fa l’esempio di Nelson Mandela del Sud Africa, dove con la commissione “Verità e Riconciliazione” si offre un interessante esempio di riconciliazione nazionale, nel quadro di un “perdono senza amnesia”.

Nel capitolo Del Valle individuando uno stato di depressione collettiva in cui è caduta l’intera Europa Occidentale, descrive il processo per uscirne fuori. Chiede aiuto e sostegno ai psicoterapeuti, a psicologi. Bisogna lavorare per far discolpare gli europei , lavorare sulle “credenze” e soprattutto sull’autostima. Del resto come i singoli individui anche i gruppi umani possono cadere vittime di processi di automanipolazione o di “molestie morali”, capaci di farle cadere in depressione collettiva. In questo modo “stordito”, inibito, paralizzato, il soggetto colpevolizzato cade facilmente sotto il controllo mentale del manipolatore e così accetta non solo la presunta fondatezza delle spietate accuse contro di lui, ma anche il magistero morale dell’Altro. Inoltre i maltrattamenti che questo europeo manipolato subisce, li vedrà come forme di “espiazione”.

Pertanto, gli europei assumono su di sé una colpa collettiva e imprescrittibile.

La terapia a cui deve essere sottoposto l’europeo colpevolizzato, sarà quella di far prendere coscienza che i fatti passati reali sono fondamentalmente diversi dalle cosiddette “credenze”, ancora possono essere rettificati, tramite ragionamento e “riapprendimento dell’autostima”. 

Sostanzialmente occorre analizzare la propria Storia, smascherando i processi di disinformazione e di manipolazione collettiva, distruzione dei miti fondamentali del pensiero colpevolizzante. Per fare questo per Del Valle serve un “riarmo morale”, per una riconciliazione con se stessi e grande autostima.

Del Valle, definisce questa terapia all’americana”, che si basa su  un’auto (ri) valorizzazione, su una riprogrammazione neurolinguistica che passa per la sostituzione delle visioni negative di sé con rappresentazioni positive e valorizzanti di sé”.

Tuttavia gran parte della risposta a questa ricerca consiste nel sapere da dove viene la Civiltà Europea e Occidentale e nel prendere coscienza di tutto ciò che dobbiamo alle nostre radici grecolatine e giudeo cristiane.

Cominciamo a sostenere che l’Occidente non è sorto dal nulla e non è la peggiore civiltà.

Ci viene in aiuto Ibn Warraq: “L’Occidente non ha alcun bisogno delle omelie moralizzatrici delle società incapaci di dare ai loro popoli l’acqua potabile”. La Storia degli europei non è una immensa macchia nera, ha molti punti luminosi, degni di ammirazione. Occorre ricordare agli occidentali, invece di flaggellare la propria cultura, tutto ciò che l’umanità deve alla loro civiltà. “Ciò che l’Occidente giudeocristiano ha apportato all’umanità supera tutto ciò che qualsiasi altra civiltà abbia mai saputo e potuto apportare al genere umano, in materia di libertà personale, di progresso economico, sociale, medico, scientifico, umano ecc”. Mi permetto di aggiungere qui, che uno che ha saputo spiegare molto bene i “punti luminosi” della civiltà occidentale è stato il sociologo delle religioni americano Rodney Stark con i suoi pregevoli studi.

Tuttavia Del Valle oltre ad altri studiosi, insiste nel proporre la lettura degli studi del filosofo non occidentale e musulmano di nascita, Ibn Warraq, citando la sua opra principale: “Why the West is Best”

Le due lezioni dell’Europa per questo filosofo sono: Personalismo e Universalismo. Warroq risponde ai detrattori dell’Occidente; a suo avviso nessun’altra civiltà ha attribuito tanta importanza all’”amore per la vita e per la libertà e alla ricerca della felicità”, per questo secondo Warroq, l’Occidente possiede una “superiorità” etica. E pertanto non tutte le  civiltà hanno lo stesso valore.

L’Occidente che ha “generato” Mozart, Beethoven, Wagner, Schubert, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Reimbrandt, non deve ricevere nessuna lezione di uguaglianza e di tolleranza culturale da parte di società integraliste o totalitarie in cui la donna è mantenuta in stato di sottomissione, deve subire mutilazioni genitali, viene fatta sposare contro la sua volontà all’età di nove anni. Certo Del Valle ammette l’Occidente è in stato di decadenza per via della droga, della pornografia, dell’alcool, però non è ipocrita come invece lo sono le società teocratiche del Sud del mondo. Dove si consumano le più grandi aberrazioni, traffici di droga, di organi, di bambini; le peggiori pratiche inumane (schiavitù, torture, lavori forzati, mutilazioni genitali).

Del Valle conclude il suo piccolo trattato, con una esortazione alla riabilitazione della politica dello Stato-Nazione, per evitare l’implosione delle nostre società aperte, infestate dall’odio di sé. Dobbiamo riapprendere urgentemente ad amare le nostre Patrie, le nostre storie, le nostre identità. 

Chiudo questo studio lanciando un’altra proposta di studio che dovrebbe essere letto insieme a questo di Del Valle, si tratta degli “Ultimi giorni dell’Impero Romano”, del giornalista francese Michel De Jaeghere (Leg Edizioni 2016). Subito dopo l’indice il testo cita una frase dello storico Grossuet: “Nessuna civiltà viene distrutta da fuori senza essersi prima rovinata da sola, nessun impero viene conquistato dall’esterno, senza che precedentemente fosse già suicida. E una società, una civiltà  si distruggono con le proprie mani solo quando hanno smesso di comprendere la loro ragion d’essere, solo quando il pensiero dominante attorno cui erano poco prima organizzati è come divenuto straniero a loro stesse. Tale fu il caso del mondo antico”. Dobbiamo studiare come è imploso l’Impero Romano perché oggi noi stiamo vivendo probabilmente la stessa implosione.

DOMENICO BONVEGNA

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