Senato, indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti: Abuso di smartphone e videogiochi causa danni fisici e psicologici

Materiale mostrato durante la conferenza stampa della polizia postale di Genova nell'ambito di una operazione che ha portato alla denuncia di decine di persone in tutta Italia per aver scaricato on-line film e telefilm coperti dal diritto d'autore, stamani 14 settembre 2010. ANSA/LUCA ZENNARO

Il cervello funziona come un muscolo, si sviluppa sulla base dell’uso che se ne fa, e l’attività che i più giovani – ma non solo i più giovani, con tutta evidenza – svolgono attraverso i loro smartphone (o i loro dispositivi digitali, quali che siano) e le console per i videogiochi non sollecita il cervello. Intere aree celebrali restano cosı` inerti e, di conseguenza, non si sviluppano.

A questo si associano dinamiche e ricadute sociali, come la tendenza all’isolamento e a chiudersi in un mondo virtuale, incapaci di affrontare il mondo reale, la difficoltà nel confronto e nella comprensione del contesto, al di là di tutta una serie di rischi, che per ultima ci ha sottolineato la dottoressa Nunzia Ciardi, direttrice del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, con riferimento ai reati commessi attraverso il web, che sono in evidente crescita, ancor più nella fase di lockdown, in cui i nostri figli e i nostri nipoti sono stati piu` che mai chiusi nelle loro camerette e quindi più che mai alla merce´ di criminali e depravati vari, che popolano il web. Ci sono danni fisici – forse questo e` l’aspetto minore – come la miopia, l’obesità, l’ipertensione, i disturbi muscolo-scheletrici e il diabete. Ci sono poi i danni psicologici che sono certificati, nel senso che da quando le console per videogiochi sono entrate nelle camerette dei nostri figli e dei nostri nipoti, se non sbaglio nel 2001, tutti i dati confermano una crescita dei vari e infiniti disagi psicologici dei più giovani.

Da quando, nel 2007, gli smartphone sono entrati nella loro disponibilità, questi dati hanno vissuto un’accelerazione spaventosa, che continua: la situazione sta peggiorando ora dopo ora, anno dopo anno, e non sembra arrestabile. Mi riferisco quindi all’ansia, alla depressione, all’autolesionismo, a tutti i disturbi alimentari, ai tentativi di suicidio, ai suicidi realmente commessi e all’istigazione al suicidio. E` di questi giorni una notizia, non rara purtroppo (conoscendo i meccanismi di informazione, le notizie del genere sono frequentissime: ci sono momenti in cui i media se ne occupano e momenti in cui smettono di occuparsene, ma non per questo le notizie non ci sono più), per cui è stato chiuso dalle Forze dell’ordine un sito Internet che istigava i più giovani al suicidio, anche con un certo successo tragico.

Ciò su cui dovremmo riflettere maggiormente sono i meccanismi neurologici legati all’uso, che di fatto non puo` che presupporre l’abuso dei dispositivi digitali nelle mani dei nostri giovani. Il meccanismo è a tutti gli effetti analogo all’uso della cocaina: si rilascia un neurotrasmettitore, ovvero la sostanza del piacere, la dopamina, e quindi si avverte un piacere fisico. E` per questo che ciascuno di noi che ha figli sa quanto sia difficile allontanare i bambini, i ragazzi, gli adolescenti dalla console del videogioco o dal proprio smartphone, perché  è come togliere la dose di cocaina. L’effetto è identico a quello della cocaina, dal punto di vista chimico e neurologico. E’ come togliere una dose consistente di cocaina da sotto il naso del cocainomane: non ci si riesce facilmente, nessun altro piacere può equivalere a quel piacere lì, per chi ne è dipendente, ed è difficile non essere dipendenti dai social, dai videogiochi e dal web in generale. Tutto questo ci porta a delle conclusioni. Evito di farla lunga, tanto credo che siamo rimasti tutti sufficientemente impressionati da quanto abbiamo ascoltato.

Mi sono sentito in dovere di aggiungere alla relazione finale, che tiene conto di quello che abbiamo ascoltato in questo lungo ciclo di audizioni, alcuni suggerimenti, tanto al Parlamento (ovvero a noi stessi e alle forze politiche che ciascuno di noi rappresenta), quanto al Governo. Leggo dal documento in esame: «Avanziamo alcune ipotesi: scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per i minori di quattordici anni; rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici anni». Il divieto esiste, ma non viene fatto rispettare, molto spesso con la complicità dei genitori. Tutto questo lavoro secondo me ha un valore, affinché se ne parli: più se ne parla, più forse il mondo degli adulti, al di là del mondo dei giovani, si renderà conto di qual è la posta in palio. Proseguo nella lettura del documento: «Prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui telefoni dei minori; favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web». Anche questo e` un bel paradosso: esistono leggi dello Stato che vietano a ciascuno di noi di girare con il volto travisato o che obbligano ciascuno di noi a girare con un documento d’identità in tasca.

Questo accade quando giriamo per le vie reali, ma visto che ormai siamo tutti concordi sul fatto che il mondo virtuale ha preso il posto del mondo reale e che le piazze virtuali sono ben più frequentate rispetto alle piazze reali, regole del genere a mio avviso sarebbero doverose anche nel mondo virtuale; si scongiurerebbero molti crimini, si renderebbero le persone responsabili. Pensiamo anche all’uso del turpiloquio o all’aggressione verbale, al di là dei casi estremi di bullismo: se tu sai di essere riconoscibile, ti poni in maniera più responsabile; se sai di poter godere di un anonimato assoluto, dai il peggio di te. Tutto questo ha un’influenza anche sulla dinamica politica e sul dibattito pubblico. Credo dunque che intervenire in questo senso non potrebbe che migliorare, almeno un po’, la qualità del nostro vivere civile.

«Vietare l’accesso degli smartphone nelle classi». Esistono ricerche, che in parte ci sono state rappresentate durante il ciclo di audizioni, secondo cui il 30 per cento del tempo che ciascuno degli studenti trascorre in classe lo trascorre attaccato al telefono. Questo accade in classe e spesso vale anche per gli insegnanti, devo dire. Ritengo che cio` non sia accettabile, non solo al fine di concentrare l’attenzione sulle lezioni, ma anche per disintossicarli, ovvero per obbligarli a fare fisicamente a meno del telefonino per quel numero di ore che durano le lezioni e la loro presenza in classe; credo che ciò sarebbe utile. «Educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso dei dispositivi digitali e alla navigazione sul web; interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento». Credo che questo lo abbiate colto tutti nel ciclo di audizioni: non c’e` stata una sola ricerca internazionale, un solo studio, un solo parere esperto che abbia confermato quello che ormai è un luogo comune epocale, per cui, se la scuola non è digitalizzata, qualcosa si perde nella qualità dell’istruzione. E` stata citata una quantità importante di ricerche internazionali che dimostrano il contrario: quanto più il digitale entra nelle scuole, tanto più la qualità dell’apprendimento cala, a tutti i livelli. Ciò vale per le università americane, per West Point o per le università e le scuole israeliane: teniamone conto, per piacere, e non cediamo, nei limiti del possibile, a quella che è una gigantesca pressione lobbistica. Salvo prova contraria, la nostra controparte sono infatti i colossi del web, cioè un pugno di uomini che ha un potere di condizionamento economico, culturale e sociale, che nella storia dell’umanità mai nessuno ha avuto. Infine «incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta e la scrittura a mano».

Anche questa è una piccola cosa, che c’è stata spiegata – come ricorderete – da una grafologa e forse da più di una. Per millenni i ragazzi sono stati obbligati a fare esercizi di bella calligrafia, in corsivo, perché ogni lettera scritta in corsivo attiva certe piste cerebrali. Scrivere in stampatello già sollecita meno il cervello e scrivere su una tastiera elettronica non lo sollecita affatto. E` quindi questo un modo per esercitare il cervello e per rendere attive le parti del cervello, che viceversa attive non sarebbero. Questo e` quanto ed evito conclusioni retoriche”. E’ quanto ha detto nella 7ª commissione permanente del Senato Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport riguardo all’”indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento” Cangini (FIBP-UDC).

I RISULTATI DELL’INDAGINE

Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica… Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche. E` quanto sostengono, ciascuno dal proprio punto di vista «scientifico», la maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, dei pedagogisti, dei grafologi, degli esponenti delle forze dell’ordine auditi. Un quadro oggettivamente allarmante, anche perché evidentemente destinato a peggiorare. C’è stato un tempo in cui, per capire come saremmo diventati, noi italiani guardavamo alla Germania, poi alla Francia, poi, dal secondo dopoguerra, agli Stati Uniti. Ora, per la prima volta, il nostro sguardo abbandona le nazioni occidentali per volgersi a Oriente. Corea del Sud, Cina, Giappone. Sono questi, oggi, i nostri modelli. Modelli avanzatissimi già da anni quanto a diffusione della tecnologia digitale, perciò anticipatori degli effetti che il crescente uso di smartphone e videogiochi produrrà fatalmente sui nostri figli, sui nostri nipoti, sui nostri amici, su di noi e di conseguenza sulla società in cui viviamo. I numeri impressionano. In Corea del Sud il 30 per cento dei giovani tra i 10 e i 19 anni è classificato come «troppo dipendente» dal proprio telefonino: vengono disintossicati in 16 centri nati apposta per curare le patologie da web. In Cina i giovani «malati» sono 24 milioni. Quindici anni fa è sorto il primo centro di riabilitazione, naturalmente concepito con logica cinese: inquadramento militare, tute spersonalizzanti, lavori forzati, elettroshock, uso generoso di psicofarmaci. Un campo di concentramento. Da allora, di luoghi del genere ne sono sorti oltre 400. Analoga situazione in Giappone, dove per i casi più estremi è stato coniato un nome, hikikomori. Significa «stare in disparte». Sono giovani tra i 12 e i 25 anni che si sono completamente isolati dalla società. Non studiano, non lavorano, non socializzano. Vegetano chiusi nelle loro camerette perennemente connessi con qualcosa che non esiste nella realtà.

Gli hikikomori in Giappone sono circa un milione. Un milione di zombi. Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), cosı` come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecitano il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui è stata limitata la «fisicità». Nei primi anni di vita, infatti, la conoscenza di sé e del mondo passa attraverso tutti e cinque i sensi: sollecitare prevalentemente la vista, sottoutilizzando gli altri quattro sensi, impedisce lo sviluppo armonico e completo della conoscenza. E` quel che accade nei bambini che trascorrono troppo tempo davanti allo schermo di un IPad o simili. Per quest’insieme di ragioni, non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, fenomeno destinato a connotare la classe dirigente di domani. Mai prima d’ora una rivoluzione tecnologica, quella digitale, aveva scatenato cambiamenti così profondi, su una scala così ampia e in così poco tempo. Il motivo è evidente, lo smartphone, ormai, non è più uno strumento, ma è diventato un’appendice del corpo. Soprattutto nei più giovani. Un’appendice da cui, oltre ad un’infinita gamma di funzioni, in larga parte dipendono la loro autostima e la loro identità. E` per questo che risulta cosı` difficile convincerli a farne a meno, a mettere da parte il telefonino almeno per un po’: per loro, privarsene è doloroso e assurdo quanto subire l’amputazione di un arto. Usarlo incessantemente e` dunque naturale. E` naturale perché questo li inducono a fare le continue sollecitazioni di algoritmi programmati apposta per adescarli e tenerli connessi il più a lungo possibile. E’ naturale perché a disconnettersi percepiscono la sgradevole sensazione di essere «tagliati fuori», esclusi, emarginati. E` naturale anche e soprattutto perché essere connessi è irresistibilmente piacevole, dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere. Ma si tratta di un piacere effimero.

Dal 2001, anno in cui le console per videogiochi irrompono nelle camerette dei ragazzi, e con un’accelerazione impressionante dal 2007, anno in cui debutta lo smartphone, depressioni e suicidi tra i giovanissimi hanno raggiunto percentuali mai viste prima. Sono quasi raddoppiati, e quel che preoccupa è che il trend appare in costante e inesorabile ascesa. Stessa tendenza, in rapida crescita, riguarda i casi di autolesionismo, di anoressia, di bulimia. Manifestazioni di disagio giovanile sempre esistite, ma che oggi si autoalimentano sui social e nelle chat esaltando anziché scoraggiando i ragazzi e in modo particolare le ragazze dal metterli in pratica. A tutto ciò vanno sommate le conseguenze sui più giovani dell’essere costantemente a contatto con chiunque e con qualsiasi cosa. Istigazione al suicidio, adescamento, sexting, bullismo, revenge porn: tutti reati in costante crescita. Reati facilitati dal fatto che nelle nuove piazze virtuali non trovano spazio le regole in vigore nelle vecchie piazze reali: vige l’anonimato, i controlli sono scarsi, i minori vi si avventurano senza alcuna sorveglianza da parte dei genitori. Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.

CONCLUSIONI

Rassegnarsi a quanto sta accadendo sarebbe colpevole. Fingere di non conoscere i danni che l’abuso di tecnologia digitale sta producendo sugli studenti e in generale sui più giovani sarebbe ipocrita. Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo a individuare i possibili correttivi. Avanziamo alcune ipotesi: – scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per minori di 14 anni; – rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di 13 anni; – prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori; – favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web; – vietare l’accesso degli smartphone nelle classi; – educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web; – interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento; – incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria. Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno. Si tratta di evitare che si realizzi fino in fondo quella «dittatura perfetta» vaticinata da Adolf Huxley quando la televisione doveva ancora entrare in tutte le case e lo smartphone aveva la concretezza di un’astrazione fantascientifica: «Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù». Giovani schiavi resi tossici e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro.

 

 

AGIMEG