
CALTANISSETTA – È un’alba scandita da colori carichi di nostalgia quella ritratta in “Via Redentore all’Alba”, il dipinto che Francesco Guadagnuolo realizzò a soli quattordici anni e che oggi torna sotto i riflettori della scena artistica siciliana. L’opera, concepita nel 1971, è un omaggio commosso all’antica antenna RAI di Sant’Anna—la “Torre delle onde medie” alta 286 metri—che per decenni ha dominato il paesaggio cittadino prima di essere dismessa nel 2004.
Nel piccolo olio su tela (50×60 cm), Guadagnuolo mescola toni di giallo, rosa tenui e grigio ardesia, restituendo il contrasto tra la luce dell’aurora e la silhouette metallica del traliccio. Il pennello, già sicuro e poetico, tratteggia fili di ferro come corde vibranti, mentre il cielo in dissolvenza sembra cantare un requiem per un gigante silenzioso.
In primo piano, il palazzo natale s’innalza fiero, le finestre socchiuse come occhi assorti, il balcone è una soglia tra memoria privata e orizzonte infinito. È da lì che l’artista, da ragazzo, notte dopo notte, scrutava un traliccio sottile e maestoso: l’Antenna RAI, un colosso di metallo e luce. Di notte, racconta l’artista, la vedeva scintillare come un faro di promesse: una ragnatela di luci in movimento, quasi un coro di stelle che gli parlava di mondi lontani e notizie mai udite. Oggi, dopo oltre settant’anni, quel gigante lucente rischia la demolizione. Le ragioni tecniche — obsolescenza, costi di manutenzione, efficienza — invocherebbero le ruspe, implacabili. Eppure smantellarlo vorrebbe dire spegnere un frammento di memoria collettiva, lasciare un vuoto più profondo della luce che svanisce.
A questo giovane talento nisseno bastarono poche pennellate per instaurare un dialogo intimo tra uomo e tecnologia, tra memoria collettiva e desiderio di rinascita. In fondo, ogni opera di Guadagnuolo chiede di interrogare il futuro attraverso la lente del passato. Molti propongono di trasformarla in museo a cielo aperto, custodia di ricordi per chi sa che un simbolo di progresso può fiorire come icona d’identità.
Dopo anni custodito nella collezione privata del Maestro, “Via Redentore all’Alba” diventa così il fulcro di un dibattito più ampio: salvaguardare o meno le vestigia del progresso tecnologico, restituendo loro nuova vita attraverso il recupero e l’arte. Guadagnuolo la vedeva già allora: un gigante, capace di proiettare bellezza e solitudine nello stesso istante. Nel suo Requiem d’Alba dipinto, il ferro si fa arpa spezzata, il cielo si fa pentagramma mutato, e il chiarore dell’aurora diventa nota di rimpianto. Quel dipinto è un invito a non lasciar cadere il gigante senza colpo ferire.
Oggi, ci troviamo di fronte a un bivio: lasciar cadere in macerie un pezzo di storia o raccoglierne il monito per rigenerarlo in nuova forma. Nel caso dell’antenna RAI, molti auspicano che l’onda lunga del “Requiem d’Alba” ispiri un progetto di rigenerazione—da torre di trasmissione a punto di osservazione, galleria multimediale e polo educativo.
Chi custodisce un monumento custodisce un futuro.
Alla memoria di Guadagnuolo, che a quattordici anni intuì il rimpianto, chiediamo ora di ispirarci: trasformiamo il gigante in opera d’arte condivisa, laboratorio di storia e innovazione. Facciamo dell’antenna RAI non un relitto da abbattere, ma un faro per le nuove generazioni.
Tra passato e futuro, il giovane Guadagnuolo consegna oggi una lezione di coerenza e speranza: il vero faro non è solo quello di metallo, ma la luce che troviamo nel ricordo condiviso.