Preti che abusano di bambini e ragazzi: è questa, purtroppo, una realtà dolorosissima

di ANDREA FILLORAMO

Non c’è giorno in cui i giornali, la televisione e la Rete non diano notizia di preti che abusano di bambini e ragazzi: è questa, purtroppo, una realtà dolorosissima che toglie il sonno a tanti vescovi, che butta nel fango tutto l’ordine sacerdotale e rischia far crollare la fiducia nella Chiesa che fino a oggi non è riuscita a creare un argine a un fiume in piena che minaccia il suo stesso futuro.

Diciamolo con chiarezza: mancano ancora delle vere strategie di contrasto nei confronti di un fenomeno che si può considerare endogeno ma non per questo coinvolgente, fortunatamente, la maggioranza dei preti, spesso accusati di non far nulla per cambiare una situazione così pesante.

Pe questo, in risposta alle non poche e-mail inviatemi dopo i miei articoli riguardanti quel seminarista cacciato dal seminario di Messina, ritengo che occorra, innanzitutto dire con forza ai mittenti delle e-mail e a tutti: basta con il ludibrio generalizzato nei confronti dei sacerdoti, che cercano di   impegnarsi, come possono a dare il massimo di se stessi, pur nelle loro contraddizioni e nelle debolezze che sono inevitabili per le quali occorre chiedere la misericordia di Dio.

Informare, poi, degli abusi sessuali dei preti, che tutti senza riserva condanniamo, cercando, però, di capire quali siano i motivi di questi atti deprecabili, evidenziare, cioè,  la loro situazione di grande disagio e di difficoltà esistenziale dovuta ad un’errata dottrina sulla sessualità, trasmessa a loro fin dai primi anni della loro formazione in seminario o di una condizione alla quale sono costretti dalla legge del celibato, come cerca di fare lo scrivente, è un dovere deontologico, al quale egli non può venire meno.

Fare, oltretutto, dei preti, di “tutte le erbe un fascio”, facendoli diventare tutti pedofili, o, cosa ancor più grave, creare, un clima di “caccia alle streghe”, cercando i pedofili dappertutto, come mi scrive qualcuno, non è assolutamente una cosa buona da fare.

A tal proposito ritengo che non si possa e non si deve, oltretutto in un momento di crisi generale della Chiesa e dello stesso pontificato, far diventare un prete debole, peccatore o pedofilo, il capro espiatorio di tutta la struttura-chiesa.

Lo sappiamo: in un certo modo e in una certa misura, il meccanismo del capro espiatorio, utilizzato dalla storia per altre categorie di persone e per altri soggetti, funziona come una falsa scienza, talvolta come una grande scoperta, una cosa che si rivela e che tutti possono constatare e in questo modo si pensa che si rafforzi la certezza che essa abbia una grande consistenza, ma non è così.

Non entro nello specifico del caso della cacciata dal seminario del seminarista di Messina, al quale fanno riferimento le e-mail: come già ho scritto non ho dati a sufficienza per parlarne, tuttavia non posso esimermi  – parlo quindi in modo generale – dall’affermare con forza  che il vescovo e i sacerdoti chiamati in causa da chiunque, hanno il diritto, anzi il dovere,  di difendersi in ogni sede da quelle che essi ritengono false accuse, e mai eventualmente, come sostiene qualcuno, cedere con benevolenza a quello che potrebbe essere a loro giudizio un ricatto, nella consapevolezza che non sono rare le persone per le quali incolpare è una modalità pervasiva, utilizzata in più occasioni,  un atteggiamento vittimistico volto ad allontanare da sé le responsabilità e ad ottenere attenzione o benefici.

È tipico, infatti, dei narcisisti fare leva su quelli che loro pensano che siano punti vulnerabili degli altri. Le loro accuse hanno proprio lo scopo di indebolire, per avere la certezza di spostare l’attenzione dalle proprie mancanze al comportamento dell’altro e per mantenere alto il senso di sé. 

Essi piuttosto che riconoscere gli errori e scusarsi o tentare di riparare, si pongono sulla difensiva facendo credere di essere vittime incomprese e inducono gli altri a comportarsi proprio nel modo che confermi ulteriormente di essere vittime. Recitano, così, la loro parte, cercando di ottenere quello che non sono in grado di avere costruendo delle relazioni sane e normali.

Certo che da quel che appare in quello o in altri analoghi casi di accuse fatte dei seminaristi nei confronti dei superiori del Seminario, c’è un alto grado di deficit di prudenza o di competenza nella selezione e nell’ammissione dei candidati al sacerdozio ministeriale.

Esso deriva dalla paura di seminari con posti tutti vuoti, dal terrore dissimulato di non avere più preti? Ma questo timore porta a gravi errori di sottovalutazione.

Lo ha indicato esplicitamente lo stesso papa Francesco nel giugno 2017: «Posti vuoti: non riempire quei posti con gente che non è stata chiamata dal Signore, non prendere da qualsiasi parte; esaminare bene la vocazione di un giovane, l’autenticità, e se viene per rifugiarsi o perché sente la chiamata del Signore. Accogliere soltanto perché abbiamo bisogno, cari vescovi, questa è un’ipoteca per la Chiesa! Un’ipoteca. Cioè si paga dopo. E si paga caro. È una bomba a orologeria”.