Preghiamo: a te Signore la gloria, a noi la vergogna, questo è il momento della vergogna!

di ANDREA FILLORAMO

 

Che il rapporto sulla pedofilia all’interno della Chiesa francese potesse essere deflagrante poteva essere atteso vista l’enormità di casi denunciati da una Commissione indipendente (*), ma le parole di Papa Francesco, all’udienza generale, sono altrettanto forti: “Desidero esprimere alle vittime la mia tristezza, il mio dolore per i traumi che hanno subito e anche la mia vergogna, la nostra vergogna” per “la troppo lunga incapacità della Chiesa di metterla al centro della sua preoccupazione”, ha sottolineato Bergoglio assicurando la sua preghiera. “Preghiamo: a te Signore la gloria, a noi la vergogna, questo è il momento della vergogna”, ha rimarcato il Pontefice.

Non vorrei più parlare o scrivere sulla pedofilia dei preti, giacché ho letto e scritto abbastanza. Credo che tutti siamo convinti, al di là della posizioni dei nemici della chiesa che sollevano pesantemente il dito contro la comunità cattolica, ferita da questo male che infetta pericolosamente il suo corpo, che la pedofilia, stando a quanto riportato nei giornali e in Internet, sia non tanto una malattia molto frequente nel clero e non solo cattolico che è legata  a fattori fisici, ma un male diventato endemico che si lega  a fattori culturali difficilmente controllabili, se non vengono attentamente valutati.

Si tratta, come spesso ho scritto, che essa, quindi,   non sia la conseguenza del celibato ecclesiastico, in quanto tale,  al quale i sacerdoti sono costretti, ma la conseguenza di un obbligo di tipo morale che costringe i sacerdoti ad acquisire l’abitudine all’ astinenza sessuale,  a rinunciare, perciò, a tutti gli aspetti che riguardano la vita sessuale, a rendersi capaci di atti di autocontrollo  sopra la pulsione sessuale, di possedere la forza di carattere che fa di loro degli esempi per chi non riesce a contenersi, quindi di essere degli uomini di potere, ovviamente spirituale, sopra la massa di tutti gli altri uomini soggetta agli istinti. Ma non tutti i preti riescono a portare a termine questo compito, estremamente difficile – qualcuno sostiene impossibile – affidato agli uomini di Chiesa che devono necessariamente nello svolgimento del loro ruolo sociale e ministeriale, apparire forti, continenti e casti. Aveva ragione Ernest Junger (18951998)  scrittore e filosofo tedesco, quando scriveva: “Cercando di sembrare ciò che non siamo, cessiamo di essere quel che siamo.” Da qui una sessualità nascosta, occulta, silenziosa, spesso esercitata “a mozzicone”, talvolta omosessuale, talvolta etero e per una minoranza pedofila.   Da tener presente che il comportamento deviante del pedofilo, in generale, non è spiegabile solo alla luce di un forte desiderio sessuale o di una mancanza di controllo degli impulsi. Il problema è più profondo.

L’ipotesi più accreditata che, a mio parere, vale particolarmente per i preti è che si tratti di persone dai profondi sensi di inadeguatezza personale che cercano di soffocarli e “curare” ricorrendo alla dominazione, al potere, a forme subdole di relazionarsi e di tutto ciò non si sentono in colpa. Capire Le forze intrapsichiche in atto – di strumentalizzazione, potere, narcisismo – informano che il movente centrale finisce di essere sessuale. Il prete pedofilo è mosso dalla ricerca della propria gratificazione servendosi di un minore debole e inferiore, da lui considerato come un oggetto erotico e con il quale identificarsi (come se avesse la stessa età psicologica); ciò in conseguenza della sua incapacità di relazionarsi con gli adulti suoi pari, incapacità che verrebbe in qualche modo negata in un rapporto di potere e dominio che gratifica il narcisismo del pedofilo, illudendolo.

A conclusione: ritengo, al di là di altri rapporti sulla pedofilia dei preti, che senz’altro ci saranno, a livello anche di diocesi, che sia importante superare l’ipocrisia che c’è in tanti preti; che occorre riflettere su quanto Papa Francesco, parlando, appunto, di questo grande difetto, ha detto: “Cos’è l’ipocrisia? Si può dire che è paura per la verità”. “L’ipocrita ha paura della verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere se stessi. È come truccarsi l’anima, truccarsi i comportamenti: non è la verità. E la finzione impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all’obbligo di dirla sempre, essere veritieri, di dirla dovunque e nonostante tutto. Purtroppo, esiste l’ipocrisia nella Chiesa e ci sono tanti cristiani e tanti ministri. Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: “Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno (Mt 5,37)”. Parole che fanno riflettere e molto. “Agire altrimenti significa mettere a repentaglio l’unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato”, ha sottolineato il Pontefice.

 

(*) Dal sito www.ciase.fr si possono scaricare i documenti pubblicati lo stesso giorno (5 ott. u.s,) della presentazione del Rapporto finale che sintetizzano il lavoro svolto in 32 mesi dalla Commission indépendant sur les  abus sexuels dans l’église (CIASE):

1) Les violences sexuelles dans l’ église catholique – France 1950-2020 (548 pagine)

2) Recueil de temoignages (208 pagine)