OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE E IL RUOLO CENTRALE DEI COMUNI ITALIANI

Secondo le stime, la recente pandemia da COVID-19 rischia di rendere affamate tra le 83 e le132 milioni di persone in più nel 2020 (a seconda dello scenario di crescita economica)[1]. A questo si aggiunge che entro il 2050 due persone su tre vivranno in insediamenti urbani e l’80% del cibo sarà consumato nelle città[2].

Il ruolo delle città (e delle municipalità), dunque, è centrale per combattere le sfide[3] della sostenibilità e per raggiungere tutti gli SDG. E in Italia gli amministratori locali come stanno guidando la trasformazione sostenibile delle città e dei loro sistemi alimentari? Nel nostro Paese il quadro appare relativamente positivo, ma con ampi margini di miglioramento. 3 Comuni su 4 hanno una buona familiarità con gli SDG e quasi tutti hanno avviato progetti per il loro perseguimento (il 75% con iniziative attive da circa tre anni). Le azioni sono focalizzate sulla mobilità sostenibile (48%), la raccolta differenziata (24%) e la conversione all’energia pulita (28%). Sul piano dell’alimentazione, per i Comuni del Centro Sud (71%) è importante soprattutto l’organizzazione delle mense e l’educazione dei consumatori (48%), mentre i Comuni del Nord attribuiscono maggiore rilievo alla gestione del settore agricolo nell’area urbana e peri-urbana (33%). Questa, in sintesi, è la fotografia della prima ricerca sulle Politiche Alimentari Urbane in Italia, realizzata da Ipsos per Fondazione Barilla, dal titolo “Urban Food Policy. Cibo e Città: il punto di vista della pubblica amministrazione locale”. L’indagine ha coinvolto 100 tra sindaci, vicesindaci e amministratori locali per misurare il livello di consapevolezza degli SDG; analizzare le politiche alimentari urbane e il livello di interesse che generano tra gli amministratori, oltre a valutare l’impatto che il Covid-19 ha avuto proprio sui sistemi alimentari urbani dei Comuni italiani.

 

COMUNI ITALIANI E SDG: 3 SU 4 LI CONOSCONO E IL 75% DELLE CITTA’ E’ ATTIVO DA 3 ANNI PER REALIZZARLI

Conforta scoprire che gli amministratori locali dei nostri Comuni (3 su 4) conoscano gli SDG e che, nel 75% dei casi, abbiano attuato da 3 anni azioni concrete per il loro raggiungimento, con una accentuazione fra le realtà del nord Italia (84%). Tuttavia, quando si parla dei 17 SDG si fa riferimento a tematiche ampie e diversificate fra loro, importante quindi è capire quali dovrebbero essere – secondo gli intervistati – le priorità d’intervento dei Comuni. Per le città del Nord (41%) è la “lotta al cambiamento climatico” la priorità, mentre per quelle del Centro-Sud “occupazione e crescita economica” (47%) dovrebbero essere gli ambiti principali d’intervento. I dati sulle iniziative più diffuse sul territorio confermano quanto dichiarato dagli amministratori. Azioni per favorire la mobilità sostenibile (48%, tra incentivi per l’uso delle bici, incentivi per la mobilità elettrica e incremento dei mezzi pubblici), per la conversione all’energia pulita (28%, tra energie rinnovabili per edifici pubblici e il loro efficientamento energetico), per incrementare la raccolta differenziata (24%) e per riqualificare zone ed edifici fatiscenti (19%), sono gli ambiti di intervento più citati dagli intervistati. L’impegno profuso dai Comuni si è anche tradotto in questi anni in iniziative per la forestazione urbana (13%) e per la lotta alla povertà (12%, con azioni rivolte alla distribuzione di generi alimentari a persone vulnerabili).

 

SDG: CIBO CHIAVE PER IL LORO RAGGIUNGIMENTO, 94% DEI COMUNI ATTIVO CON POLITICHE ALIMENTARI URBANE

Gli amministratori locali intervistati nel 94% dei casi hanno attuato politiche alimentari urbane settoriali. Gli intervistati considerano prioritarie le attività che promuovono il consumo di prodotti di qualità locali / a km0 (42%), con un’accentuazione tra le realtà del Centro-Sud (51%) e quelle con oltre 100.000 abitanti. Altre aree di intervento prioritarie sono state considerate la distribuzione di cibo di qualità / a Km0 nelle mense scolastiche o comunali (27% del campione) e la distribuzione di generi alimentari a persone vulnerabili (18%). Le politiche alimentari urbane, a detta del campione, si dovrebbero tradurre nella promozione di diete equilibrate (tema sentito al Centro-Sud dal 43% del campione e nei centri fino a 30.000 abitanti), e nel sostegno all’agricoltura locale (20%) e  a basso impatto ambientale (26%), citate dalle realtà del Nord. Nel concreto, i Comuni si sono dati (o si doterebbero), come ambito d’intervento prioritario, la gestione delle mense scolastiche (citata da oltre 6 Comuni su 10) e quella dei mercati rionali (51%). In particolare, l’organizzazione delle mense scolastiche appare rilevante al Centro-Sud (71%), assieme all’educazione dei consumatori (48%); tra i Comuni del Nord viene invece attribuita maggiore importanza alla gestione del settore agricolo nell’area urbana e peri-urbana (33%).

 

Ma quali sono le barriere all’adozione di politiche alimentari urbane? Per 1 Comune su 2 sicuramente l’elemento cruciale è la mancanza di budget, oltre alla carenza di personale da dedicare al tema (43%). Si tratta di problematiche che appaiono molto incalzanti al Centro-Sud (67% – 51%, rispettivamente). Altri fattori che influiscono sulla mancanza di politiche alimentari urbane sono le altre priorità che – di volta in volta – il Comune si trova a dover affrontare (31%) e la mancanza di formazione del personale (25%). Nello specifico, quando si parla di personale dedicato a queste tematiche, solo 3 Comuni su 5 dichiarano di poterne disporre, con un’accentuazione tra quelli con oltre 100.000 abitanti. Infine, un tema da valutare è quello del “passaggio di consegne” che si verifica ad esempio quando si registra un cambio di amministrazione a seguito delle elezioni. In questa circostanza, solo 1 Comune su 5 sarebbe certo di poter dare continuità alle politiche alimentari urbane già in atto.

 

EMERGENZA COVID-19 E RAGGIUNGIMENTO SDG

L’emergenza Covid-19 ha creato, in numerosi Comuni, diverse difficoltà. Se si guarda in particolare agli aspetti inerenti il sistema alimentare dei vari Comuni, gli impatti maggiori sono stati riscontrati in: difficoltà a garantire accesso al cibo a persone e famiglie in difficoltà (29%); chiusura dei mercati rionali o dei mercati a vendita diretta dei produttori (26%); aumento dei prezzi per i beni di prima necessità (15%); accaparramento di cibo, accumulo di scorte da parte dei cittadini e delle famiglie (10%). Come hanno risposto i Comuni? “Per far fronte al problema dell’accesso al cibo, i centri urbani hanno messo a disposizione sostegni economici, soprattutto per persone in difficoltà (87%), come avvenuto soprattutto nel Centro-Sud. Sono stati attivati servizi di consegna a domicilio di cibo per famiglie e persone vulnerabili (79%) ed è stato fornito un supporto logistico per favorire la distribuzione di cibo (44%). E’ chiaro come l’emergenza, anche in questo caso, abbia reso più evidenti a tutti i limiti di un sistema alimentare che al momento è afflitto da molto ombre e che – come detto – richiede degli interventi urgenti e strutturati per dar vita a una vera rivoluzione che parta dal campo e arrivi fino alla tavola, ponendo le città al centro di questa trasformazione”, spiega Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla.

 

 

 

[1] FAO, 2020; WHO, 2018

[2] https://www.c40.org/networks/food_systems

[3]BCFN, Cibo in città. Guida didattica sulle politiche alimentari urbane per le persone e per il pianeta https://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/approfondimento-cibo-in-citta/