Malattie tropicali dimenticate, da dengue a chikungunya, oltre la metà presenti anche in Italia

Nel 2023, in Italia sono stati 82 i casi autoctoni di dengue, la “febbre spaccaossa”, avvenuti direttamente nel nostro Paese, e 280 quelli importati da viaggiatori tornati da luoghi in cui la malattia è endemica; 7 i casi di chikungunya; 600 i casi diagnosticati di malattia di Chagas dal 1998, e centinaia i positivi alla strongiloidosi, una forma di parassitosi, diffusa soprattutto tra gli over 65.

 

Questi sono i dati che riguardano solo alcune delle 12 patologie, che hanno trasmissione sul territorio italiano, delle 21 che compongono il mosaico delle malattie infettive tropicali neglette (NTDs). Un gruppo eterogeneo di patologie, molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, batteri, funghi e tossine che comprendono anche, tra le altre, scabbia, echinococcosi e leishmaniosi, accomunate dall’essere più diffuse in zone povere, specialmente tropicali, con scarse risorse e dimenticate dall’agenza politica, dalla ricerca scientifica e invisibili all’opinione pubblica.

A livello globale sono quasi 1,7 miliardi le persone che richiedono interventi sanitari per queste malattie, con più di mezzo milione di morti l’anno. Circa 4000-5000 le persone colpite nel nostro Paese dove, in particolare la dengue, secondo i dati della sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, ha fatto registrare nel 2023 il record europeo per casi autoctoni – spiega Federico Gobbi, direttore del dipartimento di malattie infettive e tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato di malattie infettive all’università di Brescia -. Sembrano cifre irrisorie, ma in realtà il fenomeno è sottostimato e in continua crescita, non solo a livello globale e nel resto di Europa, ma anche da noi  sottolinea –. L’Italia è un osservato speciale, complice il cambiamento climatico che ha determinato la diffusione della zanzara tigre su tutto il territorio nazionale. A destare preoccupazione – prosegue – è il rischio endemico di dengue e anche di chikungunya in aumento con l’arrivo della primavera”.

 

ATTENZIONE ALLA DENGUE, LA “FEBBRE SPACCAOSSA”, E ALLA CHIKUNGUNYA

È importante focalizzare l’attenzione su queste 2 patologie, in quanto in Italia è presente la zanzara vettore, che può acquisire questi virus da viaggiatori infetti e trasmettere queste malattie che causano febbre, mal di testa, manifestazioni cutanee, e soprattutto fortissimi dolori osteoarticolari”, puntualizza Gobbi. A confermare ciò una analisi della letteratura condotta da ricercatori svizzeri e pubblicata di recente su New Microbes and New Infections che ha evidenziato come Aedes albopictus(più comunemente conosciuta come zanzara tigre), uno dei principali vettori della febbre dengue e chikungunya, sia presente in Europa che ormai insediata nelle regioni meridionali del continente. “In Italia queste zanzare sono giunte per la prima volta nel 1990 dagli Stati Uniti, arrivando a Genova e Padova e diffondendosi poi in tutto il Paese. Laddove è presente un vettore, vi è il rischio di trasmissione di tutte le patologie connesse al vettore stesso: è sufficiente che arrivi un viaggiatore con la malattia per innescare epidemie autoctone di quella patologia “di importazione”. Nel 2020 in Veneto, in provincia di Vicenza, si è verificata la prima epidemia autoctona di dengue in Italia con 11 casi e nel 2023 si sono registrati tre differenti cluster indipendenti tra loro: uno in Lombardia nella provincia di Lodi e due nel Lazio, a Roma e nel Circeo, arrivando a 82 casi autoctoni nel 2023 – riporta Gobbi -. Poiché nel 50-90% degli individui la dengue appare in forma asintomatica o molto lieve, molti casi passano inosservati e si può quindi ipotizzare che l’incidenza sia molto più alta di quanto non emerga dalle statistiche di sorveglianza”.

 

CAMBIAMENTI CLIMATICI, TURISMO E GLOBALIZZAZIONE: IL TERRENO DI COLTURA PERFETTO PER DENGUE E CHIKUNGUNYA

Dobbiamo prepararci a epidemie autoctone di dengue e chikungunya sempre più importanti. Nei prossimi anni, diventerà sempre più frequente una globalizzazione delle malattie infettive: viaggiano merci, viaggiano persone e viaggiano vettori. In un mondo sempre più interconnesso, interconnesse saranno anche le patologie”, sottolinea Gobbi.  

Ad accentuare il fenomeno e i contagi, il cambiamento climatico che, provocando un innalzamento delle temperature crea le condizioni ideali per la proliferazione delle zanzare tigre. “L’Aedes albopictus prospera a temperature comprese tra i 15°C e i 35°C, ma – aggiunge Gobbi – può tollerare anche inverni generalmente caldi come quello che stiamo vivendo, che non sono quindi in grado di decimare le larve e ciò comporterà un aumento delle zanzare con l’arrivo della primavera”.

 

SORVEGLIANZA: NECESSARIO UN IMPEGNO GLOBALE

È quindi importante attuare una sorveglianza attiva dei casi di importazione, per evitare che da pochi episodi limitati si generino epidemie estese. “È urgente mettere in atto maggiori misure contro questo problema di salute pubblica – sottolinea -. La mancata attenzione nei confronti delle patologie infettive “dimenticate”, aumenta il rischio che anche i paesi non endemici ne siano interessati, come sta accadendo appunto in Italia”.

Nel 2021 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato una road map per le malattie tropicali dimenticate per il decennio 2021-2030 nella quale vengono definiti gli obiettivi globali per prevenire, controllare, eliminare ed eradicare queste patologie. “Ad oggi siamo ancora lontani dal raggiungere pienamente questi risultati e secondo il report 2023 sul progresso della road map, solo 47 Paesi hanno eliminato almeno una NTDs. C’è quindi ancora molto lavoro da fare per diminuire le infezioni e la circolazione delle malattie e per ridurre il pericolo a livello globale”, conclude Gobbi.