LOTTE INTESTINE AL VATICANO: I NEMICI DI PAPA FRANCESCO E IL FINALE DI PARTITA

di ANDREA FILLORAMO

Si ripetono ancora gli attacchi sempre più duri a Papa Francesco, che provengono dall’interno della Chiesa. Il Pontefice viene addirittura accusato di apostasia e si ripetono le richieste delle sue dimissioni.

Ma sia chiaro: non c’è assolutamente nulla per allarmarsi. Non sono nuovi, infatti gli attacchi nei riguardi dei Papi che hanno cercato in varie maniere nel passato di rinnovare la Chiesa.

Risuonano ancora nella mente gli insulti, anche feroci, contro Giovanni XXIII all’indomani della pubblicazione dell’enciclica Mater et Magistra” o contro Paolo VI che portò a termine il Concilio.

Ambedue i pontefici avevano cercato di iniettare nelle vene di un corpo, quello della Chiesa, che già allora era divenuto vetusto, sangue nuovo e più fresco.

Tali operazioni, allora, come avviene adesso, produssero un profondo turbamento e indussero alcuni a pensare che fosse arrivata la sua stessa fine.

La Chiesa, però, è andata avanti fino ai nostri giorni.

In quegli anni, la contestazione nei confronti di Papa Giovanni e di Papa Montini trovava il sostegno in alcune frange clericali, presenti nei sacri palazzi che temevano, come accade anche oggi, di perdere il loro prestigio e i loro privilegi garantiti, che si appoggiavano al Cardinale Ottaviani che, per poco, non è diventato il successore di Papa Pacelli.

Egli era stato responsabile del dicastero del Santo Uffizio a cui era istituzionalmente demandata la tutela del patrimonio della fede e della morale cattolica e ha tenuto un comportamento attento e preciso fino alla morte, tanto da farlo diventare il punto di riferimento dei tradizionalisti e dei critici del Concilio Vaticano Secondo.

Nei lunghi anni del pontificato di Giovanni Paolo Secondo, poi, nulla è avvenuto per limitare il potere e i privilegi degli “arrampicatori, presenti nella Curia Romana che estendevano il loro potere clientelare in molte diocesi, che, anzi, aumentarono enormemente di numero anche a causa della “polonizzazione”  della Chiesa, introdotta dal polacco Papa Giovanni Paolo II, che non lasciava molto spazio agli innovatori, anzi reprimeva ogni loro tentativo di modernizzazione.

Proprio allora, con lo scorrere degli anni, la tendenza di quelle frange stringeva rapporti con gruppi, che Benedetto XVI qualificò come “sporcizia”, che troviamo ancora oggi che, per tal motivo, si sono potenziati e che forse sono stati anche la causa delle dimissioni del Papa tedesco.

Non desta quindi meraviglia, che l’attuale acredine nei confronti di Papa Francesco, provenga da quello che è diventato un arcipelago di sigle, che picchiano duro contro per indurre la Chiesa, ad evitare ogni tentativo di superare la sclerotizzazione della sua prassi, il suo lento e graduale allontanamento dallo spirito evangelico, l’alienazione dei suoi preti, che rischiano di affogare nel mare magnum degli affari leciti e illeciti, nella pedofilia, nell’omosessualità e nel carrierismo.

Cerchiamo, in modo molto sintetico, di andare con un certo ordine, individuando i momenti dei più recenti attacchi al Papa Francesco.

L’attacco più feroce nei confronti di Papa Francesco è quello lanciato nel 2018, in occasione del suo viaggio in Irlanda, dove la commissione governativa ha raccolto le storie di 2500 vittime di violenza in scuole gestite dal clero.

Indimenticabile il discorso fatto al castello di Dublino, dove il papa ha ammesso le colpe, ha chiesto scusa, a nome della Chiesa, come nessuno aveva fatto prima d’allora: “Chiediamo perdono alle vittime” queste sono state le sue parole di fronte alla folla, che rimangono indelebili nelle pagine della storia della Chiesa Cattolica.

Mentre il Papa compiva questo gesto di radicale e sentita umiltà, giungeva il memoriale dell’ex nunzio apostolico in America Carlo Viganò, l’arcivescovo che è stato fra quelli che hanno contribuito ad innescare lo scandalo Vatileaks.

Il “memoriale”, si estendeva per oltre 15 pagine e voleva informare l’opinione pubblica di presunti gravi e censurabili comportamenti a carattere sessuale, precisamente pedofilo, e contestualmente denunciare/accusare eminenti personalità della Chiesa cattolica di avere coperto tali comportamenti.

L’accusa era rivolta particolarmente all’arcivescovo americano di Washington il Cardinale McCarrick, ritenuto responsabile di diversi abusi commessi nei confronti di alcuni seminaristi.
L’autore dichiarava di voler contribuire, così, alla moralizzazione della Chiesa, anzi della gerarchia ecclesiastica, sotto il manto della lotta alla pedofilia in certi ambienti ecclesiastici, con riferimento anche al Vaticano.

Esplicita era l’accusa al Papa di avere coperto l’ex arcivescovo di Washington e, quindi, Viganò chiedeva le dimissioni del Pontefice.

Egli, per dimostrare che Papa Bergoglio avrebbe coperto le nefandezze del Cardinale sosteneva che lui stesso avrebbe raccontato personalmente a papa Bergoglio la brutta storia della pedofilia del cardinale ma il papa avrebbe fatto orecchi da mercante,

Ma Monsignor Viganò ha fatto finta di non sapere che in realtà papa Francesco aveva imposto al cardinale delle sanzioni (non rispettate) e infine l’avrebbe ridotto allo stato laicale

Non rammentava inoltre che lui stesso da nunzio mai si era distinto nella lotta contro la pedofilia nella chiesa americana, non aveva fatto nulla contro questo cardinale, anzi gli aveva persino consegnato un premio.

Ma le accuse di Viganò contenute nel memorandum, stilato col pieno accordo di un gruppo ben nutrito di vescovi americani, non incline ad accettare le idee papali circa la lotta che egli fa al capitalismo occidentale, alle ingiustizie sociali, alle aperture nei confronti dei gay, dei divorziati e della difesa degli emigrati, hanno portato un risultato: la conferenza episcopale americana si è rifiutata di  schierarsi a favore del papa, e, quindi, non gli ha offerto la solidarietà per gli attacchi ricevuti.

Anzi di più: trascinato da quei vescovi, un gruppo di laici ha investito un milione di dollari per scovare con tutti gli strumenti spionistici utilizzati dall’FBI, cioè dell’agenzia governativa di polizia federale, fra i possibili successori di Bergoglio i possibili pedofili.

Da ciò appare chiaro che la guerra che i vescovi americani muovono al papa argentino ha come fine ultimo non quello di moralizzare la Chiesa, “spazzare via” i pedofili, ma cercare di condizionare il futuro conclave nella scelta del prossimo papa che non vogliono che segua la strada intrapresa da Papa Francesco.

Dietro tutto ciò è indiscutibile che ci sia l’interesse politico dei conservatori americani, appoggiati dai vescovi americani. Ricordiamo che la Chiesa americana è un mondo a sé, che non ha nulla a che vedere con il nostro mondo. I problemi del cattolicesimo americano sono più ideologici e politici che teologici.

Si tratta di un cattolicesimo – chiamiamolo pure “trumpiano”, che è all’opposto della visione di chiesa di papa Francesco.

In esso un ruolo particolare lo svolge Steve Bannon, uomo di origini proletarie in una famiglia irlandese-americana, cattolico di formazione, ex consigliere strategico di Donald Trump.

Egli è diventato il principe nero del populismo di destra negli USA, con l’idea di propagandare il verbo del sovranismo in chiave di supremazia della morale giudaico-cristiana sul resto del mondo, che, in Europa ha trovato alleati e adepti come: Matteo Salvini, che si serve anche dei simboli religiosi (crocifissi, corone del rosario etc…) per attrare alla Lega gli elettori cattolici e che si è visto con lui in un incontro che voleva essere segreto a Milano, l’8 marzo scorso.

Altri alleati sono: Marine Le Pen, Nigel Farage e, infine, Giorgia Meloni.

Quest’ultima negli ultimi anni ha intrapreso con gli Stati Uniti dei rapporti che sono diventati sempre più stretti. Divenuta pupilla italiana del partito repubblicano americano, viene invitata, infatti, a conferenze ed è stata a febbraio scorso ospite d’onore alla prestigiosa National Prayer Breakfast, l’evento annuale di politica e preghiera a cui ha presenziato anche Donald Trump, dove ha tenuto un discorso applauditissimo.

Come è nato questo rapporto? Report ha scoperto che le potenti fondazioni ultracattoliche, legate ai miliardari trumpiani ostili a papa Bergoglio, hanno finanziato al Parlamento Europeo un unico gruppo politico: l’Alleanza dei conservatori e dei riformisti di cui dal 2019 fa parte Fratelli d’Italia.

Steve Bannon, quindi, assieme a coloro che lo seguono, non si muove solo sul terreno della politica, ma anche all’interno della Chiesa cattolica, intrecciando il suo disegno con quello dei critici di Papa Francesco, stringendo alleanze e visioni del mondo che confliggono con l’idea di una Chiesa aperta alla misericordia, capace di accogliere ma soprattutto di non percepirsi più come una propaggine culturale dell’Europa.

La crisi creata dal fenomeno Trump, fenomeno che Bannon cerca di raccordare con la chiesa cattolica e di creare anche in Europa e nel cattolicesimo, è anche una crisi della globalizzazione cattolica e della globalizzazione del cattolicesimo ma questa è una saldatura inedita tra politica e religione, almeno per l’Italia.