L’Italia non potrà garantire agli immigrati nè dignità nè lavoro

È forse il rischio più alto che un battezzato corra, da più di 2000 anni, quello di percorrere il funambolico segmento che va dal fariseo pubblicano, talvolta nell’acuta e affannosa ricerca della coerenza, dalla quale non nasce visibilità ma testimonianza: tale rischio è direttamente proporzionale al decontestualizzare la realtà storico – antropologica fatta di attenzione, di cura, di responsabilità, per immettersi nel dramma contemporaneo della cultura del luogo comune.

 

Quanto afferma Don Bruno Cannatelli, direttore dell’ufficio diocesano per l’ecumenismo e i migranti, è senza ombra di dubbio, lodevole relativamente al messaggio cristiano volto all’accoglienza, ma quel che perde di vista è che nella posizione assunta nei confronti del Ministro Salvini, mancando assolutamente l’indagine sulla reale condizione dei fatti, scivoli inevitabilmente nel mero luogo comunismo da slogan. Non c’è povertà che non intenerisca il cuore correlato alla sua stessa coscienza.

Ed è assiomatico. È tuttavia doveroso interrogarsi persino sul concetto di povertà, dal momento che i migranti stessi sostengono ingenti spese per acquistare il diritto all’imbarcazione. Forse proprio in quei paesi da dove provengono, i poveri, dunque, sono altri…

È, altresì, umano attribuire alle vicende in corso tinte oniriche di sciasciana memoria, ma le condizioni storico – antropologiche e socio-culturali di allora erano sensibilmente ed indiscutibilmente diverse da quelle contemporanee.

Agli immigrati, oggi, il nostro Paese non è in grado di fornire assistenza, né ospitalità, né lavoro, in una sola parola DIGNITA’, e chiunque insista sul contrario, è evidentemente male informato.

La procedura che, proprio per dar loro dignità, chiameremo d’accoglienza, non fa che alimentare «l’industria criminale di sfruttamento di chi aspira a sbarcare clandestinamente i confini» – citando un’espressione d’evidente lungimiranza, di Sua Eminenza Il Cardinale Giacomo Biffi -, nonché a rimpinguare le tasche disoneste di chi approfitti proprio della loro fragilità, per trarre indebito vantaggio economico da offerte di lavoro disumane in assenza totale dei requisiti minimi, quanto a tipologia di alloggio, assistenza igienico sanitaria, relazionalità in ogni forma.

Razzista è chi, in forza dell’ appartenenza ad una etnia oggettivamente più debole, faccia il gioco della prepotenza e della slealtà o, peggio ancora, chi si scarichi la coscienza consentendo l’approdo senza saper guardare oltre e garantire il decoro di quella fetta di umanità già messa a dura prova dalla storia della propria terra.

Fino in fondo sosterremo il ministro Salvini, che ben oltre la superficialità di un qualunque slogan insiste ponendo in avanguardia gli italiani: il fatto che negli obiettivi di Governo vengano prima, non significa che uomini, donne e bambini di altre popolazioni non vengano affatto – per quanto desiderio profondo sia dar loro dignità, lavoro, autonomia nei loro Paesi -.

Solo nel momento in cui l’italiano avrà vinto la propria battaglia contro l’illegalità, contro il pressappochismo, contro il bisogno estremo di normalità umana, civile e professionale, sarà in grado di manifestarsi, come sempre, come uno dei popoli più generosi al mondo. C’è differenza tra la beneficenza e la carità, proprio nella logica del Vangelo che, certamente, non si esprime in termini di filantropia mondialit, ma d’amore.

Antonio Piserà