L’ITALIA COME LA CINA E LA TURCHIA DI ERDOGAN?

“È proprio vero mai avrei pensato, vivendo in Italia, di dover ringraziare Amnesty International. E non per una sua battaglia internazionale. Non per la campagna a favore della verità sul caso di Giulio Regeni. Ma per avermi difeso”. Lo scrive Mario Bottarelli su Il Sussidiario.net del 18 gennaio scorso (“COVID E POLITICA/ Le parole di Guardian e Amnesty International “censurate” in Italia”)…

Pensavamo di vivere in un Paese democratico, membro del G7, sempre in prima fila nella formale difesa dei diritti umani e civili. E invece, in data 14 gennaio, Amnesty International ha sentito il bisogno di pubblicare un documento dal titolo Posizione di Amnesty International Italia sulle misure adottate dal governo per combattere il Covid-19, aprendolo giustamente con una lunga premessa pro-campagna vaccinale.

“Insomma, l’associazione per la difesa dei diritti mani è si-vax. Apertamente. E dall’inizio, ovvero dal settembre 2021, quando lanciò la campagna 100 Days countdown: 2 miliardi di vaccini ora! Difficile quindi intrupparla con la folla presente sabato in piazza XXV Aprile a Milano. Ma proprio perché fedele al proprio mandato statutario, probabilmente Amnesty ha fatto leggere e rileggere al suo team di legali i vari provvedimenti presi dal Governo in tema di contrasto al Covid”.

Questi avvocati devono aver trovato più di un rilievo di pericolosa collisione con il concetto di incostituzionalità, altrimenti dubito che ci si sarebbe presi il disturbo di redigere un documento di critica così netta verso il Governo dei Migliori.

Nessun Paese civile e democratico dell’Occidente – NESSUNO – è mai andato oltre l’obbligo di mascherina per salire su autobus, tram, metropolitane e addirittura treni. Tamponi e pass solo per gli aerei. “L’Italia di Draghi, del Pnrr e del 6% di Pil, di fatto, pare più orientata verso un’impostazione del concetto democratico che ricorda la Turchia di Reeep Erdogan. Non a caso, nazione spesso e volentieri destinataria delle attenzioni di Amnesty Interational”.

Continua il giornalista de Il Sussidiario.net, “Quando dice che vietare al sottoscritto di prendere il tram e spostarsi liberamente nella sua città rasenta il concetto di sequestro di persona, ancorché con la scusa della lotta al Covid e della vaccinazione che ci libererà (ancorché laicamente) dal Male, allora meglio tacere. Nascondere. Ridimensionare. Quindi, evitiamo di rompere i cosiddetti a Putin e Xi Jinping, d’ora in poi. Perché siamo più vicini a loro che a Gran Bretagna e Germania, quantomeno stando al bisogno irrefrenabile dei legali di Amnesty International di far notare le eccessive sbavature ormai presenti ovunque sul foglio bianco che il Governo Draghi ha preteso nel contrasto alla pandemia (tra l’altro dilagata, da quando c”è il mega-super-fanta green pass)”.

L’altro documento è l’editoriale pubblicato il 9 gennaio scorso dal The Guardian, interessante il titolo: Mario Draghi è stato un bene per l’Italia e la dipendenza del Paese dal suo standing è giustificabile. Ma non salutare”. Il motivo? Molto attinente alle critiche di Amnesty International e segnalato dalla cerchiatura in rosso: Prima o dopo la democrazia dovrà essere restaurata. Insomma, il quotidiano che fuoriusciva fieramente dalle tasche dei giubbotti dei minatori gallesi che scioperavano contro la Thatcher dice chiaro e tondo che in Italia, oggi come oggi, non c’è democrazia. C’è l’emergenza necessaria della tecnocrazia di Draghi. Ma la democrazia è altra cosa.

Da questo momento continuo la citazione del giornale inglese, perché è veramente eccezionale.

Reazioni dal solitamente ciarliero ministro degli Esteri, Luigi Di Maio e del suo entourage alla Farnesina? Zero. Lo avesse scritto la Pravda o l’agenzia Tass o Sputnik, avrebbero convocato l’ambasciatore russo per proteste 30 secondi dopo. In questo caso, silenzio. E il Governo nella sua interezza? Nemmeno un fiato. Non una dichiarazione di indignazione o sconcerto: per tutti va bene così. Chi tace, acconsente. Come mai Repubblica o il Corriere della Sera non hanno dedicato spazio a un’accusa di questa gravità, anche solo per smontarla e chiedere culturalmente e deontologicamente conto ai colleghi d’Oltremanica? Eppure, quando il Guardian attaccava Berlusconi, il giorno dopo i nostri giornali autorevoli sembravano cheerleaders. Tutti a citarlo, a riprenderne gli strappi come fotografia di prima pagina, a sottolineare come il mondo ci guardi e ci giudichi. E ora, invece? Tutto bene?

E gli indignati speciali da talk-show, quelli che imbastiscono pantomime infinite sull’allarme fascismo 2.0 rappresentato da quattro scappati di casa in un bar e venduti al pubblico come le nuove SA, non hanno nulla da dire? Non vale una puntata? Magari mezza? Magari solo dieci minuti? Eppure, quelli del Guardian sono compagni, roba forte da eskimo in redazione. A certi salotti dovrebbe suscitare brividi di libido ideologica solo lo scorgere la grafica della testata. E sono anche autorevoli e molto alla moda, sono la voce colta e radicale della chattering society londinese, il quotidiano preferito da Ken Loach e Jeremy Corbyn: insomma, fa figo citarli mentre si spende il corrispettivo del Pil dello Zimbabwe per fare un aperitivo, discettando di diseguaglianze. E invece, stavolta nulla. Caduti nell’oblio più totale. Che brutta e ingloriosa fine, poor comrades. Ma non disperate, cari lettori. Dio non voglia che Silvio Berlusconi porti a termine la sua mission impossible la prossima settimana, perché in quel caso state certi che la rassegna stampa internazionale coprirà le prime 12 pagine dei nostri giornali autorevoli e, magicamente, nei talk show inviteranno i corrispondenti di mezzo mondo per un’allegra sessione di fango nel ventilatore, come ai vecchi tempi. E gli editoriali del Guardian torneranno a essere più citati di Siddharta. Questa è l’aria che tira.

Infine, la pubblicazione del post di ieri del professore Eugenio Capozzi, che fa una sintesi tragi-comica di quello che ci sta accadendo, nella nostra Italia, potenza democratica. Attenzione una precisazione chi scrive ha fatto la 3a dose sabato scorso, non per questo non devo sottoscrivere queste ed altre riflessioni:

“Nel Regno Unito il governo ha deciso che da giovedì vengono abolite tutte le lievissime misure di sicurezza anti-contagio ancora vigenti: le mascherine al chiuso (scuole incluse) i green pass per concerti e assemblee oltre le 500 persone, lo smart working, e dal 24 le quarantene per i positivi. Si torna in tutto e per tutto alla normalità, in un quadro sanitario di ordinaria amministrazione da epidemie influenzali invernali.

In Danimarca e Irlanda ci si appresta a fare lo stesso, in Spagna è già così, in Germania e in Austria si frena su obblighi e altre restrizioni.

In Israele il governo prende atto che la vaccinazione compulsiva non ferma il virus, e annuncia l’abolizione dei green pass in quanto inutili.

Intanto, nell’Italia trasformata in Draghistan, si toglie lo stipendio, si impedisce ogni attività sociale, si impedisce di viaggiare con i mezzi pubblici, ora si impedisce persino di andare dal parrucchiere o a comprare le sigarette a chi non accetta di farsi vaccinare un numero imprecisato di volte con sieri che non frenano alcun contagio e oggi sono quasi del tutto obsoleti, e si paralizza il paese in un’asfissiante gabbia di quarantene, isolamenti, tamponi diagnostici, certificazioni. E il governo continua a sostenere che il grande problema del paese è la minoranza dei non vaccinati.

Il paese è imprigionato in una bolla di psicosi e stagnazione, mentre intorno il mondo si muove, vive, lavora, studia, cresce. E i politici “responsabili”, con il coro dei media di corte, vorrebbero anche acclamare al Quirinale come un padre della patria il primo responsabile di questa catastrofe. Ormai il fossato tra l’Italia e la civiltà è diventato una voragine, che sarà presto incolmabile se qualcuno dell’establishment italiano non spezzerà questo cerchio infernale”.

 

A cura di DOMENICO BONVEGNA