
La Casa editrice Mimep- Docete ha tradotto e pubblicato alcune opere dell’arcivescovo americano il venerabile Fulton Sheen. Ho appena finito di leggere “Il Regno di Dio è una sfida”, titolo originale (“God’s World and Our Olace in It”, 1936) In questo volumetto l’autore sviluppa il tema del Regno di Dio, attraverso gli elementi essenziali del cristianesimo e della vita morale. Di fronte alla chiamata del Signore, il vescovo ci invita ad accettare la sfida e nello stesso tempo ad abbandonare tutto quello che ci allontana dal Regno. Anche quest’opera è composta di diversi ma brevi capitoli che ci aiutano a crescere e a fortificarci nella fede.
Il volume “è come se si venisse introdotti in un corso di esercizi spirituali”, scrive nella prefazione padre Angelo Bellon. In ogni capitolo (sono quindici) costituisce una meditazione che mette a fuoco alcune verità fondamentali della nostra esistenza.
I temi che affronta Fulton Sheen sono quelli che interessano direttamente ogni uomo: Dio, la coscienza, il peccato, le scelte fondamentali della vita come quella della consacrazione o del matrimonio e la generazione dei figli. Ogni risposta serve a chiarire il perché della nostra fede e perché il cristianesimo ci rende felici. Nel libro sono presenti i Novissimi (Paradiso, Purgatorio e Inferno), non è il giudizio, ma un auto-giudizio compiuto da noi stessi. Gli scritti di questo libro appartengono al periodo giovanile di monsignor Sheen, che veniva ascoltato e letto, anche se oggi, forse, non siamo abituati a quel linguaggio. Padre Bellon mette in risalto tre cose di questo libretto: 1 Fulton Sheen scrive in maniera chiara, smascherando i sofismi, che si presentano seducenti, ma nascondono equivoci ed errori. Ogni azione deve essere buona in tutti i suoi elementi. Basta un solo elemento fuori posto che l’azione risulti difettosa. Sheen usa il linguaggio delle due vie dei Santi Padri: quella che conduce alla vita etrna e quella che conduce alla perdizione eterna. 2 Il modo di esprimersi di Fulton Sheen, si tratta del linguaggio accompagnato dalla grazia della parola di cui parla San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (cfr. 1 Cor 12,8). E’ una grazia gratis a beneficio di chi legge, in questo caso. Perché la parola comunicata: nutre l’intelligenza, piace al lettore e lo induce a mettere in pratica quanto ha letto. Del resto seguendo San Tommaso, lo Spirito Santo non fa mancare nulla di quanto giova al bene della Chiesa, ai suoi membri, “facendo sì che non solo parlassero in modo da poter essere compresi da genti diverse, mediante il dono delle lingue, ma anche parlassero con efficacia, mediante il carisma della parola. E tale efficacia si esplica in tre modi: Primo, istruendo l’intelletto da insegnare. Secondo, muovendo gli effetti, così da far ascoltare volentieri la parola di Dio: il che avviene quando uno parla in modo da piacere agli uditori. Terzo, facendo sì che uno ami le cose che vengono espresse dalla parola, e voglia metterle in pratica: e ciò avviene quando uno parla in modo da convincere chi lo ascolta […]”. E’ quello che fa il vescovo americano con il suo linguaggio robusto, piacevole che mira a toccare il cuore di ciascuno per portarlo a Dio.
L’ultima cosa da evidenziare (3) per Bellon è la santità del nostro Autore, santità riconosciuta dalla Chiesa. A questo punto della presentazione del testo scelgo qualche tema. Il 1° capitolo Sheen medita su Gesù Bambino, che è Dio, Nostro Redentore, venuto sulla terra, non è stato accolto, divenne un senzatetto a casa sua. C’era posto per chiunque, tranne per Lui. Dovette vagare lontano dall’albergo, fuori nella stalla, in una spoglia grotta dove i pastori guidavano i loro greggi durante le tempeste. Il Re dei re, paradossalmente è un emarginato. Il mondo di allora ha ignorato Nostro Signore, lo stesso fa oggi: “il mondo ha sempre mancato l’incontro con il Divino, o per averlo cercato nei posti sbagliati o per non averlo riconosciuto pur avendolo incontrato”. Continua Sheen, il mondo, “ha cercato il Divino nel potere, nella popolarità, nel progresso, nella scienza; ha sempre ignorato la possibilità di trovarlo nella semplicità, nell’imprevisto, nella sconfitta e nella fragilità”. Dove vogliamo trovare Dio? Dobbiamo cercarlo nella sconfitta, sarà trovato “solo da coloro che cantano l’inno dei vinti, da quanti lo cercano nelle stalle dimenticate e fra le ignobili croci”. Il 2° capitolo affronta il tema della coscienza, il governo interiore, che esercita le stesse funzioni di ogni istituzione umana, vale a dire del potere legislativo, esecutivo e giudiziario. E qui Sheen sostiene quello che la morale cattolica ha sempre detto, qualunque azione, che ha l’approvazione o meno della società civile, non la rende giusta o ingiusta presso la mia coscienza”. Può capitare, talvolta, che “la coscienza ci chiede di opporci alla legislazione civile quando è in contrasto con la legge divina, come fu il caso dei martiri che morirono per la fede”. Senza scomodare i martiri, basta pensare alla legge dell’aborto. E’ la voce che viene dal “Monte Sinai interiore”. Il Male è sempre male, anche se tutti sono cattivi. Nel 3° capitolo, il grande dramma della Morale. Perché Dio ha creato il male e lo permette? La possibilità del male è legata alla libertà interiore dell’uomo. “L’uomo è stato reso libero di amare, è altrettanto libero di odiare”. E’ capace di obbedire, ma anche di ribellarsi. La virtù è possibile in un contesto dove si possa essere viziosi; l’eroismo dove ci sono i traditori; la santità dove ci sono quelli che hanno venduto l’anima al demonio. Il 4° capitolo non è permesso restare neutrali, c’è il castigo per i negligenti. La battaglia tra le forze del bene e quelle del male, occorre prendere posizione. Non possiamo avere una posizione da indifferenti. Sheen propone alla nostra riflessione la parabola dei talenti: “il mondo è pieno di uomini che hanno trascurato i loro talenti, le cui facoltà spirituali per mera indifferenza si sono atrofizzate […]”. Il castigo per i negligenti è pesante, terribile. Il 5° capitolo riflette sulla mortificazione. “Morire per vivere”. Il corpo e l’anima, la materia e lo spirito. Due elementi in conflitto; la legge della carne combatte contro quella dello spirito. Una di queste due deve morire nello scontro. E’ una lotta fino alla morte. La mortificazione è un combattimento contro noi stessi, “significa morire a se stessi, sconfiggere l’amore di sé, per vivere dell’amore di Dio”. Il 6° capitolo. La vita religiosa; il 7° capitolo, la vita matrimoniale (Finché morte non ci separi) Il matrimonio richiede disciplina, tanto al marito quanto alla moglie: lealtà, fedeltà e spirito di sacrifico: nella salute come nella malattia. Il matrimonio è pieno di difficoltà, ma ci sono i rimedi. Per esempio puntare maggiormente sull’amore che sul sesso. “La Chiesa ha avuto a che fare col matrimonio per venti secoli e nella cerimonia nuziale non parla mai di sesso, parla invece di amore”. Il frutto dell’amore sono i figli e siamo al 9° capitolo. E’ interessante la riflessione di Sheen sulla donna, sulla madre che genera i figli, non imita gli animali, al contrario, “essa assomiglia allo stesso Dio che l’ha creata!”. Il potere di generare, “Dio l’ha comunicato alle madri, affinché esse esercitino lungo il corso del tempo quel potere che Lui esercita nell’eternità”. 10° capitolo, il peccato è la morte della vita. Se non evitiamo la perdita del senso del peccato anche la nostra civiltà crollerà come sono crollate le precedenti. 11° Il Giudizio di Dio, e siamo alla resa dei conti. Naturalmente nella nostra società tutto questo è ignorato. La gente vive come se tutto finisce qui nel mondo, poi? Il nulla. 12° Le fiamme purificatrici del Purgatorio. Una punizione temporanea, ma anche questo è ignorato. A maggior ragione l‘Inferno eterno; il rifiuto dell’Amore. E siamo al 13° capitolo. E qui Sheen ammonisce certi parroci gentili (capitava anche allora)che non menzionano mai l’Inferno.
“La nostra epoca senz’anima pretende un Cristianesimo annacquato, volendo trasformare il Vangelo di Cristo in nient’altro che una gradevole dottrina sulla buona volontà, un programma sociale di miglioramento economico o una forma moderata di idealismo progressista”. Sono interessanti le riflessioni sul perché il mondo moderno ha cessato di credere all’esistenza dell’inferno. Il malvagio nega sempre l’inferno, mentre il santo lo teme sempre. Il vescovo americano incalza il lettore nel ragionamento sull’esistenza dell’inferno, è proprio Nostro Signore ad esigerlo come giustizia. “La Sua dottrina non è il semplice annuncio di un gradevole Vangelo rispetto al quale si possa rimanere indifferenti, così come la sua vita terrena non fu una vicenda intessuta di benevolenza sentimentale”. Certo il Nostro Dio che è morto in croce per redimerci dal peccato, è un Dio di amore, ma anche di giustizia. Lo splendido testo di Fulton Sheen termina con un inno al cristianesimo, un “inno ai vinti”, che soltanto dopo cinquant’anni che il Signore è morto sulla croce, sia Roma che Atene diventarono cristiane. Sia Roma che Atene scoprirono la vera ragione della loro immortalità. A Roma furono“i Romolo e Remo spirituali, cioè Pietro e Paolo nutriti col Pane disceso dal Cielo, in quella città vennero a predica l’eterno amore del Cristo Risorto”. Ad Atene fu il Dio che aveva predicato Paolo all’aeropago a dare l’immortalità. E se Gerusalemme non è stata dimenticata, è perchè Gesù è morto crocifisso, stessa cosa per Roma, dove un pescatore di nome Pietro è morto martire. E Atene sarebbe stata dimenticata se non ci fosse stata la predicazione del Cristo Risorto.
DOMENICO BONVEGNA
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