
di Andrea Filloramo
Abbiamo tutti seguito il conclave con grande curiosità e trepidazione, consapevoli dell’importanza storica di questo evento, fino a quando dalla Cappella Sistina ci è giunto il segnale che era stato eletto il successore di Pietro e che aveva preso il nome di Leone XIV.
Il nuovo Pontefice si è, così, presentato e riconosciuto, in un’epoca complessa in cui la Chiesa è chiamata a rinnovarsi e ad affrontare nuove sfide con coraggio e fede, come indiscusso leader mondiale.
Da osservare che il conclave, dal quale è stato eletto il successore di S. Pietro nella persona del Cardinale Prevost, come altri conclavi, pur avendo dinamiche che possono ricordare processi politici (come alleanze, divisioni legate a visioni ecclesiologiche o sensibilità geografiche diverse, strategie e votazioni), ha dimostrato senza ombra di dubbio, di avere una natura profondamente spirituale: il suo fine è stato l’elezione del nuovo papa sotto la guida di una forza misteriosa, che per i credenti è quello dello Spirito Santo.
Ridurlo, quindi, a una mera procedura politica è da ritenere riduttivo e irrispettoso anche da parte dei non credenti, che sono stati travolti, come tutti, dalla forte emozione non solo psicologica ma – chiamiamola pure in un’accezione ampia – religiosa, proveniente dall’avvenimento che si è svolto sotto gli occhi di milioni di persone in Piazza S. Pietro.
Occorre pensare che il concilio, visto e considerato nei suoi aspetti funzionali all’elezione del Sommo Pontefice, sia un sistema elettorale esclusivo della Chiesa Cattolica collaudato nel tempo ed efficiente e che per tali motivi, che si distanzia dai sistemi elettorali democratici di molti paesi del mondo.
Da evidenziare che il sistema sociale democratico, che non può appartenere alla Chiesa, è un metodo di governo in cui il potere risiede nel popolo, che sceglie i suoi rappresentanti attraverso elezioni libere e segrete, per il quale chi ottiene la maggioranza dei voti ha il diritto di governare.
In tale sistema, la democrazia funziona solo se c’è pluralismo politico e culturale, leggi uguali per tutti, rispetto delle regole.
Spesso, però, il sistema sociale non funziona o fatica a funzionare– e ne abbiamo molte prove – in quanto la società moderna ha tanti interessi, visioni e bisogni divergenti, spesso in contrasto tra loro, per cui trovare un equilibrio è difficile.
Crescono, pertanto, divisioni ideologiche e economiche; le regole, pur giuste sono lente, vulnerabili a blocchi, compromessi al ribasso o soggette a pressioni esterne e i gruppi di potere influenzano fortemente le decisioni.
Tutto ciò mina la legittimità e l’efficienza del sistema e fa sentire la gente distante dall’istituzione, tanto che spesso non si fida più di essa.
Quanto detto non avviene nel conclave che è – è vero – un sistema chiuso, elitario, ma non ha le ambiguità sul risultato da raggiungere; ha correnti interne ma tutte le correnti condividono una fede e una missione; ha una struttura comune, che dà coesione; si svolge in segretezza assoluta, senza dibattiti pubblici o campagne elettorali; ha, in poche parole, logiche molto diverse da quelle della democrazia politica.
I cardinali sono persino isolati dal mondo esterno finché non eleggono il papa, non si lasciano guidare dalle opinioni dei fedeli o da un mandato popolare; utilizzano il discernimento collettivo e il bilanciamento interno tra visioni diverse della Chiesa.
Non è proprio vero che nel conclave non si ascoltino le voci degli oppositori, che, da quel che si sa e non può essere andata diversamente, nelle Congregazioni Generali non sono mancate le critiche alla gestione della Chiesa del Pontefice precedente.
Sicuramente tutti i cardinali hanno ascoltato Gerhard Ludwig Müller, che guidò l’ex Sant’Uffizio, che di certo ha ripetuto motivando quanto precedentemente aveva detto al Fatto Quotidiano. “Le lobby vogliono soltanto strumentalizzare la Chiesa per la loro propaganda, ma non sono interessate alla nuova vita in Gesù Cristo. Serve un Papa che non parli per piacere ai mass media (…..). Il papa o chiunque nella Chiesa non deve confondere questa missione personale che viene da Gesù Cristo di essere il vicario di Cristo sulla terra, il successore di Pietro, con un ufficio politico, con il potere, vivendo e parlando secondo il piacere del mondo, dei mass media o di diverse lobby che con la loro agenda, globalista o dell’ideologia del gender, vogliono governare il mondo secondo i criteri dell’ateismo che negano la natura umana, negano anche la natura e la vita divina. Vogliamo un papa che sia preparato anche per il martirio con la sua parola e la sua vita”.
E’ stato ascoltato anche il vecchio Camillo Ruini che ha chiesto un Papa buono e cattolico e ha sottolineato che:” Tutti i vescovi devono vivere nella unità della Chiesa, ma l’unità in Cristo, nella verità. Non solo un’unità come la si fa in un partito politico, ma un’unità nella fede. D’altra parte, il papa, tutti i vescovi e anche i parroci sono pastori, buoni pastori, non sono comandanti di un esercito e nemmeno come alcuni politici che sono di un certo autoritarismo. Il papa non deve essere una persona debole, deve avere un sano carattere».
E sull’ipotesi di un “Francesco II” Ruini sarà stato netto e sicuramente ascoltato e convincente quando ha detto. «Dobbiamo scappare da questa situazione. Alcuni dicono: “Abbiamo bisogno di Francesco II”. Nel senso che il prossimo papa sia la copia del suo immediato predecessore. E ciò non è il senso di questa indicazione divina. Papa Francesco ha avuto la sua linea e la sua esperienza di vita. Ha scritto tante autobiografie dove spiegava la sua personalità ma dal punto di vista teologico tutto ciò non fa parte del magistero. Sono elementi personali, non sostanziali per essere cattolico: la vita personale, la spiritualità e l’esperienza del papa” .