La testimonianza – Moro rapito, cinque uomini massacrati

La sorte mi evitò simili pensieri dalla primavera del 1978 fino a parecchi anni dopo; non sarei diventato nient’altro che una pappetta di uomo, ridotto a una bestia dai carceri speciali e annullato del tutto per qualche mese di lì a poco. Il 16 marzo le Br rapirono Aldo Moro; non so come altro chiamarlo se non “l’inizio della fine”.

I dettagli sono disponibili praticamente ovunque, oggi, dal web a decine e decine di libri. Con anche – spesso – decine e decine di versioni.

Tutto fu abbastanza veloce: i giornali avevano da tempo eliminato le virgolette e i condizionali quando parlavano di noi, tranne nel caso del Corriere della Sera, che titotò con “Il Paese rifiuta il ricatto delle ‘Brigate Rosse’ – Moro rapito, cinque uomini massacrati”… Non dubitavano più nemmeno quando si trattava di ricevere comunicati o rivendicazioni. Ci sapevano abbastanza puntuali, e così avvenne; essendomi tenuto fuori da un po’ dal giro delle informazioni interne, non avevo nemmeno voluto indagare su quanto fosse stata orchestrata anche dalle galere la cosa, e quanto potessi invece nei miei sogni addossare a terzi, sconosciuti, “persone che si fanno prendere la mano” e qualunque altra spiegazione mi salvasse dalla dannazione e dalla pena. Intanto anche parecchi nel resto d’Italia si dissociavano, e pareva improvvisamente che non tutto stesse andando bene come sembrava dalla ferma volontà del gruppo.

Mi ripetevo che c’era speranza, che tutto si poteva ancora capovolgere… anche senza nessun risultato, mi dicevo, ma qualcuno fermi questo treno. Non so ancora se voglio scendere, ma di sicuro non voglio arrivare a destinazione.

Furono 5 giorni molto lunghi, quelli spesi ad aspettare le sicure conseguenze, che giunsero puntuali come i nostri comunicati: prima di una lunga serie di leggi sui detenuti, venne immediatamente sottoscritta e approvata quella per cui al termine di un rapimento concluso con la morte dell’ostaggio, c’era l’ergastolo; che prevedeva l’estensione del fermo della polizia e delle intercettazioni telefoniche, e infine – favoloso – gli interrogatori senza necessariamente la presenza di un legale.  Immagino che furono misure volte a contenere eventuali conseguenze del sequestro Moro, e immagino purtroppo che fu un’iniziativa responsabile da parte dello Stato, ma alle orecchie di chi sentiva da fuori fu come benzina sul fuoco, e a quelle di chi era già dentro suonò come una sentenza di morte.

 

Tratto dal romanzo Il picciotto e il brigatista – Fazi editore