La storia di Rossana, di professione mamma

Lei si chiama Rossana e vive a Reggio Emilia. Di professione mamma e non solo. Rossana lavora da molti anni nella divisione commerciale di una azienda, anche se ha una laurea in materie letterarie. Come detto Rossana è una mamma: sua figlia è la sua gioia, il suo orgoglio. Rossana è una donna molto sensibile: ama il mare anche se non sa nuotare, ama la montagna anche se non so sciare, ama soprattutto il suo cane e la danza. “Sono sempre stata ballerina per passione non per professione, perché ho iniziato tardi, a 18 anni, l’età in cui quasi si smette”. 

Rossana fa parte di quelle madri nella crisi: lavorano, si fanno carico della famiglia, tengono fede ai loro doveri ma godono di pochi, pochissimi, diritti. A volte neanche quelli più elementari, specchio fedele di una Italia che fatica a crescere perché dà per scontate, invece di valorizzare, le proprie risorse.  Racconta Rossana: “ho avuto una vita non sempre facile, con lutti e malattie importanti in famiglia, ma non ho mai perso la voglia di lottare per essere felice. Arrivata a questo punto della mia vita posso dire di essere  soddisfatta del lavoro svolto, perché ho un rapporto sereno con me stessa, con mia figlia e anche con chi mi sta intorno, nella consapevolezza comunque che non si finisce mai di crescere e di scoprire nuovi aspetti del proprio essere”.

Il filo di tristezza che accompagna il racconto di Rossana nasce soprattutto per la continua sensazione di non fare mai abbastanza, di essere inadeguata, di non essere una brava mamma… Poi, quando tua figlia ti dice che sei la migliore e che non ti cambierebbe con nessuna mamma del mondo, pensi che la perfezione fortunatamente non esiste, che va bene così e che ognuno cerca di dare il massimo in suo potere: di come il concetto di madre sia, nella percezione dei figli e, in generale, del mondo che le circonda, assolutamente totalizzante rispetto a quello di donna.

Già, perché in una società in cui si chiede alle mamme di lavorare il più delle volte per necessità e nello stesso tempo di gestire le incombenze domestiche e familiare.
Rossana raccontaci le ansie e fatiche familiari non solo di conciliazione con un lavoro, che spesso non c’è, ma anche di educazione dei figli…Ti sei guardata allo specchio e hai detto:  Sono Mamma ma (anche) una Donna?

Certo, ogni mamma è anche una donna ed è giusto che non lo dimentichi, anche se in certi momenti, quando per esempio i figli sono molto piccoli, non è così scontato e così semplice. Io sono forse, e in un certo senso per fortuna, una mamma anomala perché ho incontrato tardi colui che poteva essere la persona giusta per diventare il padre di mia figlia e poi il destino l’ha portato via presto lasciandomi il difficilissimo compito di fare la mamma e il papà insieme. Tendenzialmente sono una persona un po’ ansiosa quindi non è stato sempre facile riuscire a essere sicura e coerente nell’educazione di mia figlia, nelle varie fasi della sua crescita soprattutto nell’adolescenza quando la responsabilità dei permessi da accordare o negare era tutta mia. Inizialmente devo ammettere che molto facilmente e anche inconsapevolmente mettevo al primo posto le esigenze di mia figlia e in subordine le mie, ma poi pian piano sono riuscita a raggiungere un certo equilibrio complice anche il fatto che lei cresceva e diventava sempre più autonoma e indipendente. A questo punto potrebbe anche arrivare l’amore, chissà!

Non pensi che questa sovrapposizione diventa pericolosa nel momento in cui porta con sé una sorta di privazione di quei diritti inalienabili che invece, con maggiore facilità, vengono riconosciuti alle altre donne che non siano la mamma. Perché questa disparità?

Devo ammettere di non essermi mai trovata in questa situazione nella mia carriera lavorativa, forse sono stata brava forse sono stata semplicemente fortunata, purtroppo non è così per tante donne e lo sanno bene quelle che non vengono assunte perché sono giovani e quindi potrebbero voler fare figli, lo sanno bene quelle che non ritrovano il proprio posto di lavoro quando rientrano dalla maternità, lo sanno bene quelle che a parità di mansione non hanno la stessa retribuzione del collega uomo. Questa disparità di trattamento che portata agli estremi diventa privazione dei diritti inalienabili delle donne e degli esseri umani, credo abbia una spiegazione nel retaggio culturale che purtroppo ha caratterizzato la società italiana per decenni. Solo lavorando sulle nuove generazioni credo che si posa fare un cambio di rotta veramente sostanziale.

Quando ti senti veramente felice?

Sono felice quando mia figlia è felice, sono felice quando riesco a vivere il qui e ora senza pensare a quel che è stato o a quel che sarà. Più banalmente sono felice quando riesco a ritagliarmi del tempo (e tra il lavoro e la mamma malata è sempre una conquista), tempo per me e per il mio cane, tempo per vedere le amiche o andare a teatro, tempo da condividere con mia figlia.

Che cosa vuoi che i tuoi figli ricordino sempre di te?

La cosa alla quale tengo di più è che mia figlia possa dire di essere stata amata di un amore incondizionato. Si dice inoltre che si insegna più con i fatti che con le parole; io spero di aver dato un esempio positivo a mia figlia, di averle insegnato cosa vuol dire essere donna, una donna che ha rispetto per se stessa e si fa rispettare dagli altri.