La scristianizzazione dei cattolici

Sulle cause della generale scristianizzazione dei cattolici molto si è indagato e scritto negli ultimi decenni. Poco si è indagato sulle cause interne alla stessa comunità cattolica che hanno reso possibile il pauroso lavorio di distruzione al quale stiamo assistendo.

 

di ANDREA FILLORAMO

 

Sulle cause della generale scristianizzazione dei cattolici molto si è indagato e scritto negli ultimi decenni. Poco si è indagato sulle cause interne alla stessa comunità cattolica che hanno reso possibile il pauroso lavorio di distruzione al quale stiamo assistendo. Tali cause potrebbero essere: la rigidità dottrinale del cattolicesimo, l’esagerata mondanizzazione del clero, la mancanza di istruzione religiosa del popolo, la fede sempre più debole, la generale mancanza di una vita di comunità veramente cristiana, la subordinazione dei laici al clero e conseguentemente la clericalizzazione dello stesso popolo. Su ognuna di queste cause interne si potrebbero scrivere tanti volumi che gli operatori della pastorale dovrebbero tradurre in atti concreti prima che l’irreparabile chiuda definitivamente il cerchio di una crisi che come si può facilmente notare continua a distruggere quel che resta del pensiero e della morale cristiana.

Leggo quanto sta avvenendo in Francia, che credo non sia molto diverso da quel che avviene anche nel resto d’Europa. Secondo dati raccolti nel 2017 nella nazione con noi confinante, c’è una scristianizzazione crescente, che mette in guardia da una religione camuffata   con i valori laicisti anticristiani. In conseguenza di ciò si prevede che l’ultimo matrimonio in chiesa sarà celebrato nel 2031 e l’ultimo battesimo si terrà nel 2040. Non ci saranno più sacerdoti entro il 2044.

Leggo, inoltre, notizie che fanno riferimento in Italia alla carenza dei preti che possano coprire il vuoto di parroci: parrocchie, costrette all’accorpamento con un solo parroco e altri sacerdoti collaboratori. Non sappiamo ancora se le “integrazioni”, con le nuove unità pastorali che i vescovi un po’ dovunque stanno facendo nascere per tenere in piedi una presenza cristiana in paesi che costellano l’Italia da nord a sud, sia un rimedio efficace per superare la crisi oppure un tentativo di fermare un fiume in piena, che finora nessuno è riuscito a fermare.

Il professor Borghesi è convinto che la chiave di volta per invertire la rotta di un cristianesimo in caduta libera, possa, in qualche modo, essere rappresentata da papa Francesco. Non c’entrano le disquisizioni sulla contabilità delle folle osannanti – scrive – ma “il carisma di questo Pontefice, che viene dall’esperienza del cristianesimo popolare latinoamericano e che sta indicando la possibilità di un nuovo incontro tra fede e realtà popolare. Lo fa puntando sulle persone semplici, su un messaggio evangelico che va direttamente al cuore dei vicini così come dei lontani”.

Il segreto di Francesco, a mio parere, è quello di mettere al centro Cristo con tutta la sua umanità, con il suo pathos che a distanza di duemila anni ancora colpisce l’animo, attrae i distanti, converte i cuori.

A tal proposito suggerisco la lettura di un libro “Ortodossia” di Chesterton, che ho letto più volte. In quest’opera, ricchissima di idee e di suggestioni, lo scrittore inglese esprime la sua incrollabile fede cristiana, di cui argomenta con rigore, ma senza rinunciare al gusto per il paradosso, l’assoluta ragionevolezza. Tutte le obiezioni e le accuse che vengono di norma rivolte al cristianesimo e che sono alla base del suo discredito, sono affrontate con schiettezza, discusse e infine puntualmente rovesciate. Il risultato, spesso sorprendente, è la dimostrazione che anche i punti più astrusi della dottrina colgono una verità profonda dell’essere umano. In particolare, nel cristianesimo l’autore individua un insieme di valori spirituali e morali in grado di difendere l’uomo da ciò che, minando la bellezza e la santità della vita, lo rende infelice: le ingiustizie del capitalismo, le teorie materialiste e deterministe (in particolare l’evoluzionismo), le eresie del passato e del presente.

Il cristianesimo, per Chesterton, è la sola risposta possibile a quell’aspirazione al Vero, al Bene, al Bello, al Giusto, che abita nel cuore di ciascuno di noi, purché al centro ci sia sempre Cristo. Meravigliosa l’ultima pagina di questo libro, Così l’autore in essa scrive: “Nel chiudere questo caotico volume, riapro lo strano libriccino da cui venne tutto il Cristianesimo; e di nuovo sono turbato da una specie di confermazione. L’immensa figura che riempie i Vangeli s’innalza per questo rispetto, come per ogni altro, su tutti i pensatori che si credettero grandi. Il Suo pathos fu naturale, quasi casuale. Gli stoici antichi e moderni ebbero l’orgoglio di nascondere le loro lacrime. Egli non nascose mai le Sue lacrime. Egli le mostrò chiaramente sul Suo viso aperto ad ogni quotidiano spettacolo come quando Egli vide da lontano la Sua nativa città.

Ma egli nascose qualche cosa. I solenni superuomini, i diplomatici imperiali sono fieri di trattenere la loro collera. Egli non trattenne mai la sua collera. Egli rovesciò i banchi delle mercanzie per i gradini del Tempio e chiese agli uomini come sperassero di fuggire alla dannazione dell’inferno. Pure Egli trattenne qualche cosa. Lo dico con riverenza: c’era in questa irrompente personalità un lato che si potrebbe dire di riserbo: c’era qualcosa ch’Egli nascose a tutti gli uomini quando andò a pregare sulla montagna: qualche cosa ch’Egli coprì costantemente con un brusco silenzio o con un impetuoso isolamento. Era qualche cosa di troppo grande perché Dio lo mostrasse a noi quando Egli camminava sulla terra; ed io qualche volta ho immaginato che fosse la Sua allegrezza”.