La rivoluzione di papa Francesco

Roma 24–5-2021 Hotel Ergife Conferenza Episcopale Italiana Assemblea generale della Cei, aperta dal Santo Padre Papa Francesco. S.E.Card. Gualtiero Bassetti Servizio realizzato durante la pandemia Corona Virus - Covid 19 Ph: Cristian Gennari/Siciliani

di ANDREA FILLORAMO

Con l’etichetta “tradizionalisti cattolici” intendiamo gruppi diversi, sia quelli che non accettano le riforme introdotte dal Vaticano II ma che vogliono rimanere dentro la Chiesa e quelli che invece, de facto, si pongono fuori la Chiesa.

Gli uni e gli altri contestano uno o più punti delle riforme, come per esempio, la riforma liturgica, l’apertura verso le altre religioni, l’ecumenismo e la collegialità episcopale ed altro ancora.

I tradizionalisti, e fra questi molti preti che temono di perdere il potere e il controllo che hanno sulle coscienze, si affannano a difendere simboli che, non affascinano più nessuno, ma anzi spesso sono uno scandalo per molti ma non per loro che di tali simboli non possono fare a meno.

I tradizionalisti sono rigidi e intransigenti e spesso arrivano quasi a disprezzare chi la pensa diversamente da loro, come chi appoggia e gradisce le riforme apportate dagli ultimi papi e particolarmente da Papa Francesco.

Rimangono indifferenti ai problemi del mondo come quello della povertà, dell’emigrazione, dell’ingiustizia e di una Chiesa che ha perso credibilità e fedeli proprio perché spesso è fredda, lontana e autoreferenziale e, diciamolo pure, antievangelica.

Arrivano fino al disprezzo e a dichiarare illegittimo e antipapa Papa Francesco, che vuole rompere con gli schemi, che bada all’essenziale, che abbandona le antiche formalità e la stessa solennità del ruolo per presentarsi senza superbia, che parla un linguaggio comprensibile a tutti. 

Essi non tengono conto che l’attuale Papa ha conquistato il mondo,  continua ad  affascinare i media e a scandalizzare soltanto quanti rimpiangono una Chiesa che per fortuna non esiste più, che vogliono senza aver motivi teologici, celebrare la Messa in latino con il prete girato di spalle, che vogliono che i fedeli si inginocchino mentre prendono la comunione, che le donne si velino la testa entrando in Chiesa e re-introdurre altre quisquiglie che nulla hanno a che vedere con il messaggio evangelico.

Essi pensano, come nel Medioevo, che il diavolo (non è qui la sede per trattare il problema della sua esistenza) “tamquam leo rugiens”, quindi come un leone ruggente, sia un essere vorace che abbranca, ingoia e talora ri-espelle le vittime, che  domina il mondo e che sia lui stesso l’autore e non  l’uomo il protagonista delle sregolatezze , del sovvertimento delle leggi di natura e, perciò, dell’ odiata per loro modernità, abbracciata in quel che c’è di positivo, anche dalla  Chiesa di Papa Bergoglio, dalla quale bisogna, perciò, in ogni caso difendersi.

Questa immagine è evocata dal lupo mangiatore di uomini del folklore e della fiaba europea (dal lupo di Gubbio dei Fioretti di S. Francesco a Cappuccetto rosso), dal mito del licantropo, del vampiro, agli uomini-tigre della tradizione asiatica: è un’immagine forte che ha impressionato tenacemente l’immaginario medievale e ha influenzato anche la Commedia di Dante e che nei periodi di crisi della Chiesa è sempre riapparsa, cercando di farsi in tutte le maniere spazio.

Essa oggi ritorna da parte dei tradizionalisti, anche attraverso la riesumazione, osservabile in qualche Sito tradizionalista, della vecchia figura del prete esorcista, che è presente in ogni diocesi, con il necessario nulla- osta dei vescovi, che libera dal possesso diabolico. 

Osservando un esorcista appare singolare vedere come la figura del diavolo, irrilevante nella Sacra Scrittura, abbia assunto nel corso del tempo dimensioni spropositate nella vita dei credenti, al punto che molti cristiani sembrano credere più nell’onnipresenza del tentatore che in quella del Salvatore.

Hanno fatto e fanno più danni i cristiani con la loro ossessione e possessione del diavolo che quanti ne negavano la presenza, basti pensare per il passato alla mattanza di decine di migliaia di donne torturate e bruciate vive perché ritenute ree di commercio carnale con il diavolo e, per l’attualità, alle tante donne vittime di sedicenti esorcisti che, con il pretesto di liberarle dal demonio, le sottomettono a ogni forma di violenza psichica e fisica

I tempi in cui alcuni preti esorcisti inviavano a Papa Wojtyla accorate lettere per sollecitargli un intervento in cui scrivevano: “Santità lavoriamo come topi nelle fogne” sono diventati abbastanza lontani e ciò per merito o demerito di Giovanni Paolo II che incarnava una religiosità prettamente polacca in cui il diavolo occupa un posto non secondario, che immediatamente provvedeva, anche operando lui personalmente alcuni esorcismi.

Diciamolo con chiarezza: il Concilio ha definito che il ruolo del prete si sviluppa attorno a tre assi: l’annuncio del Vangelo, la celebrazione dei sacramenti e il governo della comunità e non richiede altre competenze. Questi assi conoscono oggi notevoli ricomposizioni che chiedono una ridefinizione del ruolo del prete, sulla quale sta intervenendo il Papa attuale.

I cosiddetti tradizionalisti non sopportano l’idea che le cose nella Chiesa cambino e tantomeno chi le vuole cambiare, come Francesco, che chiama i credenti a giocarsi la partita a mani nude, con le sole armi della fede, mentre loro amano pedagogie tristi, come la soggezione, l’intimidazione, la paura della punizione, la sacralità delle gerarchie, la fobia del demonio. Certo che la via indicata alla Chiesa da Papa Bergoglio che è la via del Vangelo e, quindi del cristianesimo, è impervia e difficile da percorrere, giacchè come scrive Dominique Collin in “Il Vangelo inaudito”: “Il futuro del cristianesimo è tutto nella riserva d’inaudito che il Vangelo possiede: perché, sì, c’è qualcosa del Vangelo che non abbiamo ancora inteso!”

È questa una tesi corrosiva per spiegare che il cristianesimo storico e culturale potrebbe essere un’illusione: una confortevole illusione che consente ai cristiani di evitare di chiedersi se sono ancora fedeli al Vangelo – parola viva, sempre inedita, perfino sovversiva.

Quando, allora, esisterà il cristianesimo? Quando smetterà di interrogarsi sul suo futuro e si preoccuperà di più di ciò che mancherebbe all’essenziale del Vangelo se non fosse proclamato come Vangelo?

Per uscire dalla crisi nella trasmissione della parola cristiana nel mondo di oggi, questa brillante perorazione del domenicano Collin propugna un cristianesimo che sappia parlare in modo evangelico a qualsiasi uomo e donna, credente o non credente, per invitarli – infine – a esistere.

Ci chiediamo: “Non è proprio quello che sta facendo Papa Francesco?”