La filosofia di vita ai tempi del Coronavirus: Auguste Comte, i “diritti” sono invenzioni umane

di ANDREA FILLORAMO

Il filosofo Auguste Comte opera durante il periodo del positivismo, che prevede un rilancio delle speranze illuministe e dà notevole importanza al progresso scientifico. Egli afferma che per chiudere lo stato di crisi nel quale versano le nazioni è necessario creare una vera e propria “fisica sociale” o “sociologia”, che consiste nella necessità di trovare delle “leggi della società”, proprio come se si analizzasse un fenomeno fisico. Secondo Comte tutto questo conferirà un certo ordine all’interno della società stessa.

In primo luogo, egli asserisce che “coloro che sanno” devono prendere il potere e – attraverso il loro sapere – potranno scoprire le leggi del comportamento umano. Questa sembra una sorta di riedizione del mito dei “saggi al potere” di matrice platonica. Ovviamente il concetto è modernizzato: là dove i sapienti di Platone erano “filosofi” dotati di Conoscenza spirituale (potremmo definirli “asceti”), per Comte i nuovi “condottieri” dei popoli sarebbero gli scienziati: coloro i quali, cioè, conducono la conoscenza umana sulla via delle “scienze positive” e affermano quindi la sociocrazia.

Secondo Comte i “diritti” sono invenzioni umane, che non condizionano la Natura, dotata di sue leggi e non “compassionevole” verso l’Uomo. Ciò che chiamiamo “diritti” – egli sostiene – non è che il frutto di una fatica utile, il risultato di un dovere compiuto. Quei “Diritti dell’uomo” partoriti dalla Rivoluzione Francese e – a suo avviso – suscettibili di distorcere un’equilibrata visione di ciò che i singoli e le società possono e perciò devono compiere per dar senso alla propria vita.

Fin qua in grande sintesi il pensiero di Comte.

Se guardiamo indietro da quando il positivismo è nato, anche se è cresciuta la fiducia verso la scienza e verso gli scienziati, uno Stato positivista non si è realizzato mai, quindi, il progetto di Comte è rimasto un’utopia. Rimane un’utopia ancor oggi, in piena crisi coronavirus se la politica per porre dei limiti all’aggressione di un piccolissimo corpo, un virus, del quale gli stessi scienziati poco o nulla sanno, ritiene ancora che i “diritti” siano invenzioni umane e che ciò che chiamiamo “diritti” non è che il frutto di una fatica utile, il risultato di “un dovere compiuto” e che quindi, ai diritti anche a quelli costituzionali non sempre dobbiamo appellarci.

È indubbio che la scienza può aiutare l’uomo a vivere e a vivere bene ma “non può prendere il posto della politica” ha scritto il virologo dell’ospedale San Raffaele di Milano Roberto Burioni, spiegando che “le conoscenze scientifiche sono fondamentali nel contribuire ad arrivare a decisioni quali la riapertura parziale delle attività, ma non possono essere l’unico aspetto da prendere in considerazione”.

Lo stresso scienziato, e intanto presenta la terapia con siero (o plasma) iperimmune che, stando a quanto egli dice, non è cosa nuova “ La novità grossa – egli afferma – ci sarà quando dati solidi diranno che funziona anche con COVID-19. In questa notizia di Burioni, utile per superare il pessimismo che ci ha accompagnato nel lungo periodo di segregazione sociale che ha coinvolto persino i bambini, c’è tutta l’attesa degli italiani obbligati a seguire le voci e le controvoci degli scienziati che continuano a coinvolgerci nel loro “bellum omnium contra omnes” (“guerra di tutti contro tutti”) che crea e distrugge nello spazio di poco tempo tutto.

Non possiamo, però, ancora dire: “Adesso basta!”.

Siamo ben chiusi in una camicia di Nesso, dalla quale non ci possiamo svincolare costretti a vivere (se questa è vita) nel ritorno ad un passato, che, ci dicono, non tornerà più, fra calcoli quotidiani, incontrollabili e quindi discutibili, interpretati in maniera diversa fra quelli che li hanno elaborato, con l’immagine della morte che ci perseguita. In attesa di che cosa non si sa.

Poveri noi! Non so più cosa scrivere perché sono ossessionato dall’idea di un danno incalcolabile che si sta operando in questi giorni particolarmente nei confronti dei nostri bambini figli o nipoti, chiusi in casa, che non corrono nei cortili dei preti, non giocano al pallone, non si incontrano fra loro, non frequentano l’oratorio e, la cosa più grave: non vanno a scuola. Qui la scienza non può intervenire, deve essere la politica, quella con la P maiuscola, non quella fatta da quattro scalzacani, che parlano sempre; parlano ma non concludono nulla; da una giovanissima ministro dell’Istruzione che esplicita in conferenze stampa quelle che sono le conclusioni dei suoi decreti ma non le ragioni che le determinano; che dimostra di sconoscere totalmente la psicologia dei bambini e degli adolescenti che non si apprende solo sui libri universitari. Queste osservazioni, non hanno alcun colore partitico ma nascono dal dispiacere di vedere tutta una società crollare a pezzi… sì per un maledetto virus ma anche per una politica incapace di affrontare i problemi creati dal virus stesso.