La Chiesa non deve mai diventare casa di affari perché la redenzione di Gesù è sempre gratuita

di ANDREA FILLORAMO

Papa Francesco più volte si è scagliato duramente contro i tariffari per le celebrazioni fissati da quelli che ha definito “preti affaristi.

“Quante volte – ha affermato Bergoglio – vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi per il battesimo, la benedizione, le intenzioni per la messa”. Il Papa non ha esitato a definire tutto ciò una vera e propria “corruzione che scandalizza il popolo”, aggiungendo che “le Chiese non devono mai diventare case di affari perché la redenzione di Gesù è sempre gratuita”. “Questo è peccato di scandalo“, ha concluso il Papa, dopo aver ribadito: “Ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente”.

Non sono pochi i preti, da quel che mi risulta, che fanno orecchi da mercante a questo pressante invito del Papa e, per tal motivo, anche la Congregazione per il clero, forse perché costretta dalle lagnanze dei fedeli che, anche in assenza di un tariffario pubblico che sarebbe un’aperta contestazione nei confronti del Papa, rilevano l’eccessivo “costo” di alcuni sacramenti imposto, da parte di alcuni parroci, mette nero su bianco e in una “Istruzione” riafferma la proibizione di chiedere o imporre soldi ai fedeli.

Nello stesso documento, approvato da Bergoglio, che porta il titolo: “La conversione pastorale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” nel capitolo “incarichi e ministeri  parrocchiali”, inoltre,  si investe il vescovo “a suo prudente giudizio”, della possibilità di affidare “ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco” alcuni compiti, tra cui “la celebrazione del rito delle esequie” e “dove mancano sacerdoti e diaconi”, “previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede la facoltà di assistere ai matrimoni.”

Immediatamente giornali e telegiornali hanno parlato di svolta della Chiesa e, quindi di “svolta” in Vaticano”. Ma non è, assolutamente, così. Come appare evidente, infatti, anche nei rimandi, già nel n.9 dei “Praenotanda” compresi nell’ Ordo Exsequiarum” del lontano1969 venne disposto che le “esequie nella Liturgia della Parola possono essere celebrate dal diacono” e, “se la necessità pastorale lo esige, la Conferenza Episcopale può, con il consenso della Sede Apostolica, designare anche un laico”. Tale circostanza è stata anche confermata nel 1997 nell’Istruzione “Ecclesiae de mysterio” su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti”, dove si legge che “i fedeli non ordinati possono guidare le esequie ecclesiastiche solo nel caso di vera mancanza di un ministro ordinato ed osservando le norme liturgiche in merito”, precisando che “a tale compito dovranno essere ben preparati, sia sotto il profilo dottrinale che liturgico”.

Quindi: “nihil novum sub sole”, “non c’è alcuna novità sotto il sole”: la Chiesa ancora insiste nel porre un “discrimen” fra il prete e il laico, anche se ambedue partecipano, perché battezzati, dell’unico sacerdozio che è quello di Cristo, almeno così insegna la teologia cattolica, ed è costretta, solo per la mancanza di preti, a riprendere vecchie disposizioni che mai sono state abrogate.

Molti hanno l’impressione che, piuttosto che la promozione di ministeri tipicamente laicali, negli ultimi decenni, siano stati attuati processi di clericalizzazione, tentativi di arretramento ecclesiocentrico, di controllo gerarchico sugli spazi laicali. Dopo il Concilio si è fatto spazio, infatti, un processo di ripensamento fortemente preoccupato per gli sviluppi futuri di alcune decisioni prese dalla gerarchia ecclesiastica. Ne è un esempio tra i molti l‘Istruzione interdicasteriale nel 1997 nella quale la figura del laico venne ridimensionata, tanto da interdirgli qualsiasi possibilità di partecipazione ministeriale ai ministeri della Chiesa.

Intanto nell’America Latina, da dove proviene Bergoglio, ci sono circa ottantamila comunità che sono presiedute da laici, moderatori o animatori di comunità, che evidentemente nella crisi quantitativa dei sacerdoti – ognuno dei quali dovrebbe coprire immense distanze per garantire l’eucarestia ai fedeli – sono ritenuti dagli stessi vescovi locali elementi portanti delle ministerialità necessarie per la missione della Chiesa oggi.

Ciò che è avvenuto nell’America Latina e non solo, avverrà, ne siamo certi, anche dalle nostre parti, dove la mancanza di preti comincia a farsi sentire in maniera determinante.