IL VERO PRESEPE SPIEGATO STATUINA PER STATUINA

Nei giorni scorsi su alcuni giornali è stato presentato un libro particolare “Il vero presepe. Tutte le statuine una per una di Luisella Scrosati (Edizioni Il Timone 132 pagine 24 e). Io non ho il libro della collaboratrice de Lanuovabussola, ma ho un altro libro che per la verità non ricordavo più di possederlo. Si tratta de “Il Presepe e i suoi personaggi”, di Fernando e Gioia Lanzi, Jaca Book, possiedo la 2° edizione del 2007. Il magnifico testo ha 247 pagine, per la metà dedicate a illustrazioni di presepi di artisti e collezionisti, l’opera fa parte della collana “I Classici”.

Gli autori ringraziano i tanti artisti e i collezionisti che hanno messo a disposizione le loro opere e le loro collezioni, tutte ben individuate e citate nel libro. Il libro è diviso in Tre Sezioni. Nella prima, si racconta La Storia, di come è nato il Presepe. In questa sezione gli autori come si può notare dalle immagini, raccontano come si è arrivati col tempo al presepe vero e proprio, alla rappresentazione, cioè ri-presentazione, il tentativo di rendere presente la Nascita di Nostro Signore Gesù Cristo. Rendere presente ciò che presente non è, e di farlo attraverso diversi strumenti: teatro, pittura, scultura, musica etc. Il vocabolo neutro latino praesaepe o praesepium significa “recinto chiuso con siepi”.

“Non c’è cultura – scrivono gli autori – che non abbia fatto suo il presepe e non l’abbia tradotto nel proprio linguaggio artistico, accostandosi al tema con grande libertà: partendo dai popoli e dalle nazioni, e giungendo fino ai paesi e anche ai quartieri, si trova che ogni società ha elaborato un suo specifico tipo di rappresentazione della nascita del Salvatore […]”.

La varietà, pertanto, è un tratto distintivo del presepe, sia messicano, polacco, provenzale, italiano, tirolese, tedesco. “Una stessa scena, uno stesso personaggio, con caratteri che vedremo quasi fissi, uno stesso annuncio vengono ripetuti un’infinità di volte in un’infinità di linguaggi e moduli espressivi”.

La prima immagine di Gesù si trova nella parte più antica delle catacombe di Priscilla, che alcuni fanno risalire alla fine del II secolo: Gesù è seduto sulle ginocchia della madre, e alla sua destra si trova una figura maschile, probabilmente un profeta. Man mano si passa ad altri affreschi, dove si possono notare anche l’adorazione dei Re Magi come nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna. I primi artisti cristiani preferivano un linguaggio essenziale e simbolico. Asino e bue sempre presenti, nonostante non vengono citati dal Vangelo. Il messaggio di salvezza universale dell’Adorazione dei Magi, lo troviamo completamente realizzato nel timpano del sarcofago di Stilicone (IV secolo) che si trova nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Tutte immagini presenti nel libro.

Poi gli autori prendono in esame gli altri fattori della Natività come la mangiatoia, i pastori, la capanna. Entrano anche nel merito del dibattito del giorno della nascita e poi della festa dell’Epifania.

Inoltre, per giungere al presepe vero e proprio, per gli autori del libro, bisogna ancora tenere presente l’altro grande genere d’arte che nasce dalla liturgia, il Teatro. Le sacre rappresentazioni o “misteri”, che seguirono al dramma sacro erano diffuse i Europa. Finchè si arriva a San Francesco, che inventò il presepio, imprimendogli una spinta eccezionale e qualificante, fino ad allargare la scena presepiale introducendo gli spettatori, dove il mondo diventa il palcoscenico.

  1. Francesco appena tornato dalla Terra Santa, desideroso di avere davanti agli occhi la scena della grotta di Betlemme, chiese al Papa l’autorizzazione di procedere a rappresentare la Natività nel castello di Greccio. Pertanto, Greccio divenne la nuova Betlem. C’era il desiderio di san Francesco di vedere con gli occhi del corpo, corporeis oculis, la nascita di Gesù Cristo. “Era evidente qui che il solo ricordo non bastava a Francesco, che sentì il bisogno non solo di ricordare, e di rivedere con gli occhi della mente, ma di rivedere con gli occhi del corpo […]”.

Per San Francesco l’uomo ha bisogno di vedere anche di vedere fisicamente, di contemplare e di mettere in moto quel processo di immedesimazione, per poter soddisfare la sua partecipazione.

Alla morte di S. Francesco, si continuò nella rappresentazione della nascita di Gesù, davanti alle chiese umbre per poi passare alla rappresentazione plastica, fino alla rappresentazione del presepe in tutte le case. Le prime figurine del presepe, le prime statuette mobili, databili al 1370, sono conservate in Polonia. Sono solo due figure di legno, superstiti, che rappresentano la Madonna e s. Giuseppe. Mentre uno dei primi presepi domestici è datato al 1560, fatto in Italia, in un piccolo paese, Capugnano.

L’uso dell’albero di Natale precede il presepio, anche se purtroppo, secondo i Lanzi, l’albero è percepito come alternativo al presepe, ed emblema di una festosità non religiosa.

La Seconda Sezione, è quella più corposa del libro, riguarda, l’”Antropologia e iconografia. La realizzazione del Presepe”.

“Allestire un presepe – sostengono gli autori – comporta innanzitutto due scelte, quella di uno spazio e quella di un ‘tema’. Pur nella fissità del nucleo centrale, infatti, le diverse concrete realizzazioni del presepe evidenziano come ogni presepe svolga di fatto un ‘tema’”.

Chiaramente la prima delle fonti dell’iconografia e della ritualità presepiale è certamente la Liturgia, che in diversi cicli di feste ripercorre la vita di Gesù e della Chiesa nei suoi santi. A questo punto è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti a cominciare dal dono che è una caratteristica di tutte le religioni. I personaggi della scena presepiale portano, o meglio si scambiano “doni”. I protagonisti del tempo natalizio sono i bambini, che rappresentano la novità, simbolo di speranza di vita che portano. Con le “letterine” dei bambini, subentrano i buoni propositi, si chiede perdono delle malefatte e comunque si promette di “essere buono”. Sempre al Natale si collega il culto di santa Lucia, diffuso in tutta Europa.

I doni nel presepio sono portati da due categorie di persone che restano distinte: i Magi e i pastori, entrambi hanno ricevuto il dono dell’annuncio. I pastori per mezzo degli angeli, i Magi, tramiti il dono stesso dell’illuminazione che ha consentito di “leggere” i segni dei tempi. Qui poi gli autori fanno riferimento alle tradizioni, alle usanze., si passa all’allestimento, alla costruzione del presepe, che viene allestito per essere “visitato”, è un messaggio per il pubblico. Avviene un vero e proprio pellegrinaggio (almeno una volta) di casa in casa, in particolare da parte dei bambini. Il testo fa alcuni esemplari esempi di allestimento. Sono immagini splendide di presepi napoletani e non solo, con immagini in primo piano.

Si inizia con le statue e l’iconografia. Naturalmente le statue sono fondamentali nel presepio, sono numerose, difficilmente si possono convogliare in un intero presepio. La scenografia può variare e comporta una precisa scelta, ci sono ambienti antichi e quelli moderni. “La scenografia prevede non solo la ricostruzione di un ambiente naturale, ma anche di abitazioni e paesi interi […]”. A volte si ripete la scena storica fatta da San Francesco, con un paesaggio di collina o di montagna, spruzzato di neve. Più il presepe è grande e più la scena si popola di case, paesi in lontananza, ruscelli, fiumi, laghi, boschi. Tuttavia, di solito si tratta di una ambientazione rurale, o comunque una ricostruzione storica del paesaggio palestinese.

Il materiale è vario si va dalla carta, alla terracotta, alla ceramica, al legno, oggi alla plastica. Quando ero bambino poteva capitare che alcune statuine mancanti li facevo con l’argilla; il libro dei Lanzi non ha previsto questa modalità.

Gli abiti di solito sono popolari del Settecento o dell’Ottocento, del tempo in cui maggiormente si è diffuso il presepe o che si è fissata l’iconografia presepiale.

Anche le luci hanno un compito fondamentale, la loro disposizione è volta a evidenziare il bambino Gesù: Luce del mondo.

E poi c’è la musica natalizia, i diversi suoni, con i tanti canti, con la presenza dei pastori, degli angeli. “Nei presepi la musica è non soltanto accompagnamento musicale alla scena, ma vivifica le statue altrimenti mute dei suonatori che si avvicinano alla capanna con i loro strumenti: a fiato come le zampogne, tipico strumento dei pastori, i pifferi, i flauti […] tamburi e cembali”.

Il bambino deve mostrare la nudità, Gesù deve essere un neonato come tutti gli altri. Interessanti e curiose le varie immagini proposte dal libro e poi la coppia di Maria e Giuseppe, anche qui a seconda dei popoli della terra, carini gli esquimesi o gli indiani d’America.

La mangiatoia, una specie di scatola che deve avere la paglia per deporre Gesù.

Gli angeli sono numerosi nei presepi, le statuine possono avere atteggiamenti diversi, inginocchiati a adorare, oppure con cartelli con la scritta “Gloria a Dio”. Non è facile sistemarli sospesi nell’aria. Poi c’è la stella cometa, la capanna o grotta dipende dall’ambiente, in qualche presepe si preferisce un rudere.

I tre re Magi sono quelli ben rappresentati nell’iconografia, si fa l’esempio della basilica di Santa Maria a Leon in Spagna, Sant’Apollinare a Ravenna, San Marco a Venezia, nel duomo di san Pietro e Santa Maria a Colonia. Il testo fa riferimento alla loro storia, al viaggio delle reliquie a S. Eustorgio a Milano e poi al trasferimento a Colonia. Come i Magi anche i pastori, visto il bambino, l’hanno adorato. Gli autori precisano che i Magi non hanno avuto nessuna evoluzione, sono rimasti uguali, figura fissa dell’umanità, i pastori si evolvono.

I presepi italiani, europei di tutto il mondo sono affollati di figura che rappresentano nei dettaglia la condizione umana. Tutte queste statuine o figurine potrebbero avere un nome: si va dallo zampognaro alla lavandaia, al fornaio, al tornitore, al pescatore, al cacciatore, insomma tutti i mestieri.

Il mondo del presepe è quasi sempre rurale, c’è quasi sempre presenta la statuina dell’adulto che indica la grotta al bambino, è la versione della Tradizione.

Al presepe precisano gli autori, ci si accosta insieme, non si va mai da soli, ma sempre in compagnia. I gesti più diffusi dai protagonisti del presepe, sono quelli dell’aprire le braccia, con la meraviglia di vedere Gesù Bambino, poi l’Adorazione con le mani giunte. Ogni personaggio, identificabile per il suo lavoro, offre qualcosa. Saranno i doni prodotti dalla pastorizia (latte, ricotta, formaggi) come dicono i canti popolari italiani. Tra i doni più vistosi portati dai pastori, c’è l’agnello. Numerosi sono gli agnelli nel presepe. Si allude al sacrificio di Gesù agnello di Dio. Chiaramente le offerte rappresentate cambiano di regione in regione, ma anche tra Paesi e popoli. Nel presepe non manca il dormiglione.

Nel presepe gli animali domestici, legati alla vita quotidiana dei pastori, degli agricoltori e anche di semplici cittadini. Per i bambini di città gli animali del presepe sono una lieta sorpresa, si divertono a muoverli, a collocarli. E poi c’è la rappresentazione dell’acqua che non deve mai mancare, e del fuoco. Infine, la presenza del castello di Erode.

La Terza Sezione presenta la Tradizione si rinnova. Il libro presenta la tradizione diffusa dei presepi in Italia, e non può mancare il riferimento a San Gregorio Armeno a Napoli, dove si radunano gli artigiani dei presepi. Ma anche la Fiera degli “Oh Bej Oh Bej” per Sant’Ambrogio a Milano. E poi tutti i mercatini natalizi europei.

Merita una particolare attenzione il tema: “Il presepe nel mondo: inculturazione della fede e identità culturale”. Per gli autori del libro, “la scena natalizia è stata, alla prova dei fatti, quella più felicemente e più capillarmente accettata in tutte le culture”. Da questa scena “hanno accolto il contenuto dottrinale, a loro volta traducendolo e riproponendolo nel loro linguaggio, così che il presepe è divenuto ‘veicolo di trasmissione, di una mediazione culturale””.

Attraverso la rappresentazione del presepe è stato ha reso “possibile la comprensione e l’accettazione del cristianesimo”.

DOMENICO BONVEGNA