Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Papa Francesco è la parola di Dio

di ANDREA FILLORAMO

Quando nel  1936 Jacques Maritain pubblicò il testo di sei lezioni tenute presso l’Università di Santander con il titolo “Umanesimo integrale”, in cui delineava l’ideale storico di una nuova Cristianità e di un nuovo umanesimo, nessuno pensava che questo ideale, dopo molti decenni, avrebbe trovato concretizzazione con un Papa, venuto dalla lontana Argentina, che non con la forza della sua dottrina ma con la sua semplicità, con il suo stile di vita,  con la forza del Vangelo dal quale riceve alimento, avrebbe sconvolto non solo la Chiesa Cattolica ma il mondo intero.

Egli ha introdotto nella Chiesa e nella società, una nuova “logica”, un cambio di paradigma e di sistema fondato esclusivamente sulla carità, sulla apertura al mondo, sui deboli, i poveri “scarto dell’umanità”, perché “Fratelli tutti”, affermando anche, al di là dei pronostici superati dalla storia di Maritain, un umanesimo veramente integrale.

Diciamolo pure: a sette anni dalla sua elezione il pontificato di Papa Francesco è diventato storico. Memorabili, infatti, sono diventati i gesti, ai quali, attraverso la televisione, abbiamo assistito di questo pontefice che attrae la gente di tutto il mondo, cattolica e non cattolica.

Tali gesti si aggiungono all’abbandono del palazzo pontificio e la fissazione della sua residenza a Santa Marta e quindi anche a tutte le scelte di vita frugale che hanno caratterizzato l’inizio di questo pontificato.

Accenniamone soltanto ad alcune, per cogliere solo aspetti di una personalità che, a mio parere, determinerà la storia della Chiesa Cattolica e del Cristianesimo, nel prossimo futuro.

Chi mai dimenticherà, infatti, l’umile gesto avvenuto in occasione della cerimonia penitenziale con i giovani della diocesi di Roma? Papa Francesco, allora si è inginocchiato in uno dei confessionali di San Pietro per ricevere l’assoluzione da parte di un semplice sacerdote; poi ha preso il suo posto all’interno del confessionale e ha amministrato il sacramento ad alcuni ragazzi.

Non è stato questo sicuramente un “coup de theatre”, cioè un colpo di scena, che non appartiene a Papa Bergoglio, ma una testimonianza di vita cristiana, in un momento in cui nella Chiesa cattolica si ripete un lamento spesso impotente di fronte al crescente abbandono della confessione, che è un sacramento che più contrasta con la mentalità dell’uomo moderno. Si potrebbe dire che si tratta ormai di un vero e proprio sacramento del disagio perché ai cultori del superuomo richiede umiltà e riconoscimento dei propri peccati.

Sicuramente è stato questo un fatto esemplare, che vale molto di più delle citazioni del Catechismo Romano o di pagine del trattato “de penitentia”.

Ricordiamo ancora che Papa Francesco, è stato il primo papa che ha ridotto allo stato laicale l’ex arcivescovo di Washington, a cui aveva tolto la porpora nel luglio 2018, riconosciuto colpevole di molestie durante una Confessione e abusi di potere e sessuali su minori e adulti.

È stato questo un segnale forte per tutto il clero pedofilo che fa capire che il Papa non “guarda in faccia nessuno” quando interviene per colpire duramente chi si macchia di un così grave peccato.

Lo scandalo degli abusi sui minori nella chiesa polacca ora coinvolge – e Bergoglio sta intervenendo – anche la figura del segretario di Papa Giovanni Paolo II, il cardinale Stanislaw Dziwisz, che avrebbe ricevuto nel 2012 più di una segnalazione sugli stupri ai danni di minori, ma avrebbe insabbiato tutto.

Un altro gesto di Papa Francesco, da non dimenticare, è l’apertura della prima porta santa del Giubileo straordinario in Africa, che non è un fatto soltanto rituale con il quale il Papa ha anticipato in questo modo nel Continente nero l’inizio dell’Anno Santo.

Egli ha spiegato che aprendo la prima porta santa nella Repubblica Centrafricana ha voluto “manifestare la vicinanza orante di tutta la Chiesa a questa nazione così afflitta e tormentata ed esortare tutti i centroafricani a essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione”.

Cosa impensabile dai pontefici precedenti è stata, poi, la nomina dei cardinali.

Il Collegio Cardinalizio è l’ufficio più importante della Chiesa cattolica. Definito anche “Sacro Collegio”, è composto dai porporati che sono chiamati ad eleggere il Papa. Per secoli, fino all’elezione di Papa Francesco, il Sacro Collegio era stato composto dagli arcivescovi delle diocesi più ricche e con il maggior numero di fedeli, dai prefetti e capo dicasteri della Curia romana, dai nunzi dei Paesi potenti, dai rappresentanti degli Ordini religiosi più rilevanti.

Fin dal primo Concistoro tenutosi il 22 febbraio 2014, papa Francesco ha cambiato radicalmente i criteri di scelta e la composizione geografica del Collegio Cardinalizio. Prima che Bergoglio venisse eletto pontefice, nel Collegio Cardinalizio vi erano 48 Paesi con cardinali elettori. Attualmente i cardinali elettori provengono da 56 Paesi, 16 dei quali non avevano mai avuto prima un cardinale.

Molti altri gesti di Papa Bergoglio potremmo ricordare, come, l’apertura all’Islam non fondamentalista, la condanna della pena di morte, della violenza di genere, di quella che egli chiama “la violenza cattolica” che, a parere del pontefice, non differisce dalla violenza islamica. A tal proposito è passata sotto silenzio, per motivi politici, l’espressione del Papa, che, accennando alla violenza islamica dice: “A me non piace parlare di violenza islamica, perché tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo violenze, qui in Italia: c’è quello che uccide la fidanzata o la suocera, e questi sono violenti cattolici battezzati. Se parlassi di violenza islamica dovrei parlare anche di violenza cattolica?”.

Scrive un prete, Mauro Leonardi nel suo blog: “Dopo sei anni di Papa Francesco il ‘mondo cattolico’ non esiste più. E non sto pensando a gruppi o a nomi e cognomi: sto pensando a una Weltanschauung, a una concezione della vita, a un modo di vedere le cose. Per un cattolico il ‘mondo cattolico’ non esiste perché il mondo cattolico è il mondo. E se oggi il Papa ci parla tanto di periferie è perché ci siamo fatti l’attico in centro, abbiamo barricato la nostra vita apostolica, la nostra vita di fede, la nostra vita, al centro, ai primi posti, ai posti dei primi, e l’abbiamo arredata di lucidi principi non negoziabili, di adamantini “non prevalebunt”, di specchiati valori inalienabili. Ma Gesù non aveva case, cose, su cui posare il capo, Gesù non era la tavola vivente delle leggi ma è la parola di Dio”.