Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Leone XIV recupererà l’amore di Agostino per la verità

di Andrea Filloramo 

Per quanto Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, appartenga all’Ordine agostiniano, costituito da uomini e donne che seguono il cammino spirituale del Santo vescovo di Ippona, ideatore di una forma particolare di vita consacrata e si richiami con frequenza a Sant’Agostino (354 -430), il cui pensiero ha ispirato generazioni di credenti, non potrà certamente fare suo l’intero pensiero del vescovo di Ippona, che ha vissuto e operato molti secoli fa, in un contesto totalmente diverso da quello in cui viviamo oggi. 

Certamente egli attingerà a piene mani, come sempre ha fatto, dal realismo agostiniano sull’uomo e dalla sua visione appassionata della Chiesa, ma non ignorerà gli   otto secoli di riflessione teologica e i richiami fatti dal Concilio Vaticano Secondo, avvenuto negli anni 60 del secolo scorso. 

Stando alle notizie che ci pervengono sulle sue esperienze personali e pastorali, Papa Leone offrirà alla Chiesa, come ha fatto da vescovo, la sintesi di un’agostinianità rinnovata, capace di parlare a un mondo che cambia.  

S.Agostino, di cui il Papa è molto devoto, è un gigante del cristianesimo, che ha donato intuizioni fondamentali sulla grazia e sulla lotta interiore dell’uomo, delle quali i cristiani di ogni tempo hanno fatto tesoro, tuttavia, c’è un ambito delle sue riflessioni, in cui ai nostri giorni il suo pensiero mostra segni di inadeguatezza.  

Questo ambito è quello concernente la sessualità, oggi vista come un fenomeno complesso  che investe la biologia, la psicologia, la cultura e la società. 

Non è ritenuta, quindi, semplicemente un aspetto fisico legato alla riproduzione, ma un’esperienza complessa che è parte integrante dell’esperienza umana.  

Inaccettabile è, perciò, l’idea agostiniana che il corpo sia un veicolo di concupiscenza, che la sessualità sia vista soprattutto come rischio e ferita, che il desiderio sessuale sia da ritenere la conseguenza di una caduta (il peccato originale), marchiato dalla disobbedienza originaria e la libido sia la prova concreta della ferita del peccato nel corpo umano. 

Da tenere presente che questa lettura del pensiero agostiniano che la Chiesa per secoli ha fatto sua, ha avuto conseguenze profonde: ha consolidato nella tradizione cattolica un sospetto sistematico verso la sessualità, relegandola alla sola funzione procreativa e spesso associandola al disordine morale.  

Per secoli, il corpo è stato, infatti, pensato più come campo di battaglia che come spazio teologico, più come sede del peccato che come linguaggio dell’amore.  

Oggi, in un mondo che rivendica il legittimo diritto all’amore, alla corporeità, alla complessità dei vissuti, il pensiero agostiniano non può più bastare.  

Il pontificato di Leone XIV si è certi che si configurerà come un momento significativo di questa svolta, da tempo avvenuto anche nella cosiddetta teologia della sessualità.  

Pur rimanendo profondamente legato alla tradizione, il Papa Leone XIV indicherà una strada, come già abbozzata durante i pontificati precedenti: una teologia che non demonizza il corpo né reprime il desiderio, ma lo riconosce come parte integrante della vocazione umana e cristiana. 

Sotto la guida di questo Pontefice, il cammino verso una comprensione più umana, inclusiva e profonda della sessualità può diventare più concreto.  

Non c’è però da aspettarsi una ridefinizione di norme morali o un aggiornamento del linguaggio pastorale: in gioco c’è una trasformazione profonda dell’antropologia cristiana, di come la Chiesa guarda al corpo, al desiderio, alla relazione.  

In questo scenario, che è molto complesso e delicato, Papa Leone XIV si distinguerà per un approccio che unirà rigore teologico e sensibilità pastorale. 

Leone XIV recupererà l’amore di Agostino per la verità, la sua attenzione alla coscienza, la sua percezione del dramma umano.  

Rifiuterà di ridurre la sessualità a peccato strutturale o a semplice campo di prova morale.  

La sua agostinianità sarà selettiva, critica, dinamica. 

Già, del resto, nella Chiesa, a livello sinodale per quanto concerne uno sguardo diverso alla sessualità, si sono registrate aperture significative e indicazioni di strade da percorrere con perseveranza. 

Nei lavori preparatori del secondo Sinodo sull’Amore Umano, previsto per il 2026, diversi episcopati – dalla Chiesa tedesca a quella congolese – hanno sollecitato, infatti, un nuovo linguaggio per parlare di affettività, orientamento sessuale e desiderio.  

L’arcivescovo di Tolosa, mons. André Vézinat, ha dichiarato: “Non possiamo più parlare di castità come pura astinenza: dobbiamo riscoprirla come integrazione armoniosa della sessualità nella vita della persona”. 

Anche il mondo accademico si muove verso questa direzione. A Louvain, a Bologna, a San Paolo, infatti, sono sorte nuove cattedre di “teologia del corpo” che studiano il desiderio, non come nemico della grazia, ma come spazio teologico da abitare.  

Tutto lascia intendere, perciò, che la Chiesa di Leone XIV si sia già   preparata a questo modo di pensare e di vivere la sessualità: non come problema da contenere, ma come linguaggio da comprendere. Con prudenza, ma anche con coraggio. 

Il pontificato di Leone XIV si configurerà – ne siamo certi – come un momento di svolta nella teologia della sessualità.  

Pur rimanendo profondamente legato alla tradizione, il Papa anche con la sua predicazione e nei suoi discorsi non demonizzerà il corpo né reprimerà il desiderio, ma lo riconoscerà come parte integrante della vocazione umana e cristiana. 

Lo sappiamo: questa sfida non sarà facile né priva di rischi. Richiederà equilibrio, prudenza e coraggio, ma soprattutto un cuore aperto alla complessità dell’esperienza umana.  

Leone XIV, nel suo equilibrio tra eredità e riforma, offrirà alla Chiesa una sintesi possibile: quella di un’agostinianità rinnovata, capace di parlare a un mondo che cambia. 

Sotto la guida di questo pontefice, il cammino verso una comprensione più umana, inclusiva e profonda appare oggi più concreto e promettente che mai.