Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: la fine della pandemia dipende dall’informazione e dalla formazione dei suoi specialisti

Dichiarazione del Prof Mario Draghi al termine del colloqui con il Presidente Sergio Mattarella,al Quirinale (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

di ANDREA FILLORAMO

Lo sappiamo ormai tutti: la fine della pandemia dipende dall’informazione e dalla formazione dei suoi specialisti e dagli interessi della classe politica, che non è facile che vadano sempre d’accordo e, quindi, mai essi annunceranno ufficialmente la sua fine, ben sapendo, oltretutto, che il coronavirus non scomparirà del tutto e che occorre sempre tenerlo sotto controllo.

Ciò, in ogni caso, avverrà quando i dati del contagio saranno facilmente identificabili e rintracciabili; quando la gente, stanca e bisognosa di riprendere la quotidianità, saprà coabitare con questo maledetto virus; quando ancora tutti osserveranno scrupolosamente le norme di contenimento dei contagi e si vaccineranno.

Si giungerà, perciò – ne siamo certi – alla cosiddetta “immunità di gregge”. Avverrà allora quello che è già avvenuto, negli anni venti del secolo scorso, nella pandemia della Spagnola.

Da osservare che in quel tempo non c’erano vaccini o terapie capaci di debellare quel virus e l’epidemia provocò, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la morte di oltre 50 milioni di persone, a fronte di un numero di contagi di circa 500 milioni, pari a circa un terzo dell’allora popolazione mondiale. Allora è diventate dominante la filosofia del ‘carpe diem‘.

Risulta dalla lettura di alcuni documenti storici, infatti, che la popolazione che riuscì a sopravvivere all’epidemia, entrò in una fase di euforia in tutti i sensi, compresa quella economica e ha consegnato al futuro una certa eredità a livello scientifico, confermando e ampliando la conoscenza di come le epidemie devono essere trattate.

Avremo degli “anni ruggenti”, quando avremo archiviato il Covid? Non se lo augura sicuramente Papa Francesco, che, nella sua Enciclica “Fratelli tutti”, che secondo Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, contiene una visione profondamente evangelica” e da cui “si traggono delle conseguenze sociali”, scrive: “Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”.

Il Papa, in questa sua Enciclica rivoluzionaria, che invito a leggere, ci proietta in quella che egli definisce un’“ecologia integrale”, che augura che nel dopo Covid venga implementato, “un ecosistema di interrelazioni tra uomo e natura in grado di assicurare benessere alla terra e all’uomo in un tutt’uno fatto di rispetto della natura, di nuovi modelli di produzione e consumo, di un attento modello di gestione e partecipazione del capitale umano alla comunità, di riprogettazione degli spazi comuni del territorio, di nuova imprenditoria, di recupero dei materiali e di gestione dei flussi operativi più attenti agli impatti sociali e ambientali. Un’economia sostenibile al servizio della dignità dell’uomo”.

È quella del Papa non un’utopia ma un nuovo Patto per l’economia contro le diseguaglianze e la cultura dello scarto, per uno sviluppo equo e sostenibile, una vera e propria rivoluzione mondiale, pacifica ma ostinata, per cambiare lo stato del Pianeta e insieme le condizioni di miliardi di uomini.

“È tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni”, esorta il Papa e afferma: “Se si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla con un’anima, secondo criteri di equità, si potrà puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no”.

Sono ormai nel mondo, non soltanto quelli di fede cattolica, che sostengono che Papa Francesco sia l’unico, vero leader mondiale ad avere una visione politica, che è anche una visione evangelica, sul come uscire dalla palude in cui stiamo vivendo, caratterizzata da crisi economiche dall’avvento di una tecnologia sempre più distruttiva di posti di lavoro, da un livello di disuguaglianza di vita tra gli esseri umani che mette a rischio la coesione pacifica nel mondo, aggravata dalla stessa pandemia che ancora ci assale e alla quale non eravamo preparati.

Per molto tempo, forse, ci siamo dimenticati di quel passo di Matteo 24, 44, che Papa Bergoglio, in una delle tante sue omelie, ha richiamato e che si conclude con un invito: “tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”.