IL VANGELO SECONDO ANDREA FILLORAMO: Con voi sono cristiano e per voi sono vescovo

di Andrea Filloramo 

Molte sono le sfide che attendono il nuovo Pontefice in una “Chiesa divisa”. Qualunque cosa faccia, uno dei suoi compiti più difficili sarà quello di gestire le aspettative che vengono riposte in lui.  

Leone XIV sarà, quindi, in grado di soddisfare tali aspettative? 

Una cosa è certa: il compito che gli ha affidato il conclave è difficile, ma non impossibile in quanto Robert Francis Prevost ha le carte in regola per affrontarlo con successo.  

Leone XIV è indubbiamente, infatti, un uomo di alta spiritualità, un agostiniano, equilibrato, di esperienza pastorale, un mediatore.  

Ma sono soltanto queste le virtù richieste per essere un uomo di governo in una Chiesa Cattolica che per essere governata ha bisogno di una struttura articolata e profondamente radicata nella sua storia com’è la Curia Romana?  

Da osservare che la Curia è l’insieme degli organismi e delle istituzioni che coadiuvano il Papa nel governo della Chiesa universale; comprende dicasteri, congregazioni, tribunali, consigli e uffici vari, ognuno con compiti specifici (come dottrina, liturgia, vescovi, missioni, comunicazione, ecc.). 

Paragonarla a una “macchina molto complessa è più che appropriato, e il Papa come “manovratore” suggerisce bene la sua posizione: non sempre può intervenire direttamente su ogni ingranaggio, ma il suo ruolo è centrale per indirizzare e armonizzare l’azione della Curia.  

Da osservare che il Papa non è – come si usa affermare – un sovrano assoluto nel senso moderno del termine, ma governa la Chiesa su un principio, che è quello della collegialità e, quindi, affida deleghe a cardinali, prefetti, nunzi e altri collaboratori e interviene direttamente solo nei casi più gravi o simbolici. 

Ogni riforma, decisione o linea pastorale del Papa può incontrare ovviamente resistenze interne, soprattutto quando tocca interessi consolidati, sensibilità teologiche o culture ecclesiastiche diverse.
Papa Francesco, ad esempio, ha più volte parlato di una “mentalità da corte” e delle “resistenze passive” alle riforme. 

Negli ultimi pontificati (soprattutto con Papa Francesco), c’è stata una forte enfasi sulla sinodalità, cioè sul camminare insieme, ascoltando tutto il popolo di Dio. Questo significa non imporre decisioni dall’alto, ma favorire il discernimento comune. 

Papa Francesco, nel corso del suo pontificato iniziato nel 2013, ha cercato di riformare profondamente la Curia Romana, partendo dalla sua costituzione apostolica Praedicate Evangelium (2022), cercando maggiore trasparenza, efficacia pastorale e spirito di servizio.ma al suo successore lascerà comunque diversi problemi aperti o parzialmente risolti.  

Molte delle riforme sono ancora, però, in fase di implementazione o non sono state capite; vi sono state forti resistenze interne che ancora sicuramente continueranno, soprattutto tra cardinali, vescovi e funzionari di lunga data, che sono stati formati in un ambiente dove la prudenza e la conservazione dell’equilibrio erano la regola e, per i quali, i cambiamenti rapidi o radicali possono sembrare per loro pericolosi o disordinati.  

Non mancano fra loro visioni teologiche o pastorali differenti o tecniche di resistenza passiva: rallentamenti, ostruzionismi burocratici, interpretazioni “creative” delle direttive pontificie, alcune conosciute, altre occulte. 

La Curia, quindi, non è ancora allineata allo spirito sinodale e missionario voluto da Francesco.  

Il controllo sui dicasteri è sicuramente imperfetto; serve maggiore trasparenza nella gestione dei fondi della Santa Sede e dello IOR; persistono timori di opacità, clientelismo e cattiva amministrazione.  

Papa Francesco ha personalizzato molto le nomine, puntando su profili pastorali più che “di carriera”; tuttavia, alcuni incarichi importanti sono  retti da figure discutibili. 

Al successore spetterà riequilibrare la struttura con una visione propria, ma senza perdere la continuità. 

Le aperture di Francesco (es. verso i divorziati risposati, le coppie omosessuali, le benedizioni non sacramentali, ecc.) hanno generato tensioni con settori più conservatori della Chiesa, anche all’interno della Curia. 

Papa Leone dovrà affrontare: un clero diviso, spesso culturalmente impreparato, in alcuni casi apertamente critico; la questione dell’unità ecclesiale specialmente dopo sinodi controversi o inascoltati; una Curia parzialmente riformata, ma ancora molto fragile; una Chiesa globalmente viva, ma spaccata tra innovatori e conservatori;  una società in rapida secolarizzazione, soprattutto in Occidente; i seminari che si svuotano sempre di più, il problema delle molestie sessuali da parte dei preti etc. 

Da quel che sappiamo Papa Leone XIV è un mediatore prudente, capace di equilibrio tra tradizione e novità, uno che vuole accelerare i cambiamenti avviati da Francesco. 

Il suo nome stesso richiama forza, decisione, e una visione di rinnovamento con radici profonde, in continuità ideale con Leone XIII e Leone X. 

Leone XIV saprà ascoltare non solo i vescovi, ma anche il popolo di Dio? Saprà decidere con coraggio e chiarezza, evitando l’ambiguità? Saprà unire, perché la Chiesa è stanca delle divisioni, e, per sua natura, tende necessariamente all’unità? 

A queste domande possiamo rispondere citando le parole che sono anche un impegno programmatico di Papa Prevost nel primo discorso fatto quando è stato eletto e cioè. “Camminare insieme a voi come chiesa unita, cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura per proclamare il Vangelo, per essere missionari. Sono un figlio di Sant’Agostino, che ha detto: “Con voi sono cristiano e per voi sono vescovo”. Lo sappiamo: l’impegnarsi già è molto ed è una grande dimostrazione di volontà e dedizione che il Papa compie, affidandosi a Dio e sappiamo che Lui non abbandona mai la Sua Chiesa,