Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Comprendere il passato attraverso il presente e il presente attraverso il passato

di ANDREA FILLORAMO

A quasi sessant’anni, da quando è stato scritto l’«Apologia della storia», libretto di M. Bloch, prezioso per chi s’interessa di Storia, che negli anni del mio insegnamento ho sempre suggerito ai miei studenti di leggere, costituisce ancora un arnese importante, anzi essenziale, per quello che lo stesso Bloch, chiama nel sottotitolo: “il mestiere dell’essere storico”. Il suo assunto è quello di “comprendere il passato attraverso il presente e il presente attraverso il passato”.

È stata  questa la chiave interpretativa  degli accadimenti umani, quando, ho cercato, al di là della narrazione fatta da tutte le televisioni pubbliche e private 24h al giorno, che talvolta arrecano solo paura anzi terrore e non conoscenza  di  quanto sta avvenendo oggi con il Covid- 19 e ho notato che quel che accade oggi non è  sostanzialmente diverso con quanto è avvenuto nel passato.

Il parallelismo fra ieri e l’oggi l’ho rilevato quando mi sono imbattuto in: “Storia delle epidemie. Dalla Morte Nera al Covid-19” di  Frank M. Snowden (LEG Edizioni, 2020) e, quindi, non mi è stato difficile notare che quel che  accade oggi è accaduto nel 1918, quando l’umanità si è trovata  di fronte a una delle più grandi pandemie della storia: la cosiddetta influenza spagnola, che ha causato,  tra i 50 e i 100 milioni di morti in tutto il mondo.  Anche allora le persone morivano dopo aver sofferto: mal di testa, difficoltà respiratorie, tosse e febbre alta.

Ricordiamo, però, che allora era impossibile l’ospedalizzazione per la mancanza di case di cura e l’Istituto di Sanità Pubblica, che solo nel 1941 prenderà il nome di Istituto Superiore di Sanità, nascerà ufficialmente nel 1934, con sede unica a Roma, alle dipendenze del Ministero dell’Interno.

In quel periodo, inoltre, l’Italia era ancora un paese con alta percentuale di analfabeti, con grandissime differenze regionali e di genere, con una vita media di poco più di 50 anni, colpita ancora dalla malaria che mieteva migliaia di vittime e con una scienza medica molto lontana dai traguardi raggiunti molti decenni dopo. Anche le misure per contenere nel 1918 la pandemia, suonano oggi familiari: disinfezione e chiusura di spazi pubblici, teatri, scuole e confini e, negli Stati Uniti, le multe per chi non indossava una mascherina ammontavano a 100 dollari. Come oggi, si capì allora subito che gli assembramenti erano fonte di contagio; pertanto, “venne introdotto il confinamento e si fecero progressi nell’applicazione di misure preventive, che avevano già dimostrato storicamente la loro efficacia, imponendo alcuni cordoni sanitari, approfondendo il monitoraggio delle misure igieniche e promuovendo la quarantena, per coloro che erano sospettati di essere contaminati”. Si sperava, allora, che le temperature estive rallentassero la trasmissione; è arrivata, però, una seconda ondata, più letale della prima e ci furono altre ondate durante l’inverno successivo. In alcuni luoghi specifici, come alcune zone della Spagna, ci fu una terza ondata addirittura all’inizio degli anni Venti.

In parole povere: nel 1918 è successo quello che ora, nel 2021, con le dovute differenze, succede: il sistema sanitario era allora inesistente; oggi c’è ma esso è molto carente a causa dello spreco del denaro pubblico e della corruzione e, pertanto non è sufficiente ad accogliere, curare, e restituire sani alla società coloro che sono colpiti da un virus come quello del Covid-19. Non dobbiamo dimenticare che il nostro è un Paese costantemente nelle posizioni di retroguardia in tutte le classifiche che cercano di misurare i livelli di corruzione nei sistemi politici, economici e sanitari, dove l’etica del dirigere e del governare non ha in realtà a che fare con il dare e prendere tangenti. Esempio è una regione che, per mera propaganda politica era ritenuta di eccellente qualità sanitaria ma che adesso si è rivelata persino incapace di realizzare in modo decente la campagna di vaccinazione.

Finalmente, nel 1920, la pandemia, iniziata nel 1918, è finita, almeno ufficialmente!

Da osservare, però che ” la fine della pandemia è dipesa e ancor oggi dipende in ogni Paese dall’informazione e dalla formazione dei suoi specialisti e dagli interessi della sua classe politica”. Ciò, nel 1920, è avvenuto quando la società sviluppò un’immunità collettiva, anche se il virus non è mai scomparso del tutto. Tracce dello stesso virus, infatti, sono state trovate in altri focolai. L’influenza spagnola ha continuato ad apparire, perciò, mutando e acquisendo materiale genetico da altri virus. Ad esempio, il virus della pandemia influenzale del 2009-2010 (causata dal sottotipo H1N1) aveva elementi genetici di virus precedenti.

Diciamolo ancora più chiaramente: “la pandemia è finita allora e finirà oggi, quando non ci sarà una trasmissione incontrollata della comunità e i casi saranno ad un livello molto basso, quando i casi, cioè, saranno facilmente identificabili e rintracciabili”

Il dottor Jeremy Greene, storico della medicina dell’Università John Hopkins al New York Times, dice: “Anche se la comunità scientifica internazionale non annuncerà ufficialmente la fine della pandemia, le persone saranno talmente stanche e bisognose di riprendere la propria quotidianità, che ciò porterà automaticamente a non provare più né rischio né paura, vivendo come se la pandemia sia terminata (nonostante il virus continui a circolare)”.

“La memoria delle persone è breve” – dice Jaume Claret Miranda – “tuttavia, ha lasciato una certa eredità a livello scientifico e tra gli specialisti, confermando e ampliando la conoscenza di come tali epidemie dovrebbero essere trattate e il trattamento oggi è quello del vaccino che la scienza oggi ci ha donato”.

Nessuno avrebbe pensato a questo dodici mesi fa.

Stiamo attraversando un mare difficile ma la storia ci ha insegnato come attraversarlo. Tutti assieme dobbiamo nuotare, a grandi bracciate.

Oggi, quindi, abbiamo delle scialuppe che ci aiuteranno certamente ad affrontare le onde ancora non del tutto conosciute di un virus che attenta alla nostra vita.

Possiamo, quindi, dire: Sì o No al vaccino, sapendo, però, che la nostra risposta è subordinata al desiderio che abbiamo tutti di salvaguardare la nostra e l’altrui salute e di limitare, per quanto possibile, i danni che il virus arreca a noi, alla nostra economia, al nostro vivere sociale, ai nostri figli e nipoti, ai quali dobbiamo restituire il futuro fino a oggi molto incerto.