Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Bisogna affidarsi al Provvidenza e allo “Spirito, che soffia dove vuole”

di ANDREA FILLORAMO

Rispondo alla e-mail ricevuta oggi (28-12-2021) alle ore 17,04

“Grazie di aver scritto sulla nostra Parrocchia di……………. in cui c’è un parroco, che a nostro modo di vedere, non merita i titoli che ha, che è proprio come lei l’ha descritto nella sua narrazione, schiavo cioè in tutto della sorella che appunto chiamiamo la “Monsignora”. A lui resta solo il compito di celebrare la messa con continue interruzioni degne delle commedie napoletane e di fare delle omelie veramente penose. La chiesa intanto la domenica, non solo per il covid, si spopola sempre più. Il vescovo sa di questa situazione e non fa proprio nulla.  Forse anche per i parroci ci dovrebbe essere il licenziamento, perché il vescovo non lo licenzia?”.

Lettera firmata

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Rispondo iniziando dalla “coda” della e-mail: “perché il vescovo non lo licenzia?”.

Nella società civile qualunque tipo di lavoro e qualunque incarico è regolato da un contratto a tempo determinato o a tempo indeterminato, che vincola datore e dipendente. Quest’ultimo può decidere di lasciare il posto lavorativo, ma anche l’azienda ha la facoltà di licenziare, rispettando però dei limiti di legge. Nel nostro Paese il licenziamento è lecito, come tutti sappiamo, se fondato su valide ragioni, mai individuali. Due sono i grandi filoni che contengono le motivazioni: il licenziamento disciplinare e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Tutto questo, però, non è applicabile alla Chiesa che è tutt’altra cosa di un’azienda, essa è una comunità, come l’ha voluta Gesù Cristo, che si realizza anche nella parrocchia, affidata ad un parroco: inapplicabile, quindi, per lui è il temine “licenziamento” valido per la società civile.

Certo che la Chiesa, in quanto istituzione,  ha un Codice di  Diritto Canonico che, fra l’altro,  detta alcune regole per l’assunzione di responsabilità nell’affidamento degli incarichi ai presbiteri, per cui ogni vescovo, oltretutto, esercita un potere quai assoluto nei confronti dei presbiteri, partendo da un principio:  come il singolo uomo tende verso il suo bene e cerca di indirizzare la sua attività per raggiungerlo, così ogni diocesi ha bisogno di qualcuno (il vescovo) che la conduca verso la sua perfezione servendosi di collaboratori che sono i sacerdoti.  

Svolgere la funzione di sopperire alle concrete necessità che si presentano nella vita ecclesiale, distribuire le cariche, affidare i servizi, gli incarichi, decidere la statuizione delle regole di condotta appartengono, perciò. esclusivamente al suo ruolo in quanto guida e pastore di una diocesi.

Diciamolo chiaramente, senza entrare nello specifico di quella Parrocchia e di quel parroco: la soluzione del problema della sua permanenza in quella parrocchia, se c’è e se è vero quanto si racconta, non compete a me o ad altri ma solo al vescovo.

Può egli, perciò, in qualunque momento promuovere, dimettere, trasferire da una parrocchia all’altra, da un ministero all’altro qualunque sacerdote incardinato nella sua diocesi, rispondendo ad alcune norme che sono non solo canoniche ma particolarmente etiche, quindi regolatrici della sua personale coscienza, di cui risponde direttamente a Dio e se lo chiede direttamente al Papa.

Egli sa di avere il compito di provvedere alla cura del popolo di Dio affidatogli, attraverso sacerdoti che dovrebbero avere precisi carismi che non sono sempre rintracciabili e individuabili. Per tali motivi, per lui, è molto facile anche affidare incarichi a persone non degne o incapaci o addirittura a preti narcisisti che sanno come fare per apparire ai suoi occhi quelli che non sono, poiché anche nella chiesa avviene quello che Umberto Galimberti scrive quando afferma: “Nella nostra cultura c’è poco orgoglio e molta superbia, poca dignità e molta apparenza, dove per apparire si è disposti perfino a svendersi e a servire”. Dovrà, quindi, egli andare in ogni caso problematico che senz’altro c’è in ogni diocesi, con i piedi di piombo. Ricordiamo che il vescovo è come un generale obbligato a combattere con i soldati che ha e non può inventarseli, ed oggi, in realtà, oltretutto sono pochi i preti e diminuiscono di numero sempre più. Non resta altro da fare, perciò. se non affidarsi al Provvidenza e allo “Spirito, che soffia dove vuole”.